La nostra biblioteca - Quando Lombroso ''assolse'' il brigante Musolino, ha scarsi tratti criminali perché intelligente

- di: Diego Minuti
 
Quando si parla di brigantaggio, spesso ci si lascia condizionare dal sentito dire, dal ricordare pezzi di articoli o brani di servizi televisivi sull'argomento, dando giudizi che non sempre hanno una base, se non quella emozionale, se non quella il cui il fenomeno viene analizzato per come si manifestò e non invece, anche, per le sue motivazioni.
Ma queste sono considerazioni che si devono lasciare agli esperti di formazione del giudizio.

La nostra biblioteca - Quando Lombroso ''assolse'' il brigante Musolino, ha scarsi tratti criminali perché intelligente

Ai quali, comunque, potrebbe essere molto utile avere sottomano un libro, pubblicato da una giovanissima casa editrice di Catanzaro, la Local Genius, e curato dal suo direttore e fondatore Massimo Tigani Sava.
Si tratta di ''Lombroso in Calabria e il brigante Musolino'', che consente di leggere le considerazioni che lo studioso (considerato il fondatore della criminologia, nell'accezione attuale) fece su Peppe Musolino, il Re dell'Aspromonte, che, dopo l'Unità d'Italia, si rese protagonista di una ribellione armata che, per i ''piemontesi'' era brigantaggio, mentre per la gente di Calabria era la rivolta contro i nuovi padroni che avevano preso il posto dei vecchi.

Lombroso, guardando ai tratti somatici del bandito, trasse il convincimento che il brigante mostrava ''scarsezza di caratteri criminali''. Cosa che lo studioso spiegava riconoscendo a Musolino una ''maggiore intelligenza'', rispetto al profilo fisiognomico che Lombroso applicava ai criminali.
Quindi Lombroso definiva Musolino non un ''puro criminale-nato'', bensì un ''criminaloide''.
Una distinzione che lo studioso poggiava su una evidenza: il bandito ''non sempre faceva il male per il male, ma solo a scopo di vendetta''.
''Lombroso in Calabria e il Brigante Musolino'' (Local Genius - pag.296 - 19,00 euro) è una rivelazione, piccola o grande spetta agli esperti dirlo, perché regala la lettura del diario della permanenza in Calabria, era il 1862, di Cesare Lombroso, allora giovane medico militare. In Calabria Lombroso rimase tre mesi, che, per quello che vide ed ebbe la possibilità di studiare, gli diedero la spinta per redigere un diario, denso di descrizioni, informazioni, riflessioni di natura etnografica, antropologica, demografica, economico-sociale.

Un diario (nella sua edizione del 1898), che è anche una testimonianza, riproposto integralmente dal libro di Tigani Sava, secondo il quale il libro sfata alcuni luoghi comuni su Lombroso, a cominciare dall'antimeridionalismo che gli viene ancora attribuito. A quel tempo, nemmeno trentenne, Lombroso viveva le passioni di molti giovani del suo tempo: era anticlericale, antiborbonico, fedele al progetto unitario, ebbe però il coraggio di muovere forti critiche al nuovo governo con uno spirito riformatore più vicino agli approcci del nascente meridionalismo. Dal suo diario si coglie nettamente che Lombroso non aveva tesi preconcette contro i meridionali, né se ne creò dopo il suo viaggio in Calabria. Forse la sua permanenza in una regione che era anche terra di briganti, fenomeno comunque molto marginale, servì a Lombroso per gettare le base della sua futura dottrina. Un Lombroso che Tigani Sava descrive ''scienziato e intellettuale maturo, positivista, fiducioso fino all’estremo sulla capacità della scienza di spiegare ogni aspetto della vita umana, studioso di antropologia criminale, convinto che la fisiognomica potesse spiegare la diversità tra persone sane e delinquenti, tra soggetti normali e geni, fautore del cosiddetto darwinismo sociale''.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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