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Unicredit attacca il governo sul Golden Power: “Misura sproporzionata e pericolosa”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Unicredit attacca il governo sul Golden Power: “Misura sproporzionata e pericolosa”
La tensione tra Unicredit e il governo italiano si fa sempre più marcata dopo l’intervento dell’esecutivo sull’operazione di offerta pubblica di scambio (Ops) lanciata da Unicredit nei confronti di Banco-Bpm. Palazzo Chigi ha infatti deciso di attivare il cosiddetto Golden Power, imponendo una serie di condizioni per proteggere “gli interessi strategici nazionali”. Una mossa che la banca milanese considera inusuale e sproporzionata, soprattutto perché riguarda un’operazione tra due soggetti entrambi italiani, in un contesto di mercato domestico.

Unicredit attacca il governo sul Golden Power: “Misura sproporzionata e pericolosa”

In un documento diffuso alla stampa e alle autorità, Unicredit ha espresso profonda preoccupazione per le prescrizioni imposte dal governo, sostenendo che esse “potrebbero danneggiare la piena libertà e capacità della banca di adottare decisioni conformi ai principi di sana e prudente gestione in futuro”. Secondo il gruppo guidato da Andrea Orcel, le misure definite dal Consiglio dei ministri rischiano di generare effetti indesiderati, fino al punto da esporre Unicredit “al rischio di sanzioni” in caso di presunta inosservanza delle stesse prescrizioni. La banca sottolinea come l’uso del Golden Power, in un’operazione tra due banche italiane, non abbia precedenti recenti e risulta ancora più difficile da comprendere alla luce di operazioni simili che non hanno subito interventi analoghi.

Un precedente controverso nel contesto bancario

Il Golden Power è uno strumento che consente al governo di bloccare o condizionare operazioni societarie quando ritenga che siano in gioco asset strategici nazionali. In genere è stato utilizzato nei confronti di gruppi esteri interessati ad acquisizioni in Italia, specie nei settori della difesa, dell’energia e delle telecomunicazioni. L’applicazione a un’operazione bancaria interna appare quindi anomala, e secondo alcuni analisti potrebbe creare un precedente problematico per il settore creditizio. Unicredit, che da tempo lavora a un piano di consolidamento e razionalizzazione delle proprie attività, teme che questa decisione possa avere un effetto dissuasivo su future iniziative strategiche.

Le implicazioni di sistema e il dibattito politico

Il caso ha riacceso il dibattito sulla compatibilità tra autonomia d’impresa e protezione dell’interesse nazionale. Mentre ambienti governativi giustificano la scelta con la necessità di evitare concentrazioni dannose per la stabilità del sistema bancario e per la tutela del risparmio, voci critiche si levano dai mercati e da alcuni osservatori internazionali, che temono un ritorno a una logica interventista. Il conflitto tra Unicredit e governo potrebbe estendersi anche sul piano normativo, nel tentativo da parte della banca di ottenere chiarimenti e magari una revisione delle prescrizioni. In attesa di sviluppi, resta l’impressione di una frizione profonda tra due visioni opposte di politica industriale e di governance bancaria.

Uno scontro che va oltre il singolo caso

Non si tratta solo di una disputa tra una banca e il governo: sullo sfondo si staglia una questione più ampia, legata al ruolo delle grandi banche italiane nel processo di rafforzamento dell’economia nazionale e alla loro esposizione sui mercati internazionali. Unicredit, con la sua rete europea e le sue ambizioni strategiche, si percepisce come un attore globale che necessita di flessibilità operativa. Il governo, d’altro canto, sembra voler riaffermare un controllo più diretto su alcune dinamiche considerate sensibili per il sistema Paese. Se il confronto non troverà presto una composizione equilibrata, il rischio è che si allarghi e coinvolga altri soggetti e operazioni, con effetti a catena sul clima degli investimenti in Italia.
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