Cifre da romanzo per Giorgia e il generale, flop per Schlein, Salvini, Calenda e Giuli. Il libro diventa strumento di battaglia identitaria o si perde nel vuoto. Perché i numeri in libreria raccontano meglio dei sondaggi chi guida la scena.
Quando il politico si fa bestseller
Se si volesse misurare il consenso politico non con i sondaggi ma con le classifiche di vendita in libreria, il panorama italiano restituirebbe una fotografia spiazzante. I volumi di Giorgia Meloni e Roberto Vannacci volano oltre le 300.000 e 280.000 copie rispettivamente. Tutti gli altri – da Matteo Salvini a Elly Schlein, passando per Alessandro Giuli – arrancano, quando non affondano del tutto.
Nel mondo della politica stampata, infatti, non conta tanto la carica istituzionale o l’esposizione mediatica, quanto la capacità di incarnare un’identità, raccontare uno scontro, polarizzare. In altre parole: vendere una narrazione.
Meloni, la “fantastica leader” secondo Trump
“I Am Giorgia”, versione americana dell'autobiografia della presidente del Consiglio, è sbarcato a giugno 2025 negli Stati Uniti con una prefazione di Donald Trump Jr. e un endorsement in copertina firmato direttamente dal tycoon: “A fantastic leader”. Pubblicato da Skyhorse, casa editrice newyorkese specializzata in titoli controcorrente, il volume ha rinnovato il successo già ottenuto in Italia.
Le vendite globali, tra edizioni estere e digitali, superano oggi le 300.000 copie. È un caso più unico che raro: nessun altro leader politico italiano del dopoguerra è riuscito a conquistare un simile spazio sugli scaffali internazionali.
Eppure, la chiave è nel tempismo. Il libro uscì quando Fratelli d’Italia era ancora all’opposizione, con l’intento – riuscito – di consolidare un’identità politica forte e popolare. Il successo ha fatto da trampolino alla scalata del 2022. Ma oggi il volume continua a vendere, a dimostrazione che la narrazione personale, se ben costruita, ha una vita propria.
Vannacci, dalla stampa fai-da-te alle urne
Caso opposto, ma altrettanto clamoroso, è quello di Roberto Vannacci. Il generale ha prima autopubblicato Il mondo al contrario su Amazon e solo in seguito ha firmato un contratto con l’editore Il Cerchio. Ma il boom era già compiuto: oltre 280.000 copie vendute in pochi mesi, grazie a una strategia totalmente svincolata dai circuiti editoriali tradizionali.
Nel frattempo, Vannacci è diventato un simbolo per l’elettorato di destra radicale, raccogliendo 500.000 preferenze personali alle europee del 2024 con la Lega. Qui, è stato il libro a costruire il personaggio politico, e non il contrario.
Il seguito, Il coraggio vince, non ha retto il confronto: circa 40.000 copie vendute. Ma ormai il personaggio era esploso e il brand personale consolidato. Vannacci ha incassato oltre un milione di euro solo con le royalties dell’edizione autoprodotta.
Renzi, il narratore instancabile che resiste in nicchia
Matteo Renzi è l’autore più prolifico della politica italiana recente: oltre dieci libri pubblicati in dieci anni. Nessun titolo ha sfondato le 100.000 copie, ma nessuno ha nemmeno floppato clamorosamente. Il mostro ha superato le 50.000 copie; Avanti toccò quota 40.000; Un’altra strada si è attestato intorno alle 30.000.
L’ex premier conserva un pubblico affezionato e colto, che si interessa più alle dinamiche del potere che all’identità di partito. Renzi parla di sé ma anche del mondo: scenari internazionali, provocazioni, analisi. Lo zoccolo duro c’è e non molla. Anche se Italia Viva non decolla, i suoi lettori restano fedeli.
I flop illustri: Schlein, Calenda e Giuli
C’è poi chi non riesce a convertire la visibilità politica in attenzione editoriale. La nostra parte, l’autobiografia di Elly Schlein, ha venduto meno di 10.000 copie. Ancora peggio è andata a L’imprevista: sotto le 5.000 copie nei primi due mesi.
Un paragone impietoso arriva da L’influencer di Renzi: oltre 15.000 copie vendute. Il motivo? In copertina campeggia lui con Meloni, e il libro è interamente incentrato sulla sua rivale politica. Anche il contenuto conta, ma l’immagine e la narrazione battono ogni altra leva.
Carlo Calenda, con La libertà che non libera, si è fermato a circa 13.000 copie, nonostante l’ottimo risultato elettorale del 2022. Un segnale: non basta fare politica per farsi leggere.
Ancora più drammatico il caso del ministro della Cultura Alessandro Giuli: il suo Antico presente, pur con la spinta delle istituzioni, ha venduto poche centinaia di copie nei primi tre mesi. Un segno che senza una narrazione forte, la copertina non basta.
Quando un libro vale più di una campagna elettorale
C'è una lezione che emerge con chiarezza da questi numeri: oggi il libro politico non è più semplice testimonianza o autocelebrazione. È strumento di propaganda, costruzione dell’immagine, catalizzatore di consenso. Un libro può anticipare una scalata al potere, cementare un’identità, perfino generare reddito.
Skyhorse, l’editore americano di Meloni, lo sa bene. Fondata nel 2006, la casa editrice ha costruito il suo catalogo su autori “cancellati” o controversi. Titoli fuori dal mainstream che puntano su lettori fedeli e indignati.
Anche Vannacci ha seguito questa via: l’edizione inglese di Il mondo al contrario, venduta su Amazon, ricalca la strategia del self-publishing e punta all’elettorato populista internazionale.
Chi racconta una storia, vince
In ultima analisi, le classifiche editoriali ci dicono qualcosa che le urne a volte non riescono a fotografare: chi riesce a raccontare una storia, chi polarizza, chi è percepito come protagonista del tempo che vive, trova lettori. E spesso anche elettori.
Non è solo una questione di carta stampata. È politica culturale, nel senso più profondo. Meloni ha capito come fare. Vannacci l’ha intuito d’istinto. Renzi resiste grazie alla macchina narrativa. Gli altri, per ora, restano a guardare.
E il prossimo libro? Sarà di chi saprà convincere il pubblico che la sua storia vale più di una diretta su TikTok.