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Trump minaccia New York, l’ennesimo ricatto politico

- di: Bruno Legni
 
Trump minaccia New York, l’ennesimo ricatto politico
Trump minaccia New York: la democrazia Usa scivola nel ricatto
L’endorsement di Hochul a Mamdani scatena la furia del presidente: tagli ai fondi federali come arma politica. Il segnale inquietante di un’America sempre più autoritaria.

La scena politica americana ha preso ieri una piega che va ben oltre la cronaca di un’elezione locale. Kathy Hochul, governatrice democratica di New York, ha scelto di sostenere il candidato progressista Zohran Mamdani nella corsa a sindaco di New York City. Una decisione già di per sé sorprendente, perché rompe con la prudenza che da anni caratterizza l’establishment democratico, ma che ha avuto un effetto dirompente per la reazione immediata e violenta di Donald Trump.

Il presidente ha bollato l’endorsement come “scioccante” e ha promesso di tagliare i fondi federali alla metropoli qualora Mamdani dovesse vincere. Una minaccia che non ha nulla a che fare con il normale gioco democratico: si tratta dell’uso del potere pubblico come arma di ricatto politico, un passo che segna ancora una volta la deriva autoritaria della Casa Bianca. Trump aveva già tentato di manipolare la corsa offrendo all’attuale sindaco Eric Adams un incarico diplomatico pur di indebolire il campo progressista.

Hochul rompe con il passato

L’editoriale pubblicato da Hochul sul giornale di riferimento spiega la svolta: la governatrice, moderata, filoisraeliana e dichiaratamente “capitalista”, ha riconosciuto in Mamdani un leader capace di dare risposte alla crisi del costo della vita. “Ho ascoltato un impegno reale a rendere New York accessibile a tutti”, ha scritto Hochul. Un’affermazione che lascia intendere quanto la pressione dei movimenti sociali e dei giovani stia spostando l’asse politico dello Stato.

Mamdani, 33 anni, figlio di immigrati ugandesi di origine indiana, propone trasporto pubblico gratuito, lotta agli sfratti, interventi pubblici sull’alimentazione di base. Misure considerate da molti irrealistiche, ma che intercettano la rabbia di una città segnata dalle diseguaglianze e dagli affitti insostenibili.

L’America di Trump: minaccia e ritorsione

La reazione del presidente non è un episodio isolato. Si inserisce in una strategia consolidata: l’uso del bilancio federale come clava per piegare governi locali e avversari politici. In passato, la minaccia di ritorsioni economiche è stata agitata contro università considerate “troppo liberali” e contro amministrazioni locali non allineate sulle politiche ambientali. Oggi nel mirino c’è New York, città simbolo della diversità e del pluralismo americano.

Nel racconto della destra, la delegittimazione passa per etichette infamanti: Mamdani viene dipinto come “comunista” e “antisemita”. È la costruzione del nemico interno, funzionale a giustificare misure di esclusione e ritorsione. In questo schema, l’avversario politico diventa un bersaglio da neutralizzare con leve di governo, non un soggetto con cui confrontarsi nelle regole della democrazia.

La deriva del sistema

Il dato politico più preoccupante è la normalizzazione della minaccia. Tagliare i fondi federali a una città non è una divergenza di opinione, è un atto di violenza istituzionale. Significa trasformare il governo federale in un arbitro vendicativo, che usa le risorse di tutti come strumento di punizione.

La “nuova normalità” è un sistema in cui il potere esecutivo usa minacce e ritorsioni per condizionare le scelte politiche, restringendo lo spazio del dissenso. È il contrario dello stato di diritto, che pretende regole chiare, garanzie e separazione dei poteri.

Cosa resta in gioco

New York non è solo un’elezione municipale: è un laboratorio della democrazia americana. Se un presidente può minacciare apertamente la città più grande del Paese, cosa impedirà che domani lo stesso ricatto venga usato contro chiunque osi dissociarsi dalla linea della Casa Bianca?

Il silenzio di leader nazionali ancora esitanti nel dichiarare un sostegno chiaro a Mamdani mostra quanto sia difficile oggi, anche per figure di primo piano, opporsi frontalmente a una logica intimidatoria che domina la scena politica.

Non soltanto un episodio della politica newyorkese.

L’endorsement di Hochul a Mamdani non è soltanto un episodio della politica newyorkese. È la cartina di tornasole di un’America che si allontana dalle regole non scritte della democrazia liberale, sempre più intrappolata in una dinamica di minacce, punizioni e obbedienza forzata. La domanda è semplice e ineludibile: gli Stati Uniti possono ancora dirsi una democrazia compiuta se il presidente usa i fondi federali come manganello politico?

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