USA e UE si sfidano per gli investimenti in energia rinnovabile

- di: Marija Simpraga, Infrastructure Strategist di LGIM
 

Noi di LGIM riteniamo che l’Inflation Reduction Act (IRA) farà da catalizzatore per gli investimenti in energia pulita negli Stati Uniti; tuttavia, i policymaker e gli investitori europei sono preoccupati che i sussidi previsti da questo provvedimento possano sottrargli numerose attività in ambito R&D e lo sviluppo di numerosi progetti in questo settore. Per questo l’Unione Europea intende contrattaccare attraverso il Green Deal Industrial Plan (GDIP), che permetterebbe ai governi locali di attuare varie forme di aiuti per supportare la transizione verde.

In linea di massima, l’ammontare delle risorse e i destinatari di questi sono equivalenti in UE e USA, con i vari pacchetti di sussidi che porteranno a investimenti di centinaia di miliardi di dollari in energia prodotta da fonti rinnovabili o in altre attività che comunque mirano a ridurre le emissioni di CO2.

 

Accesso al credito – Stati Uniti avvantaggiati

 

Tuttavia, gli approcci dei due mercati presentano anche delle differenze fondamentali e una delle principali riguarda l’erogazione dei fondi. Negli Stati Uniti, questa sarà attuata principalmente attraverso il credito d’imposta – un meccanismo prestabilito, con regole ben definite e note ai vari market player. Al contrario, l’Unione Europea prevede di sostenere gli scopi del GDIP attraverso l’impiego di fondi già utilizzati in passato. Ne consegue che, per quanto l’ammontare effettivo di risorse sia impressionante, la complessità delle procedure renderà più difficile l’accesso al credito per le imprese attive nell’energia pulita, con le domande per i sussidi che potrebbero rimanere inevase per anni e con esiti tutt’altro che certi. Negli USA, invece, le società che beneficiano di crediti d’imposta possono accedere al capitale molto più rapidamente, avere un quadro meglio definito sulle tempistiche e sui margini di manovra su queste e avere maggiore chiarezza sui costi da sostenere.

Un altro potenziale ostacolo sono i requisiti imposti. Sia gli USA, sia l’UE, hanno imposto dei requisiti minimi per consentire l’accesso ai sussidi; inoltre, dovranno sviluppare velocemente numerosi impianti di produzione in loco. In caso contrario, potremmo assistere a ripercussioni negative sulla realizzazione di parchi eolici, solari e di batterie per lo stoccaggio dell’energia.

Proprio la produzione di batterie sarà uno dei segmenti in cui l’Europa subirà maggiormente la competizione con gli Stati Uniti a seguito dell’emanazione dell’IRA; l’altro è la produzione di idrogeno. Questa è una brutta notizia per l’UE, che non ha mai nascosto di voler consolidare la sua leadership in ambito clean energy attraverso la diffusione di quest’ultima con modalità che non si limitassero alle sole fonti rinnovabili. Tuttavia, l’entrata in vigore dell’IRA, e i sussidi a questa legati, rendono la produzione di idrogeno verde negli USA più conveniente rispetto a quella di idrogeno grigio. In pratica, solamente con una firma, i produttori di H2 sono stati resi molto più competitivi e gli è stato messo a disposizione un mercato molto vasto come quello del Nuovo Continente. Conseguenze simili si possono riscontrare anche nelle batterie e questo impone all’Europa di intensificare i suoi sforzi in questo segmento se vuole evitare di perdere le sue imprese più innovative in ambito cleantech.

 

Immagine che contiene grafico Descrizione generata automaticamente

 

Non è un gioco a somma zero

 

Nonostante lo scenario appena delineato, l’Unione Europea ha un vantaggio nel creare e supportare la domanda di progetti sull’energia pulita: per quasi un decennio, la produzione di energia pulita è stata regolamentata attraverso un sistema di aste approvato dagli stati membri. Queste aste permettono a chi le ha vinte di garantirsi una maggiore chiarezza sull’andamento della domanda nel lungo periodo anche di stipulare accordi a lungo termine sui prezzi, che spesso risultano anche indicizzati all’inflazione. Uno scenario del genere non solo riduce notevolmente la rischiosità di un progetto, ma riduce anche il costo del capitale e accelera l’accesso a quest’ultimo per il settore delle rinnovabili. Se questo sistema fosse applicato anche ad altri segmenti, come quello dell’idrogeno verde, le aste potrebbero offrire contratti a prezzo fisso e a lungo termine, sottoscritti direttamente dai governi degli stati membri o, forse, addirittura da Bruxelles; una prospettiva molto allettante per un settore alle prime fasi del suo sviluppo.

La generosità dei sussidi statunitensi ha portato numerosi analisti a descrivere la competizione tra USA e UE come un gioco a somma zero, in cui solo uno sarà in grado di accaparrarsi il capitale a spese dell’altro. Tuttavia, noi di LGIM riteniamo che lo scenario non sia così rigido e che potrebbe portare allo sviluppo di una nuova regolamentazione di cui beneficeranno tutti i segmenti dell’ambito clean energy in entrambi i mercati. Questo perché le nuove policy potrebbero attrarre nuovi sviluppatori da altri settori e aree geografiche, accelerando la transizione energetica su entrambe le sponde dell’Atlantico.

Tags: economia
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