Nel giorno in cui i mercati impazziscono per gli annunci di Trump sui dazi alla Cina e l’Europa cerca un equilibrio tra allarme economico e diplomazia, Matteo Salvini si prende la scena su un altro piano. A margine del Consiglio dei Ministri, mentre i dossier globali bruciano miliardi in Borsa e agitano le cancellerie, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture sale su Instagram e annuncia con toni trionfalistici: “Tra poche settimane partiranno i cantieri del Ponte sullo Stretto. È opera prioritaria per tutto il Paese”.
Salvini rilancia sul Ponte sullo Stretto: cantieri al via tra settimane, 120.000 posti e meno CO2
Un post breve, in stile campagna elettorale permanente, corredato da dati che sembrano parlare da soli: 120.000 posti di lavoro, 200.000 tonnellate di CO2 risparmiate, due ore di tempo guadagnate nei collegamenti tra Calabria e Sicilia. E una chiosa tutta identitaria: “Viva l’Italia dei SÌ”. Nell’Italia che rischia la stagnazione, nell’Europa che teme la recessione, Salvini si ritaglia così un protagonismo autonomo, da battitore libero di governo, giocando la carta di un’opera che unisce visione ingegneristica e battaglia politica.
Il cantiere e i suoi tempi
Ma al di là dello slancio comunicativo, cosa c’è davvero dietro l’annuncio di Salvini? I cantieri, come da programma, partiranno davvero “tra settimane”? Le fonti ministeriali parlano in realtà di una fase ancora preliminare: nelle prossime settimane si chiuderà la progettazione esecutiva e si passerà alle prime opere propedeutiche, come gli espropri, la bonifica dei siti e le attività geotecniche. Solo nella seconda metà del 2025 il progetto dovrebbe entrare nella sua fase centrale con l’avvio dei lavori strutturali. Il cronoprogramma c’è, ma la data esatta di apertura ufficiale dei cantieri rimane fluida.
Il ponte sullo Stretto, infatti, è molto più di un'infrastruttura. È una lunga saga che attraversa decenni, governi, annunci e stop. Ma oggi, nel contesto di una narrazione tutta orientata alla ripartenza post-pandemica e alla centralità del Mezzogiorno, Salvini cerca di trasformarlo in un simbolo tangibile dell’azione di governo. Con un messaggio chiaro: mentre altri litigano su fondi, misure e trattati, qui si costruisce.
I numeri, le ambiguità, le verifiche
Il nodo, come sempre, sono i numeri. Salvini promette 120.000 posti di lavoro. Ma secondo le analisi indipendenti – come quelle di Pagella Politica – si tratta in realtà di “unità lavorative annue” (ULA), ovvero occupazione calcolata sul lungo periodo e non di 120.000 persone impiegate in contemporanea. In media, il picco stimato è di circa 7.000 lavoratori nei momenti di massimo avanzamento del progetto.
Anche l’impatto ambientale, pur rilevante nel lungo periodo, va letto in prospettiva: la riduzione di CO2 prevista è riferita al minor utilizzo dei traghetti, ma resta da vedere come verranno armonizzati i flussi ferroviari e stradali nelle due sponde dello Stretto per rendere davvero efficiente la struttura. In altre parole, i benefici ambientali e logistici dipenderanno da una complessa rete di infrastrutture collegate, ancora da realizzare o da potenziare.
Salvini e la sua agenda parallela
L’intervento social di Salvini, arrivato in una giornata segnata dall’incertezza globale sui dazi USA e dalle oscillazioni nervose delle Borse mondiali, ha un valore che va oltre l’opera in sé. È una prova di forza comunicativa, un tentativo – riuscito – di imporsi nel dibattito pubblico con un’agenda propria. In un governo guidato da Giorgia Meloni con una leadership sempre più concentrata sull’equilibrismo internazionale, Salvini prova a riappropriarsi del ruolo di leader del territorio, dell’uomo delle opere, del fautore concreto dell’Italia del fare.
Non è un caso che il linguaggio utilizzato parli direttamente alla pancia del Paese: lavoro, tempi risparmiati, imprese coinvolte, meno inquinamento. Un format che punta a restituire fiducia nel futuro attraverso una narrazione visiva e semplice. Il Ponte, per Salvini, è insieme opera pubblica e metafora politica: unisce due sponde, collega periferie, mette al centro il Sud. In questo senso, è la risposta infrastrutturale al malcontento delle regioni meridionali, che la Lega, oggi più nazionale che mai, non può più permettersi di ignorare.
Una battaglia ancora lunga
Tuttavia, non mancano le voci critiche. Dall’opposizione si sottolinea l’assenza di una valutazione aggiornata dei costi-benefici, la mancanza di fondi certi per coprire l’intera opera (al momento lo stanziamento copre solo una parte) e il rischio che il Ponte catalizzi risorse sottraendole ad altri interventi urgenti, come la manutenzione delle strade esistenti e il rafforzamento del trasporto ferroviario regionale.
Il Governo, dal canto suo, ha risposto che il progetto rientra nel Piano Nazionale Integrato Infrastrutture e Mobilità e che i finanziamenti saranno garantiti anche attraverso fondi europei e privati. Ma la sfida sarà doppia: dimostrare che il Ponte è tecnicamente fattibile e, soprattutto, politicamente sostenibile in un contesto dove ogni euro pubblico è sotto osservazione.
Nel frattempo, Salvini incassa un risultato: ha rimesso il Ponte al centro della scena, si è riappropriato di un terreno simbolico, e ha rilanciato la sua immagine dentro e fuori dal governo. In una giornata dominata dalla volatilità dei mercati e dai timori globali, è riuscito a dire che c’è ancora qualcosa che si può costruire. Anche solo con un post.