Sicurezza, Meloni forza la mano: fiducia sul decreto e tensioni in piazza
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

Il governo guidato da Giorgia Meloni ha posto la questione di fiducia alla Camera sul contestato decreto Sicurezza, alzando il livello dello scontro politico e istituzionale. La scelta di forzare l’approvazione senza modifiche ha un significato che va oltre l’iter parlamentare: è una dichiarazione di intenti, un messaggio chiaro sulla direzione in cui l’esecutivo intende muoversi sul fronte dell’ordine pubblico. Il provvedimento, che prevede un inasprimento delle pene per chi partecipa a manifestazioni non autorizzate e introduce nuove forme di sorveglianza, è stato accolto con dure proteste da una parte significativa della società civile e dalle opposizioni parlamentari.
Sicurezza, Meloni forza la mano: fiducia sul decreto e tensioni in piazza
Le tensioni non sono rimaste solo nei palazzi. Fuori da Montecitorio, una manifestazione di protesta si è trasformata in un fronte acceso, con momenti di scontro tra attivisti e forze dell’ordine. I manifestanti, tra cui studenti, sindacalisti e rappresentanti di movimenti per i diritti civili, hanno denunciato la natura repressiva del decreto, accusando il governo di voler imbavagliare il dissenso e di utilizzare la sicurezza come strumento ideologico. La risposta della polizia è stata dura: cariche di alleggerimento, lacrimogeni e fermi hanno riportato alla mente immagini che sembravano archiviate. La piazza, però, non si è dissolta, e anzi rilancia l’allarme su un clima politico che appare sempre più polarizzato.
Il contenuto del decreto nel mirino
Il testo approvato dal Consiglio dei ministri prevede un ampliamento delle misure cautelari, l’aumento delle pene per blocchi stradali e ferroviari, e l’estensione dei poteri discrezionali dei prefetti. In particolare, il decreto introduce nuovi limiti alla libertà di manifestare, con pene severe per chi partecipa o organizza raduni non autorizzati. Il governo lo definisce “uno strumento necessario per tutelare la legalità”; le opposizioni e numerose organizzazioni lo considerano invece un attacco alla Costituzione e allo stato di diritto. Per molti giuristi, le nuove norme rischiano di comprimere diritti fondamentali in nome di una presunta emergenza sicurezza non giustificata dai dati reali.
Il vertice tra i leader di governo
A rafforzare l’immagine di un esecutivo compatto sul fronte sicurezza, un incontro a Palazzo Chigi tra la premier Giorgia Meloni, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, e il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Salvini ha ribadito la linea dura, parlando di un provvedimento “atteso dagli italiani onesti”, mentre Tajani ha voluto sottolineare l’importanza del rispetto della legalità senza derogare ai principi democratici. L’incontro ha rinsaldato l’asse della maggioranza, presentando un fronte unito nel momento in cui la fiducia viene trasformata in una prova politica più ampia.
Opposizioni compatte contro l’imposizione
Le reazioni delle opposizioni non si sono fatte attendere. La segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha denunciato un uso strumentale della fiducia, definendola “una forzatura istituzionale” che impedisce il confronto parlamentare. Giuseppe Conte ha parlato di “una deriva autoritaria inaccettabile”, mentre Angelo Bonelli ha evocato il rischio di “un clima da anni Settanta, dove il dissenso viene trattato come minaccia da reprimere”. In Parlamento, la battaglia politica si è intensificata, con il centrosinistra e i gruppi civici intenzionati a portare avanti una resistenza non solo politica ma anche legale, pronta a impugnare il decreto nelle sedi opportune.