Sedili su due livelli, cappelliere abolite, ipotesi di postazioni in piedi. Non è un esperimento sociale né un concept artistico da Biennale, ma il probabile futuro dell’aviazione commerciale secondo alcune compagnie e startup del settore.
Sedili a castello, bagagli tra i piedi e voli in piedi? Il futuro (sempre più scomodo) degli aerei low cost
L’obiettivo dichiarato: aumentare la capienza degli aerei e ridurre al minimo lo spazio sprecato. Il risultato, per ora, è una reazione collettiva che oscilla tra l’incredulità e il malessere. Perché dietro l’etichetta dell’“innovazione” sembra nascondersi una compressione fisica – e simbolica – del passeggero.
I sedili a due piani: soluzione o stratagemma?
Il progetto che ha fatto più discutere arriva dalla startup californiana Zephyr Aerospace: sedili impilati su due livelli, pensati per offrire più privacy e – in teoria – la possibilità di distendersi anche in economy. Ma a vederli installati, sembrano più una scaffalatura umana che un passo avanti nel comfort. Oltre al problema estetico e psicologico – stare seduti sotto un altro corpo umano non è per tutti – c’è quello pratico: come si gestiscono le emergenze? E i passeggeri con ridotta mobilità?
Addio cappelliere: più aria, meno bagagli
Un altro trend che si affaccia è la cancellazione delle cappelliere, quelle strutture sopraelevate tanto odiate quanto indispensabili. Secondo alcuni designer, eliminarle renderebbe la cabina visivamente più ariosa e ridurrebbe il peso complessivo dell’aereo, con benefici sui consumi. Ma dove andranno a finire i bagagli a mano? Le soluzioni proposte – scomparti sotto il sedile, zaini ultra compatti, valigie infilate davanti alle gambe – fanno venire l’ansia anche al viaggiatore più zen. Per molti passeggeri, il vero incubo sarà non tanto la mancanza di spazio, ma la battaglia per conquistarlo.
I voli in piedi: provocazione o anticipo di realtà?
Il capitolo più controverso resta quello dei posti “standing”. Non si tratta – ancora – di stare letteralmente in piedi, ma di sedersi su una sorta di sellino verticale con una cintura a tracolla. Una seduta minima, adatta solo a tratte brevissime. L’idea era stata lanciata anni fa da Ryanair, e poi ripresa da Aviointeriors. Ora ricompare, segno che la tentazione non è mai scomparsa. Ma la domanda resta: siamo davvero pronti ad affrontare un volo come se fosse una corsa metropolitana? E più ancora: sono pronte le autorità regolatorie a certificarne la sicurezza?
Più passeggeri, meno umanità?
Dietro tutte queste sperimentazioni c’è una logica industriale coerente: aumentare la densità dei posti per far fronte all’aumento dei costi, ai vincoli ambientali, e alla pressione sulle tariffe. Ma la sensazione è che si stia superando una soglia simbolica. Il volo non è più un’esperienza, ma un passaggio obbligato da rendere il più economico e rapido possibile. In cambio, si sacrificano porzioni sempre più consistenti di benessere, spazio, dignità. Con il rischio che a perdere non siano solo le ginocchia dei passeggeri, ma l’idea stessa di viaggio.
Il paradosso del low cost spinto all’estremo
Tutto questo avviene mentre il settore cerca di recuperare terreno dopo le difficoltà della pandemia, affrontando al tempo stesso la riconversione ecologica e la concorrenza delle tratte ferroviarie ad alta velocità. Ma c’è un punto che resta aperto: è sostenibile un modello che punta a comprimere sempre di più i corpi e le esperienze dei viaggiatori? O si sta raschiando il fondo del barile, riducendo il volo a un’esperienza sempre meno umana, e sempre più somigliante a un trasporto merci travestito da servizio passeggeri?