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Stablecoin, il cavallo di Troia di Trump per colonizzare l’Europa

- di: Bruno Coletta
 
Stablecoin, il cavallo di Troia di Trump per colonizzare l’Europa
Mentre minaccia dazi, il presidente americano spinge le cripto in dollari nel mercato Ue. Una strategia per rafforzare il dominio del biglietto verde e finanziare il debito Usa. Bruxelles rischia una concessione letale.

Dai dazi alle crypto: la trama nascosta del nuovo assalto americano

Donald Trump non negozia: impone. E per farlo, intreccia fronti apparentemente scollegati, piegando la geopolitica al proprio disegno. Così, mentre agita la clava dei dazi contro l’Europa — minacciando aumenti fino al 30% su auto, acciaio, cosmetici e agroalimentare dal 1° agosto — l’amministrazione americana ha avviato, lontano dai riflettori, una seconda trattativa ben più pericolosa: quella sulle stablecoin in dollari. Il loro sbarco nel mercato europeo, facilitato da una possibile interpretazione “accomodante” delle regole Ue, rischia di trasformarsi in una vera e propria invasione monetaria, pilotata da Washington.

La cripto-stategia trumpiana: dominio del dollaro e debito Usa

Le stablecoin sono valute digitali ancorate a monete ufficiali: il loro valore è legato, teoricamente in modo stabile, a quello del dollaro o dell’euro. A differenza di Bitcoin o Ethereum, non oscillano, ma riflettono il valore di riferimento e sono convertibili in ogni momento con riserve reali. Gli emittenti, per garantire questa stabilità, detengono infatti riserve di liquidità in valuta centrale, investite in strumenti a basso rischio come i Treasury bond americani.

Ed è proprio qui che si cela il piano di Trump. Più le stablecoin in dollari vengono utilizzate, più gli emittenti devono acquistare titoli di Stato Usa per mantenere la copertura. È un doppio colpo: si rafforza il ruolo globale del dollaro e si assicura liquidità costante per finanziare il mastodontico debito pubblico americano, oggi sopra i 34mila miliardi di dollari.

Circle, il gigante silenzioso che minaccia l’euro

Il nome chiave dell’operazione è Circle, società americana fondata a Boston, che emette l’USDC, il secondo stablecoin per capitalizzazione (64 miliardi di dollari a luglio 2025). Esiste anche la versione in euro (EUROC), molto più piccola, ma già autorizzata in tutta l’Unione europea dall’Autorité des marchés financiers francese.

L’obiettivo ora è far riconoscere l’USDC in dollari anche nei Paesi Ue, permettendone la convertibilità con moneta di banca centrale locale. È attesa a giorni una nota interpretativa sul regolamento MiCAR (Markets in Crypto-Assets Regulation), che potrebbe aprire questa porta, senza necessità di una revisione legislativa formale.

Un regalo strategico a Washington? Le critiche di Irene Tinagli

Se Bruxelles procederà in tal senso, l’impatto geopolitico sarà devastante. Lo ha denunciato con forza Irene Tinagli, europarlamentare italiana del Partito democratico e vicepresidente della commissione ECON del Parlamento europeo. In un’intervista, ha avvertito: “Consentire la fungibilità degli stablecoin in dollari senza salvaguardie significa spalancare le porte a una dollarizzazione strisciante dell’Europa. In un momento in cui dovremmo rafforzare l’euro, stiamo consegnando a Trump una leva formidabile”.

Secondo Tinagli, si tratta di una “nuova forma di politica industriale aggressiva mascherata da innovazione finanziaria”, che potrebbe disintegrare la sovranità monetaria europea e compromettere l’autonomia strategica dell’UE.

Un patto scellerato? La coincidenza con i negoziati commerciali

Il tempismo è sospetto. La nota della Commissione sugli stablecoin dovrebbe uscire entro fine luglio, proprio mentre i colloqui con Washington sul commercio entrano nella fase cruciale. È lecito chiedersi se si tratti di una contropartita occulta, offerta in cambio di uno sconto sui dazi. “Sarebbe un precedente pericoloso”, avvertono fonti diplomatiche europee. “Si crea una dipendenza monetaria che va ben oltre l’ambito normativo della MiCAR”.

Dietro l'apparente tecnicismo delle “crypto multi-emissione” si cela una vera sfida sistemica: se in Europa si potranno usare stablecoin in dollari per pagamenti quotidiani, la moneta americana si insinuerà nei circuiti interni, indebolendo l’euro proprio nel momento in cui la BCE punta a rilanciare il suo ruolo globale.

Chi controlla Tether e perché l’Italia è nella partita

Oltre a Circle, c’è Tether, il più grande stablecoin al mondo (oltre 110 miliardi di dollari in circolazione), con una peculiarità: è gestito da una società legale con base in Hong Kong, ma guidata da un italiano, Paolo Ardoino. Anche Tether investe massicciamente in Treasury bond americani: solo nel primo semestre 2025 ha acquistato 91 miliardi di titoli.

Eppure, le autorità Ue non hanno ancora fornito una linea chiara su Tether, che opera di fatto fuori da qualsiasi schema regolatorio europeo. Accettare stablecoin in dollari come strumenti fungibili, senza criteri trasparenti, significherebbe dare luce verde anche a operatori opachi, con rischi sistemici incalcolabili.

Europa al bivio: innovazione o capitolazione?

Il dibattito è acceso. Da un lato c’è chi, come il think tank Bruegel, sostiene che l’apertura agli stablecoin possa rendere più competitivo il mercato finanziario europeo, attrarre investimenti fintech e offrire soluzioni di pagamento più agili. Dall’altro, i fautori della sovranità monetaria — dalla Bundesbank alla Banque de France — avvertono: non si può scambiare qualche punto di PIL per la sottomissione valutaria.

Il paradosso è che mentre la BCE lavora al Digital Euro, ancora in fase sperimentale, l’Europa rischia di essere colonizzata da una moneta privata, in dollari, sotto regia politica americana. Un vero cortocircuito strategico.

Aggressione silenziosa al cuore dell’Europa

Ciò che Trump non ottiene con le minacce, lo conquista con l’astuzia. L’invasione delle stablecoin in dollari è una forma di colonizzazione monetaria camuffata da innovazione tecnologica. La Commissione Ue, con il pretesto della neutralità normativa, rischia di firmare una resa anticipata, proprio mentre l’Europa dovrebbe difendere con le unghie e con i denti la sua autonomia. Perché questa volta, più che il commercio o le criptovalute, è in gioco il futuro stesso dell’euro.

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