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Riforma della Giustizia, Grosso a capo del comitato del "No"

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Riforma della Giustizia, Grosso a capo del comitato del 'No'

Sarà Enrico Grosso, avvocato e professore ordinario di diritto costituzionale all’Università di Torino, il presidente onorario del Comitato a difesa della Costituzione e per il No al referendum sulla riforma della Giustizia, promosso dall’Associazione nazionale magistrati. La decisione, ufficializzata nel corso di un incontro a Roma, segna l’avvio concreto della campagna dei contrari a una riforma che il governo considera un passo decisivo verso la modernizzazione del sistema giudiziario, ma che una parte significativa della magistratura e del mondo accademico ritiene rischiosa per l’equilibrio dei poteri e per l’indipendenza della giurisdizione.

Riforma della Giustizia, Grosso a capo del comitato del "No"

Grosso, 62 anni, è un volto noto nel panorama giuridico italiano: docente da decenni e autore di numerosi saggi in materia di diritto costituzionale, è stato spesso chiamato come consulente in Commissioni parlamentari. Nel suo intervento di accettazione, ha parlato di una “battaglia di principio per difendere la Costituzione da una riforma che rischia di alterare la separazione dei poteri e di indebolire le garanzie di indipendenza della magistratura”.

Il ruolo dell’Associazione nazionale magistrati
Il Comitato del No nasce su impulso dell’ANM, che ha lanciato un appello per una “mobilitazione civile e informata”, sottolineando come il referendum, previsto per il prossimo anno, rappresenti “un passaggio cruciale per l’assetto costituzionale della Repubblica”. L’obiettivo del fronte del No è spiegare ai cittadini, attraverso incontri e materiali divulgativi, gli effetti della riforma sulla composizione del Consiglio Superiore della Magistratura, sui criteri di carriera e sul rapporto tra potere politico e giudiziario.

Secondo gli organizzatori, “non si tratta di difendere privilegi, ma di tutelare l’autonomia di un potere dello Stato da possibili condizionamenti politici”. La presenza di un accademico come Grosso è considerata una garanzia di equilibrio e competenza giuridica in un dibattito che rischia, come spesso accade, di scivolare su toni polemici e semplificazioni mediatiche.

La replica del governo e le parole di Salvini
Sul fronte politico, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha commentato duramente la nascita del Comitato. “Chi si sta lamentando è una minoranza di giudici, per fortuna l’estrema minoranza: i giudici politicizzati, che fanno politica e non lo nascondono”, ha dichiarato a margine di un incontro pubblico. Salvini ha ribadito che la riforma “non tocca l’indipendenza della magistratura, ma serve a restituire efficienza, trasparenza e responsabilità a un sistema che oggi è percepito come lento e autoreferenziale”.

Le parole del leader leghista hanno immediatamente suscitato reazioni nell’ambiente giudiziario. Diversi magistrati, senza intervenire direttamente nel dibattito politico, hanno ricordato come “l’indipendenza della giustizia non possa essere ridotta a una questione di minoranze o maggioranze”, mentre l’ANM ha diffuso una nota in cui definisce “inaccettabili” le etichette di politicizzazione rivolte ai magistrati che esprimono dissenso.

Il referendum e le possibili conseguenze politiche

La riforma della Giustizia – che il governo ha legato a un ampio progetto di revisione costituzionale comprendente anche l’elezione diretta del premier – è considerata un banco di prova non solo per i rapporti tra poteri, ma anche per la tenuta dell’esecutivo. Se la maggioranza riuscisse a far passare la consultazione referendaria con un ampio consenso, si aprirebbe una nuova fase politica con un rafforzamento dell’asse tra Palazzo Chigi e il Ministero della Giustizia. Al contrario, una bocciatura popolare rappresenterebbe un duro colpo per la credibilità del governo sul terreno delle riforme istituzionali.

Una battaglia simbolica per la Costituzione

Grosso, nel suo primo messaggio da presidente onorario, ha parlato di “una battaglia di cultura costituzionale, non di appartenenza politica”. Ha aggiunto che “la Costituzione non è un ostacolo all’efficienza, ma il presidio che impedisce che il potere giudiziario diventi dipendente da logiche di consenso”. Parole che sembrano voler collocare il Comitato del No su un piano tecnico e civile, più che politico, pur consapevole che il dibattito assumerà inevitabilmente toni da campagna elettorale.

Un confronto che si annuncia acceso
Mentre il fronte del Sì lavora a una campagna incentrata sulla necessità di snellire i procedimenti e rendere i magistrati “più responsabili”, i contrari promettono un tour di incontri pubblici e conferenze in tutta Italia. Le prime tappe sono previste a Torino, Firenze e Bari, città simbolo di scuole giuridiche storiche. L’obiettivo dichiarato: “Convincere i cittadini che l’efficienza non si ottiene sacrificando l’equilibrio tra i poteri”.

La partita è appena iniziata, ma i toni lasciano intendere che il referendum sulla Giustizia sarà uno degli appuntamenti più divisivi dei prossimi mesi, con ricadute che potrebbero andare ben oltre le aule dei tribunali.

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