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Sclerosi multipla: nuovi segnali fino a 15 anni prima della diagnosi secondo studio internazionale

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Sclerosi multipla: nuovi segnali fino a 15 anni prima della diagnosi secondo studio internazionale

Un recente studio pubblicato su JAMA Network Open indica che la sclerosi multipla potrebbe manifestarsi con sintomi aspecifici addirittura quindici anni prima della diagnosi clinica. Analizzando i dati di oltre duemila pazienti confrontati con più di diecimila soggetti della popolazione generale, i ricercatori hanno ricostruito la storia clinica fino a 25 anni prima dell’esordio formale della malattia. Già moltissimo prima dei sintomi tipici neurologici, si nota un aumento delle visite mediche per disturbi lievi come affaticamento, malesseri generali, disturbi del sonno, ansia, depressione.

Sclerosi multipla: nuovi segnali fino a 15 anni prima della diagnosi secondo studio internazionale

Secondo lo studio, tra i segnali iniziali ci sono disturbi psichiatrici e stati di malessere generale che precedono l’esordio di circa 14-15 anni. Successivamente emergono disturbi sensoriali o problemi muscoloscheletrici, mentre le visite neurologiche e radiologiche aumentano vistosamente nei dieci anni che precedono la diagnosi. Nel corso degli ultimi 3-5 anni prima della comparsa ufficiale dei sintomi clinici si registra un incremento delle richieste di esami specialistici, prontezza al pronto soccorso, e nell’anno immediatamente precedente un picco di visite neurologiche.

I limiti attuali: biomarcatori e diagnosi precoce
Nonostante la lunghezza della finestra prodromica rilevata, gli autori mettono in guardia dal trarre conclusioni affrettate. Ad oggi non esistono biomarcatori validati che permettano una diagnosi precoce semplice, soprattutto per chi presenta solo sintomi vaghi. La risonanza magnetica resta lo strumento principale, spesso affiancata da valutazioni cliniche approfondite, ma non è praticabile su larga scala come screening. Secondo Massimo Filippi, Presidente del Collegio dei Professori di Neurologia a Milano, la sfida principale resta sviluppare marcatori plasmatici, cioè rilevabili con un semplice prelievo, che permettano di individuare malattia in stadio preclinico.

Possibili ricadute cliniche e sanitarie

Se confermato da ulteriori studi, un decorso così precoce potrebbe cambiare radicalmente approccio diagnostico e terapeutico. Individuare la malattia in fase prodromica potrebbe permettere interventi preventivi, potenzialmente rallentando la progressione della sclerosi multipla o riducendo l’impatto del danno neurologico. Ciò implicherebbe maggiore investimento in ricerca, formazione specialistica, monitoraggio a lungo termine dei pazienti con sintomi preclinici.

Innovazioni tecnologiche in vista
Uno degli aspetti più promettenti del lavoro è l’uso degli smartphone come possibile strumento di rilevazione precoce. Alcuni ricercatori stanno studiano come cambiamenti comportamentali digitali — variazioni nella digitazione, nei movimenti, nei modelli di utilizzo del telefono — possano essere segnali di alterazioni precoci della salute neurologica. Un progetto in Campania, guidato da università locali, è già in fase di arruolamento per testare questo approccio, rispettando la privacy e concentrandosi su dati quantitativi, come attività motoria, velocità di scrittura o frequenza di spostamento.

Sfide etiche, economiche e di sistema
L’eventuale introduzione di diagnosi precoce su larga scala solleva questioni complesse. Dal punto di vista sanitario, servono strutture adeguate per follow-up e supporto ai pazienti in fase prodromica, con rischi di sovradagnosi, ansia e costi elevati. Sul piano economico, la sostenibilità del sistema sanitario sarà messa alla prova se occorrerà estendere l’uso di tecnologie costose (MRI, specialisti) oppure sostenere nuovi protocolli terapeutici in stadi iniziali.

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