Medici Senza Frontiere lancia un grido d’allarme dalla Striscia di Gaza: il 25% dei bambini tra i sei mesi e i cinque anni, così come delle donne incinte o che allattano, è malnutrito. L’organizzazione umanitaria, presente sul campo attraverso una rete di cliniche mobili e fisse, ha registrato un drammatico peggioramento della situazione sanitaria dall’inizio di maggio, in concomitanza con l’ulteriore irrigidimento del blocco e l’interruzione quasi totale dei rifornimenti di cibo e acqua potabile. Secondo i dati forniti, nella sola clinica di Gaza City il numero di pazienti affetti da forme gravi di malnutrizione è quadruplicato negli ultimi due mesi, raggiungendo livelli senza precedenti nella storia recente del conflitto israelo-palestinese.
Gaza, un bambino su quattro è malnutrito: l’allarme di Medici Senza Frontiere
La carenza di alimenti di base, l’impossibilità di rifornirsi nei mercati e la distruzione delle infrastrutture agricole hanno trasformato la crisi alimentare in una vera carestia. L’accesso ai beni primari è limitato, i prezzi sono saliti alle stelle, e l’insicurezza alimentare si è diffusa anche nelle famiglie che fino a poco tempo fa riuscivano a sopravvivere grazie alla solidarietà e a piccole attività informali. I bambini sono le prime vittime di questo collasso, con sintomi evidenti come perdita di peso, indebolimento muscolare, apatia e infezioni ricorrenti. Medici Senza Frontiere ha avvertito che il rischio di decessi per fame è ormai una concreta possibilità nelle aree più densamente popolate e isolate.
L’Europa assente, lo sfogo di Borrell
Il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha affidato ai giornalisti uno sfogo amaro e diretto: “Ho perso la speranza che l’Europa reagisca”. Un’affermazione che fotografa la paralisi delle istituzioni europee di fronte a una crisi umanitaria che richiederebbe interventi urgenti, sia a livello diplomatico che logistico. Secondo Borrell, l’Unione europea ha fallito nel suo ruolo di garante del diritto internazionale e di promotrice della pace. Il diplomatico spagnolo ha sottolineato la gravità della carestia che colpisce la popolazione civile e ha invitato i governi europei ad abbandonare l’approccio attendista per intervenire concretamente con corridoi umanitari, pressioni diplomatiche e sospensione degli accordi con i responsabili delle violazioni dei diritti umani.
Londra frena sul riconoscimento della Palestina
In questo scenario tragico, il governo britannico ha scelto la prudenza in merito a una possibile decisione simbolica di riconoscimento dello Stato di Palestina. Dopo l’annuncio del presidente francese Emmanuel Macron di voler portare il tema all’assemblea generale delle Nazioni Unite di settembre, Downing Street ha scelto una linea attendista, preferendo “non pregiudicare i delicati equilibri diplomatici”. Un portavoce del Foreign Office ha dichiarato che “il Regno Unito resta impegnato in una soluzione a due Stati, ma ritiene prematuro un riconoscimento formale in questo momento”. Una posizione che ha suscitato critiche da parte di numerose organizzazioni internazionali, che accusano Londra di reticenza e di mancanza di coraggio in una fase in cui i segnali simbolici potrebbero influenzare concretamente l’equilibrio geopolitico della regione.
Il nodo umanitario e le richieste internazionali
La crisi di Gaza non è solo una questione politica, ma una catastrofe umanitaria. Il World Food Programme, l’UNICEF e l’OMS hanno ribadito l’urgenza di interventi coordinati per garantire l’ingresso sicuro di aiuti alimentari e medicinali. Le Nazioni Unite hanno definito la situazione “insostenibile” e paventano un collasso sanitario definitivo se le organizzazioni internazionali continueranno a essere ostacolate nei loro movimenti all’interno della Striscia. Anche gli Stati Uniti, attraverso una nota del Dipartimento di Stato, hanno esortato le parti a “facilitare l’assistenza umanitaria senza condizioni”, ribadendo la necessità di proteggere i civili in ogni contesto di conflitto.
Un equilibrio geopolitico sempre più fragile
La reticenza britannica a riconoscere la Palestina, unita all’inerzia europea denunciata da Borrell, conferma le difficoltà della comunità internazionale nel gestire la crisi mediorientale. Con una popolazione civile stremata dalla fame e dalla guerra, Gaza è diventata il simbolo di un fallimento globale: quello delle diplomazie, delle istituzioni e del diritto internazionale. Mentre il tempo scorre e le condizioni peggiorano, cresce la pressione sulle cancellerie occidentali affinché passino dalle dichiarazioni ai fatti. La finestra diplomatica, avvertono gli esperti, si sta chiudendo rapidamente.