Ue, stop all'import di beni realizzato con il lavoro forzato

- di: Barbara Bizzarri
 

Accordo raggiunto nel trilogo fra Consiglio e il Parlamento europeo: seppur provvisoriamente, il patto interviene sul regolamento che vieta l’immissione sul mercato comunitario di prodotti realizzati sfruttando il lavoro forzato, una forma di schiavitù che riguarda oltre 26 milioni di persone in tutto il mondo. L’intesa dovrà essere approvata e adottata formalmente da entrambe le istituzioni, e affida alla Commissione Ue il compito di istituire una banca dati contenente informazioni aggiornate sui rischi del lavoro forzato, comprese le relazioni delle organizzazioni internazionali.

Ue, stop all'import di beni realizzato con il lavoro forzato

Per valutare le violazioni sono previsti criteri come la portata e la gravità del presunto lavoro forzato; la quantità o il volume dei prodotti immessi o resi disponibili sul mercato dell’Unione; la quota delle parti del prodotto che potrebbero essere realizzate con il lavoro forzato all’interno del prodotto finale. L’intesa attribuisce alla Commissione e alle autorità nazionali il compito investigativo e di valutazione delle violazioni del regolamento. La decisione finale sul vietare, ritirare o smaltire un prodotto realizzato con lavoro forzato sarà presa dall’autorità che ha condotto l’indagine e si applicherà in tutti gli altri Stati membri.

Grande soddisfazione al riguardo è stata espressa dalle organizzazioni agricole, da sempre coinvolte e impegnate per difendere i prodotti nazionali da quella che considerano una forma di concorrenza sleale da parte di quelle produzioni extra-Ue che non rispettano gli stessi standard di sicurezza europei. Ma la direttiva si propone anche di arginare un’altra piaga, quella del lavoro forzato minorile. Infatti, un’indagine di Save the Children stima che siano 336 mila i minorenni tra i 7 e i 15 anni che hanno avuto esperienze di lavoro: quasi 1 minore su 15. Tra i 14-15enni che dichiarano di svolgere o aver svolto un’attività, il 27,8% ha svolto lavori particolarmente dannosi per i percorsi educativi e per il benessere psicofisico, perché percepiti dagli stessi intervistati come pericolosi, perché svolti in orari notturni oppure svolti in maniera continuativa durante il periodo scolastico.

Nel nostro Paese, la legge stabilisce la possibilità per gli adolescenti di iniziare a lavorare a 16 anni, avendo assolto l’obbligo scolastico ma, dalla ricerca sul lavoro minorile di Save the Children, emerge che quasi un 14-15enne su cinque svolge o ha svolto un’attività lavorativa prima dell’età legale consentita, ovvero 16 anni, compromettendo i propri percorsi educativi e di crescita.  Secondo l’analisi della Coldiretti sui dati del Dipartimento del Lavoro Usa, tra i prodotti agroalimentari coltivati grazie al lavoro forzato di adulti e bambini ci sono, per esempio, il concentrato di pomodoro cinese, il riso indiano, i gamberetti thailandesi, i peperoncini messicani e la canna da zucchero brasiliana.

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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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