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Il nodo elettorale che infiamma: nuova legge e premierato in bilico

- di: Marta Giannoni
 
Il nodo elettorale che infiamma: nuova legge e premierato in bilico

Il governo accelera sulla riforma del Rosatellum e sul sistema di governo. Ma opposizioni e vincoli internazionali mettono il freno.

(Foto: la premier e leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni).

Il dibattito sulla legge elettorale torna centrale a Roma, con la prospettiva — avanzata dal governo — di rinnovare il sistema vigente e introdurre il “premierato”. Un’ipotesi che alimenta tensioni sia tra i partiti d’opposizione che all’interno della stessa maggioranza. E che arriva in un momento critico, con un ricorso europeo in corso contro il Rosatellum, la legge attuale che regola Camera e Senato.

Una sfida diretta alla premier: lo scontro si accende ad Atreju

La segretaria del centrosinistra, invitata a partecipare all’evento tradizionale di destra Atreju, ha posto una condizione drastica: un faccia a faccia con la premier in carica. La richiesta — rilanciata dal suo partito — ha provocato immediata reazione. Il partito di governo ha ribadito che “ogni decisione sarà presa secondo le regole interne”, denunciando tentativi di strumentalizzazione del confronto. Tra le opposizioni, la mossa è letta come provocazione: un'ulteriore occasione per contestare il disegno sulla riforma elettorale e sul rafforzamento del potere esecutivo.

Il piano: premio di maggioranza e premierato in Costituzione

Secondo quanto prospettato dal sottosegretario preposto all’attuazione del programma di governo, il progetto in cantiere riprende logiche simili a quelle usate per sindaci e Regioni: un sistema proporzionale corretto da un premio di maggioranza e, soprattutto, un’indicazione diretta del presidente del Consiglio da parte degli elettori o delle liste. L’obiettivo dichiarato è garantire una «maggiore stabilità di governo». Ma la proposta incontra resistenze anche dentro la coalizione: alcune forze politiche — storicamente legate al maggioritario — potrebbero rifiutare l’abbandono dei collegi uninominali. Altri esponenti si oppongono all’idea di avere già sulla scheda il nome del candidato premier.

Il ricorso contro il Rosatellum: la CEDU muove i primi passi

Il nodo legale non è secondario. Il ricorso presentato da un ex leader radicale e da cittadini alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) — relativo all’instabilità del sistema elettorale e alla presunta lesione del diritto a un voto libero — è stato dichiarato ammissibile. La corte ha chiesto alla Commissione di Venezia (organismo del Consiglio d’Europa) di esprimersi. Con un parere adottato a dicembre 2024, la Commissione ha sottolineato che modifiche a poche settimane dal voto minano la certezza del diritto, consigliando che le regole fondamentali non vengano toccate nell’anno precedente le elezioni. Al contempo, la Commissione non ha escluso che il modello misto del Rosatellum — in cui a un voto maggioritario segue automaticamente una lista proporzionale — possa rispettare gli standard internazionali, purché garantita la parità di voto.

Un possibile stop: modifiche vietate entro un anno dal voto

Per la Commissione di Venezia, la stabilità della legge elettorale è un elemento essenziale per la fiducia democratica. Qualsiasi cambiamento significativo dovrebbe essere discusso con ampio anticipo, non a ridosso di una chiamata al voto. Alcuni esperti ritengono che — se il calendario elettorale si avvicina — una riforma radicale come il premierato potrebbe risultare illegittima. L’orientamento europeo rischia quindi di rappresentare un freno importante a una riforma frettolosa.

Le reazioni dell’opposizione e i possibili scenari politici

Le forze di opposizione — già critiche con il piano del governo — rilanciano: “Gli effetti delle regionali arrivano in Parlamento”, affermano, segnalando come la proposta surrettizia di premierato sia un tentativo di concentrare potere in capo all’esecutivo. Il rischio paventato è una deriva plebiscitaria, con un Parlamento sempre più debole. Per contro, la maggioranza insiste sulla necessità di evitare ingovernabilità, soprattutto al Senato, dove con l’attuale legge elettorale la distribuzione dei seggi potrebbe portare a situazioni di impasse o a governi tecnici. In questo scenario, la riforma non sarebbe una concessione ideologica ma una necessità pratica, secondo i fautori del cambiamento.

Un equilibrio fragile: tra governabilità e garanzie democratiche

Il paese si trova all’alba di un bivio istituzionale: da un lato, la promessa di governi stabili e decisi; dall’altro, il rischio di erodere la rappresentatività parlamentare e indebolire il pluralismo politico. In gioco non c’è solo la legge elettorale, ma l’equilibrio della democrazia italiana tra efficacia governativa e tutela dei diritti di voto. 

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