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Competenza e miglior uso dei fondi europei per lo sviluppo dei territori.



Il nostro paese sconta una grave arretratezza nel settore delle opere pubbliche nazionali e locali. Così ai ritardi nelle realizzazione e manutenzione di infrastrutture autostradali e ferroviarie si uniscono migliaia di opere locali mai realizzate, abbandonate o rimaste solo sulla carta.
Una delle motivazioni per cui questo accade è la difficoltà di impiegare e spendere i Fondi Europei che sono destinati a questo scopo.
L’Italia è il secondo Paese per ammontare di fondi destinati dall’Unione Europea nell’ambito della programmazione 2014-2020.
Sono fondi per i quali però evidenziamo carenze di programmazione e capacità di spesa. Basti pensare che i Fondi destinati all’Italia sono pari a 75 miliardi, ma che finora ne abbiamo spesi solo 11,4, a un anno e mezzo dalla fine del programma.  Se si raffronta il valore di 75 miliardi con il peso in termini di PIL, emerge come in proporzione l’Italia riceva più degli altri grandi Stati europei (12% dei fondi complessivi con un peso in termini di PIL del 11,2%, contro, ad esempio, la Francia che ha il 7% dei fondi contro il 14,9 % del PIL europeo). Solo la Polonia ha fondi maggiori, 105 miliardi. Possiamo concludere che l’Europa sui fondi non ci discrimina affatto.
Notevolissima la quota di fondi che non viene allocata in fase di programmazione e che rischia quindi di venire persa. Il rapporto tra fondi allocati e fondi disponibili è in Italia pari al 56%, contro una media europea del 63%, con risultati decisamente migliori di Paesi come Portogallo (78%) o Germania (63%). In valori assoluti i miliardi disponibili, ma non ancora allocati e quindi oggi potenzialmente persi per l’Italia, sono 33. Se solo avessimo la stessa percentuale della media europea avremmo perso 5 miliardi in meno.  L’Italia non traduce poi le minori risorse allocate in spesa erogata per progetti specifici. Solo un euro ogni quattro allocati risulta ad oggi erogato ai progetti e quindi ai destinatari finali, con la minaccia che se i soldi rimarranno fermi dopo il 2020 dovranno essere restituiti a Bruxelles. Peggio di noi fanno solo Slovacchia, Croazia, Ungheria e Malta. Se l’Italia riuscisse a spendere i fondi allocati in linea con il resto d’Europa avrebbe investito sullo sviluppo del Paese 3,4 miliardi in più. Per riuscire a farlo le amministrazioni pubbliche potrebbero avvalersi di più e meglio di società di consulenza ed investimento specializzate in questo tipo di gestioni. Sinloc è una di queste. Promuove lo sviluppo, soprattutto attraverso la realizzazione di infrastrutture locali, con consulenze e studi di fattibilità, con investimenti diretti in progetti di partenariato pubblico privato (concessioni, project financing, eccetera) e favorendo l’accesso ai fondi europei ed un loro efficace utilizzo. Sinloc è partecipata da dieci tra le maggiori Fondazioni bancarie nazionali ed è una società che, come dichiara l’Amministratore Delegato Antonio Rigon: “ha la sua missione nel sostegno allo sviluppo locale, che persegue con la consulenza, l’investimento di capitali propri ed il supporto alla gestione di piattaforme di investimento”. “Il nostro Paese ha un deficit infrastrutturale - continua Rigon - che riguarda città e territori ancor più che le grandi opere nazionali. Le risorse pubbliche sono modeste, ma, come dimostrano i tanti fondi non spesi o mal spesi, nazionali ed europei, il vero problema è la capacità di strutturare e accompagnare progetti concreti e sostenibili.  Per noi la fattibilità di un progetto, il suo equilibrio tra costi e benefici, la migliore procedura per realizzarlo, la ricerca delle fonti finanziarie, non sono l’applicazione di metodologie e parametri astratti, ma un percorso di competenze, esperienze e relazioni che trasforma un’idea in realtà concreta“. Negli ultimi dieci anni Sinloc ha realizzato oltre 300 progetti e più di 20 investimenti in energie rinnovabili, efficienza energetica e infrastrutture locali. L’insieme di queste iniziative ha riversato nei territori investimenti per oltre un miliardo di euro. Per il futuro punta decisa ad ampliare lo spettro dei suoi interventi, operando di più nelle regioni del Centro Sud e mettendo a disposizione delle comunità e istituzioni locali le competenze maturate per attrarre fondi europei su progetti di impatto. Infine, conclude Antonio Rigon: “stiamo rafforzando la nostra capacità di intervento in settori strategici per le comunità locali, quali l’energia, l’acqua e la gestione dei rifiuti”.

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