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Università o fuga? Sempre più studenti italiani scelgono l’estero

- di: Jole Rosati
 
Università o fuga? Sempre più studenti italiani scelgono l’estero
Istruzione, merito, futuro: l’Italia che spinge i giovani oltreconfine.
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Un Paese che forma, ma non trattiene
Non è un’ondata improvvisa, è un flusso continuo. Ogni anno decine di migliaia di giovani italiani lasciano il Paese non per viaggiare, ma per studiare meglio, vivere meglio, sperare meglio. La chiamano "fuga dei cervelli", ma è molto più di questo: è un processo razionale, calcolato, doloroso e spesso inevitabile. Nel solo 2024, sono stati oltre 200.000 i giovani italiani emigrati all’estero. Di questi, una fetta crescente ha lasciato l’università italiana o ha deciso di non iscriversi affatto per cercare un’alternativa fuori dai confini nazionali.
Il segnale è forte: la nostra scuola superiore non smette di formare talenti, ma la nostra università non riesce a trattenerli. Il problema è strutturale, e non riguarda solo le eccellenze. Riguarda un’intera generazione che sente di non avere spazio né voce.
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Le mete preferite? L’Europa del Nord, ma non solo
Secondo i dati dell’UNESCO Institute for Statistics, nel 2023 oltre 84.000 studenti italiani risultavano iscritti a università estere. Di questi, 14.479 hanno scelto il Regno Unito, nonostante la Brexit e l’aumento delle tasse universitarie. Anche la Germania, con il suo sistema gratuito o quasi e un forte collegamento con il mondo del lavoro, resta una meta gettonata. Cresce anche l’interesse verso Paesi Bassi, Francia, Spagna e Irlanda, che offrono corsi in inglese, ambienti internazionali e sbocchi professionali concreti.
Ma non è solo l’Europa a chiamare. Negli Stati Uniti, nell’anno accademico 2023/24, si sono iscritti 6.235 studenti italiani, secondo il rapporto Open Doors pubblicato a novembre 2024 a Washington da IIE e dal Dipartimento di Stato USA. Un aumento del 10% rispetto all’anno precedente. Anche il Canada è in forte crescita, grazie a politiche di accoglienza molto più aperte e programmi di studio altamente qualificati.
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Perché si parte? Merito, lavoro, vita vera
Le motivazioni sono numerose, ma tutte riconducibili a tre grandi pilastri: qualità dell’istruzione, meritocrazia, opportunità reali. Studiare all’estero oggi non è più un vezzo per ricchi: è una strategia per il futuro. Molti Paesi offrono borse di studio generose, tirocini pagati, collegamenti diretti con le aziende, tutoraggio personalizzato. E soprattutto, un clima culturale che stimola il pensiero critico, la partecipazione, l’ambizione.
In Italia, invece, l’università è spesso vissuta come un limbo. Poche lauree professionalizzanti, stage gratuiti, laboratori sottofinanziati, una docenza accademica ancora troppo baronale. Secondo il Rapporto Almalaurea 2024, solo il 58% dei laureati trova lavoro a un anno dal titolo. E in molti casi si tratta di contratti precari o sottoqualificati.
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Università italiane: il paradosso dell’autoisolamento
Paradossalmente, mentre i giovani italiani vanno via, le università italiane faticano ad attrarre studenti stranieri. Il dato Eurostat è impietoso: solo il 2,88% degli iscritti in Italia viene da altri Paesi. In Francia la media è oltre il 12%, in Germania il 13%, nel Regno Unito supera il 20%.
“Abbiamo un’offerta didattica eccellente in molti settori, ma siamo poco internazionali, poco digitali, poco flessibili”, ha dichiarato il sociologo Giuseppe Allegri dell’Università di Roma La Sapienza. “Senza riforme radicali, continueremo a essere una fabbrica di talenti per altri Paesi”.
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Le voci di chi è partito
“Qui non conta chi conosci, ma cosa sai fare”, racconta Martina, 24 anni, oggi studentessa di ingegneria biomedica ad Amsterdam. Dopo due anni di università in Italia, ha scelto un percorso all’estero: “Non tornerei indietro. Studio molto, ma vedo un senso. Ogni giorno è un passo avanti”.
Anche Luca, 26 anni, iscritto a un master in economia in Canada, non ha dubbi: “In Italia avevo la sensazione di sprecare il mio tempo. Qui ho trovato professori disponibili, laboratori veri, occasioni per farmi notare. È dura, ma finalmente ho una direzione”.
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Il ruolo decisivo delle famiglie
Non sono solo gli studenti a fare i conti con questa scelta. Le famiglie italiane investono cifre importanti per consentire ai figli di studiare all’estero. Secondo una stima di Educations.com, il costo medio annuo per studiare in Europa è di 12.000-18.000 euro, tutto incluso. Eppure, cresce il numero di genitori disposti a sostenere la spesa, anche ricorrendo a prestiti, pur di offrire ai figli un’alternativa concreta.
“È un sacrificio enorme, ma in Italia avrebbero perso anni senza sbocchi”, dice Antonella, madre di due studenti universitari in Irlanda. “Non è fuga, è sopravvivenza”.
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E adesso?
I numeri sono chiari. L’Italia rischia di diventare sempre più un Paese che investe in capitale umano… per regalarlo al resto del mondo. Il problema non è solo educativo: è politico, culturale, sociale. Servono università capaci di competere, un mercato del lavoro che valorizzi i giovani, una pubblica amministrazione che funzioni. Non bastano slogan: servono scelte nette, strutturali.
Intanto, chi può, parte. E chi resta si chiede ancora: vale la pena restare?

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