Ma è veramente inevitabile perpetuare lo stato di emergenza?

- di: Redazione
 
Non trovando alcun lato negativo in Mario Draghi come uomo (è intelligente, preparato, cortese, determinato, apprezzato all'estero e sostenuto da gran parte degli italiani) , ci si permetta comunque di rivolgergli qualche domanda, sia pure in modo assolutamente astratto, ben sapendo quanto gravosi sono gli impegni che, quotidianamente, lui affronta per il bene generale. La prima di queste domande è semplice, forse anche troppo: ritiene veramente che, per concedersi gli strumenti necessari per continuare la guerra contro la pandemia, sia assolutamente necessaria la proroga dello stato di emergenza?

Lo chiediamo perché, se è vero quel che scrive oggi un giornale, il nostro primo ministro sarebbe convinto che occorra spostare l'asticella temporale sino alla fine di quest'anno, nell'eventualità, malaugurata, di un peggioramento della situazione sanitaria e, quindi, della eventuale necessità di adottare nuovi provvedimenti di contenimento del contagio (come le restrizioni negli spostamenti personali). La nostra domanda è abbastanza retorica, intuendo che alla fine lo stato emergenziale proseguirà sino a quando a palazzo Chigi non ci sarà l'assoluta certezza che il peggio è passato, ma, soprattutto, non tornerà. Quindi, sino a dicembre (almeno, ci sarebbe da aggiungere).

Ma qual è il prezzo che tutti noi, come comunità, rischiamo di dovere continuare a pagare? La consapevolezza che il presidente del Consiglio, in caso di necessità, deve potere agire in fretta ed autonomamente, senza portare immediatamente il provvedimento al giudizio delle Camere, non scioglie il nodo delle libertà dei singoli che, almeno a livello potenziale, rischiano di essere nuovamente compresse al primo manifestarsi di un potenziale pericolo. Lo stato di emergenza - perché è così che deve essere - consente l'adozione di misure straordinarie e a pagarne le conseguenze sarà un Paese che, come dimostrano le cronache di questi giorni, è pronto a ripartire, ma non può certo farlo avendo su di sé, come fosse una minaccia, l'ombra di un nuovo giro di vite.

L'Italia, in questo anno e mezzo dall'inizio della pandemia, ha dimostrato di comprendere le esigenze del sistema Paese, ma forse la stessa attenzione non ha avuto in cambio dai governi (Conte 2, ma anche Draghi) che non hanno attinto - e quindi distribuito - alle risorse di cui le famiglie italiane avevano disperato bisogno e senza le quali hanno eroso risparmi, quando non addirittura indebitandosi.

Un'altra domanda che vorremmo porre al presidente Draghi (ben sapendo che le sue responsabilità dirette sono marginali, rispetto a quelle di chi l'ha preceduto) è se il contenuto del rapporto dell'Istat sulle famiglie italiane lo ha turbato o sorpreso. Noi, per quello che il nostro giudizio può valere, non riusciamo a frenare lo sgomento nel leggere che nel 2020 - annus horribilis - il numero delle famiglie che vivono una povertà vera è salito a 2 milioni (il 7,7 per cento del totale, quando l'anno precedente erano il 6,4 per cento). Il che, tradotto in un numero, significa che lo scorso anno 5,6 milioni di residenti nel nostro Paese (ovvero il 9,4 % del totale, l'anno precedente erano il 7,7%) vivevano in povertà assoluta. Numeri che si possono leggere, interpretare, ripulire, ma di certo c'è solo che sono i peggiori da quando sono iniziate le serie storiche, nel 2005.

L'Italia di oggi, che è tornata a respirare, dopo mesi di sacrifici e con prospettive economiche che non sono disperanti, ha bisogno che le si dimostri fiducia soprattutto da chi la governa. Cosa che forse non è consentita da uno stato d'emergenza che si protrae da mesi e che proseguirà ancora per chissà quanto. Essere liberi è cosa ben diversa dal sentirsi liberi. Gli italiani, in ogni caso, vogliono essere liberi, magari scacciando dalla mente l'idea che domani, al primo rimanifestarsi dell'epidemia, tutto torni in gioco e quindi anche gli sforzi che si stanno facendo oggi per ridare vitalità al nostro tessuto produttivo. Il segretario della Lega, Matteo Salvini, ha già espresso la sua opposizione al perpetuarsi dello stato di emergenza, dicendo che, a suo avviso, non ci sono i presupposti. Ma la sua è una semplice presa di posizione, che, quando sarà davanti a Draghi, appassirà. Con buona pace di chi magari non apprezza il Salvini politico, ma ne condivide alcune idee, come quella di evitare, solo per timore, di tarpare nuovamente le ali ad un intero Paese inchiodandolo alla paura.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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