Con il no al ''Lago dei cigni'' gli ucraini cancellano la cultura, non i russi

- di: Redazione
 
La guerra è barbarie e in suo nome vengono fatte nefandezze che, perché orribili, non possono avere giustificazione, se non quella di uccidere per non essere uccisi. Ma ci sono cose che nemmeno la guerra - summa estrema della crudeltà umana - può giustificare, come immolare sul suo altare l'arte, la cultura che (con qualche eccezione all'inizio del '900, secolo di grandi pulsioni e dirompenti passioni) non ha mai fatto da battistrada alla violenza.
Eppure nelle settimane dell'invasione russa dell'Ucraina si assiste ad una strumentalizzazione della cultura, al tentativo di usarla per alzare il livello dello scontro. L'Ucraina ferita sta reagendo anche su questo piano, imponendo ai suoi artisti di mettere un confine tra loro e la cultura russa, come se questo potesse risolvere le sorti della guerra oppure aiutare il Paese a difendersi meglio e di più.
Se non stessimo parlando di cose spaventose, come tutte quelle che genera la guerra, potremmo dire che si rasenta l'incredibile, se non addirittura il ridicolo.
L'ultimo esempio arriva da Lonigo, in provincia di Vicenza, dove era in programma - con uno scopo benefico: il ricavo sarebbe stato destinato alle popolazioni ucraine - la rappresentazione del "Lago dei cigni", con il corpo di ballo dell'Opera nazionale ucraina. ''Era in programma'' perché lo spettacolo è stato cancellato per ordine del Ministero della Cultura dell'Ucraina (oltre che dalla sede di Kiev dell'Opera nazionale ucraina).

Il Ministero della Cultura dell'Ucraina blocca una rappresentazione del "Lago dei cigni"

Non perché c'è una guerra, non perché ci sono morti da raccogliere dalle strade e da seppellire, ma perché le musiche del ''Lago dei cigni'' sono state composte da Petr Ilic Cajkovskij.
Una decisione che è impossibile condividere, sia pure comprendendo che sia stata adottata perché la sua eco sarebbe stata ingigantita in un momento in cui la guerra si combatte a colpi di propaganda. Verrebbe da sorridere pensando che le autorità culturali di Kiev hanno vietato la rappresentazione di uno spettacolo, il cui compositore, Cajkovskij, è l'esatto opposto dell' Homo putiniensis: mite, molto colto, omosessuale, probabile suicida per vergogna. Cioè tutto l'opposto del ''maschio russo'', tutto muscoli e coraggio, promosso da Putin.

Ma, c'è da domandarsi, la cancellazione di un evento culturale oltre che artistico cosa ha spostato nell'economia di una guerra? Assolutamente nulla, ma è certamente parte di una strategia che resta comunque incomprensibile.
E l'amarezza è ancora più accentuata da altri recenti episodi che rimandano alla ''cultura della cancellazione'' che, essenzialmente nata negli Stati Uniti per colpire, ad esempio, personaggi storici legati a fenomeni negativi come la schiavitù o l'adesione alla Confederazione, ha fatto ovunque proseliti. Purtroppo anche in casa nostra, come dimostra la decisione dell'Università Bicocca, non appena scoppiata la guerra in Ucraina, di cancellare un corso che Paolo Nori avrebbe dovuto tenere su Fëdor Michajlovič Dostoevskij (coevo di Cajkovskij).

Ora, semmai la cancellazione del ''Lago dei Cigni'' può avere una ragione nella guerra che gli ucraini stanno vivendo, loro malgrado, quella del corso dello scrittore, grande esperto di letteratura russa, appare non solo incomprensibile, ma addirittura oltraggiosa per la Storia, censurando un evento legato ad un autore che ha saputo scavare, come pochi altri del suo tempo (la seconda metà dell'800), nell'animo umano. Ma qui il valore dell'opera di Dostoevskij non conta nulla davanti all'ottuso allineamento con l'ala più retriva di una certa propaganda.
Per concludere, il meglio che si può fare è prendere spunto da una frase de ''L'idiota'' che Dostoevskij fa pronunciare al principe Miskin: ''La bellezza salverà il mondo''. Forse, di sicuro l'imbecillità sta aiutando il mondo a spegnersi.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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