Saldi invernali ai nastri di partenza. Confcommercio: giro di affari di 4,7 miliardi di euro. Federconsumatori: stagione “magra”

- di: Barbara Leone
 
Con l’arrivo del nuovo anno torna il “rito” dei saldi invernali, avviati oggi da Sicilia e Basilicata. Domani è la volta della Valle d’Aosta, mentre giovedì partiranno in tutte le altre regioni. Secondo le stime dell’Ufficio Studi Confcommercio saranno 15,4 milioni le famiglie che si dedicheranno allo shopping scontato e ogni persona spenderà circa 133 euro, per un giro di affari di 4,7 miliardi di euro.

Saldi invernali ai nastri di partenza

“Saranno saldi molto apprezzati dai consumatori per l’ampia scelta di prodotti di moda, tendenza e qualità - sottolinea il presidente nazionale di Federazione Moda Italia-Confcommercio, Giulio Felloni -.  E saranno veramente tanti ed ottimi gli affari che si potranno fare negli esercizi commerciali e nelle boutique delle nostre città. Maglieria, pantaloni, giacconi, scarpe, accessori saranno ora più che mai oggetto dei desideri per via dei prezzi che non hanno subito aumenti come invece in altri settori che hanno risentito dell’inflazione. Con queste premesse, stimiamo una crescita dei saldi di oltre il 10%, che sarà più utile alla liquidità piuttosto che ai guadagni, che confidiamo possano arrivare dalla rinnovata fiducia che i consumatori ripongono con sempre maggiore frequenza nei nostri negozi orientati verso future strategie legate alla sostenibilità e all’innovazione”.

Decisamente diversa la previsione targata O.N.F. (Osservatorio Nazionale Federconsumatori), che per i saldi invernali 2023 stima invece una stagione “magra”, con appena il 24% delle famiglie che approfitterà delle vendite promozionali. Dal confronto con lo scorso anno, dice l’O.N.F., emerge una diminuzione del -13% dei nuclei familiari che si apprestano ad approfittare delle vendite promozionali. La spesa media a famiglia sarà di 178,60 euro (il 3% in meno rispetto a gennaio 2022). Esiste, però, un forte divario: vi sono infatti famiglie che spenderanno cifre ben superiori a questa media, altre che non effettueranno alcun acquisto. A incidere sulla scarsa corsa agli acquisti non solo contribuiscono la crisi ed i rincari (l’Osservatorio Federconsumatori prevede nel 2023 una stangata di +2384,42 euro), ma anche il prolungato periodo di sconti avvenuti in occasione del Black Friday.   Tra coloro che acquisteranno a saldo non manca chi ha “rimandato” qualche regalo di Natale al periodo di vendita promozionale, per acquistarlo a prezzi più vantaggiosi.

Per il corretto acquisto degli articoli in saldo, Federazione Moda Italia e Confcommercio ricordano alcuni principi di base. A cominciare dai cambi: la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo). In questo caso scatta l'obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto. Per quanto riguarda invece la prova dei capi non c'è obbligo: è rimesso alla discrezionalità del negoziante. Le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante e vanno favoriti i pagamenti cashless. Ed ancora: i capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo. Infine l’indicazione del prezzo: a tal proposito, ricorda Confcommercio, il negoziante ha l’obbligo di  indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e il prezzo finale. Confcommercio segnala, inoltre, le varie iniziative promosse sull’intero territorio nazionale da Federazione Moda Italia come “Saldi Chiari e Sicuri”, “Saldi Trasparenti”, “Saldi Tranquilli”.

Raccomandazioni e regole arrivano anche dall’O.N.F., che sottolinea come il rischio di incorrere in un inganno sia purtroppo è sempre dietro l’angolo. Per quanto riguarda i prezzi, l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, ricorda che l’art. 15 del D.Lgs. n. 114/98 dispone che il cartellino debba indicare sia il prezzo “pieno” che quello ridotto nonché la percentuale di sconto. Per evitare che i potenziali clienti possano confondere la merce in saldo con gli altri articoli in vendita sarebbe inoltre utile separare negli espositori le due categorie di prodotto. Lo sconto riportato sul cartellino è quello che l’esercente è tenuto ad applicare e perciò, se alla cassa venisse chiesto il pagamento di una cifra differente, è opportuno farlo subito presente al negoziante. Qualora si presentino difficoltà non esitare a rivolgersi alla Polizia Municipale. La normativa vigente obbliga gli esercizi commerciali a garantire ai clienti il pagamento tramite Pos, quindi con carta di credito o bancomat. Nel caso in cui l’esercente non consenta tale opzione di pagamento, è possibile segnalare l’episodio alla Guardia di Finanza. In linea di massima è preferibile evitare di acquistare nei punti vendita che non espongano entrambi i prezzi (quello pieno e quello scontato) e la percentuale di sconto, nonché diffidare delle offerte eccessivamente vantaggiose (pari o superiori al 60%), dietro a cui potrebbe nascondersi un tentativo di truffa o un prodotto contraffatto. Per quanto riguarda prove e cambi, anche l’O.N.F. ricorda che i punti vendita non sono tenuti per legge a permettere la prova dei capi di abbigliamento prima dell’acquisto così come, in assenza di vizi o difetti, il cambio del prodotto è rimesso alla discrezionalità del commerciante. Nel caso in cui il negoziante lo consenta, è sempre meglio provare l’articolo e, prima del pagamento, chiedere all’esercente termini e condizioni per l’eventuale possibilità di sostituzione.  In generale consigliamo di diffidare di quegli esercizi che non consentono di provare i capi: potrebbe essere indice di poca trasparenza. È poi buona norma evitare di acquistare prodotti la cui etichetta non indichi, oltre alla composizione, anche le modalità di manutenzione: si eviteranno così spiacevoli incidenti nelle operazioni di lavaggio. Argomento garanzie: se da una parte il negoziante non è tenuto per legge a sostituire un prodotto integro, la situazione, ricorda l’O.N.F., cambia radicalmente in caso di prodotto difettoso. Il D.Lgs. n. 24/2002 stabilisce un periodo di garanzia di due anni per i prodotti nuovi e di un anno per i beni usati, anche nel caso di merce acquistata a saldo: è quindi bene conservare lo scontrino (e possibilmente fotocopiarlo, considerando che le ricevute in carta chimica tendono a sbiadire dopo pochi mesi) per chiedere al negoziante la sostituzione del prodotto difettoso e che comunque presenti un vizio di conformità che ne pregiudichi l’utilizzo, emerso entro i 24 mesi dall’acquisto. In alternativa alla sostituzione è possibile usufruire della riparazione o richiedere una riduzione proporzionale del prezzo o ancora scegliere la risoluzione del contratto. Va precisato che l’opzione scelta non deve risultare eccessivamente onerosa o oggettivamente impossibile per il venditore. Il bene deve essere conforme al contratto di vendita o comunque alle descrizioni rilasciate: nel caso in cui questo non avvenga, il cliente può chiedere il rimborso del prezzo pagato. Segnaliamo che anche la pubblicità deve rispondere a tale criterio. Qualora il venditore rifiuti di ottemperare ai propri doveri o venga richiesto il pagamento delle riparazioni adducendo la mancata copertura del difetto nel quadro della garanzia, ma tali dichiarazioni non risultino opportunamente dimostrabili, il consumatore potrà rivolgersi al Giudice di pace del Tribunale più vicino oppure chiedere assistenza ad uno sportello Federconsumatori. Al fine di evitare equivoci, è opportuno tenere presente che gli impegni assunti dal produttore, cioè le garanzie convenzionali, sono vincolanti per il produttore stesso, ma non sostituiscono la garanzia legale; quindi, riparazioni e sostituzioni devono essere richiesti direttamente al negoziante: sarà poi quest’ultimo, in presenza di garanzia convenzionale, ad indirizzare eventualmente il cliente al servizio assistenza del produttore. Ultimo, ma non da ultimo, il fronte acquisti online. A differenza di quanto accade per gli acquisti effettuati direttamente nei negozi, sottolinea l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, nel caso dello shopping online non è sempre possibile consultare tutte le informazioni relative al prodotto. È  pertanto opportuno controllare con attenzione la completezza e l’esaustività della descrizione e la buona qualità delle immagini disponibili per inquadrare il prodotto nel suo complesso. Proprio tenendo in considerazione l’impossibilità di verificare fisicamente le condizioni e la qualità dei prodotti, il Codice del Consumo prevede particolari tutele per gli acquisti online e a distanza: è il caso ad esempio del diritto di recesso, qui previsto, che invece, come già precisato, non sussiste per gli articoli comprati nei locali commerciali. L’utente ha 14 giorni di tempo a partire dal momento della consegna per restituire il prodotto e richiedere il rimborso totale dell’importo pagato. Ad ogni modo è preferibile consultare sul sito scelto le indicazioni relative al diritto di recesso. Nel caso in cui l’acquisto non avvenga dal sito dell’azienda ma attraverso un’altra piattaforma, è necessario verificare l’affidabilità dell’intermediario e la provenienza della merce. Per garantire la sicurezza dei pagamenti, siano essi effettuati tramite carta di credito, carta di debito, bonifico o altri mezzi, è importante utilizzare una connessione protetta, controllare che l’indirizzo del sito web sia preceduto da Https (e non da Http) e verificare la presenza dell’immagine di un lucchetto, in basso a destra nella pagina della transazione. Da ricordare, infine, che tutti i siti sono tenuti a riportare l’informativa sulla privacy e sul trattamento dei dati personali.
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