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Linfedema e oncologia, al Gemelli un workshop multidisciplinare: colpito fino al 60% delle pazienti

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Linfedema e oncologia, al Gemelli un workshop multidisciplinare: colpito fino al 60% delle pazienti

FOTO (Cropped): Sergio D’Afflitto - CC BY-SA 3.0 IT

Oltre 200 milioni di persone nel mondo convivono con il linfedema, una condizione cronica causata dal danneggiamento dei vasi linfatici che porta a un accumulo di liquidi e al gonfiore degli arti. La forma secondaria, legata a tumori e trattamenti oncologici, rappresenta oltre il 90% dei casi ed è la più diffusa nei Paesi occidentali. A seconda del tipo di tumore, delle terapie ricevute e della durata del follow-up, l’incidenza varia dal 5% al 60%.

Linfedema e oncologia, al Gemelli un workshop multidisciplinare: colpito fino al 60% delle pazienti

Uno studio condotto su 3.400 pazienti oncologici in fase avanzata ha stimato una prevalenza di linfedema o gonfiore degli arti pari al 19%. Nelle donne con tumori ginecologici, il disturbo interessa soprattutto gli arti inferiori con un’incidenza che va dall’1% al 49%, configurandosi come una delle complicanze più frequenti e gravose nel percorso di cura.

L’appuntamento al Gemelli di Roma
Questi dati sono stati al centro del workshop “Linfedema in Ginecologia Oncologica”, che si è svolto presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma, organizzato in collaborazione con l’associazione Resilia ETS.
La professoressa Antonia Carla Testa, associata di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica e responsabile della Ginecologia Ambulatoriale e Preventiva del Gemelli, ha sottolineato come la prevenzione e la diagnosi precoce siano decisive per migliorare la qualità della vita delle pazienti.

Le innovazioni chirurgiche: meno traumi, meno complicanze
Tra i progressi più significativi figura la mappatura del linfonodo sentinella. «Rimuovendo solo i linfonodi che drenano l’area tumorale si riduce di cinque volte il rischio di linfedema rispetto alla linfoadenectomia sistematica», ha spiegato la professoressa Giorgia Garganese, associata all’Università Cattolica e responsabile dell’Unità di Chirurgia degli Organi Genitali Esterni Femminili e del Women’s Health Center for Digital and Personalized Medicine.
A questo si affiancano gli approcci mininvasivi, come la laparoscopia e la robotica, che riducono il trauma chirurgico, le tecniche di chirurgia selettiva dei linfonodi patologici, oggi identificabili anche con ecografia intraoperatoria, e le procedure di ricostruzione linfatica immediata, che permettono di prevenire il linfedema e migliorare il decorso post-operatorio.

Chirurgia plastica e supermicrochirurgia: nuove strade per la qualità di vita
Il professor Stefano Gentileschi, associato di Chirurgia Plastica all’Università Cattolica e direttore dell’Unità di Chirurgia Plastica del Gemelli, ha illustrato le potenzialità delle tecniche più avanzate: «Con la microchirurgia e supermicrochirurgia possiamo creare nuovi canali di drenaggio linfatico, ridurre il volume dell’arto, prevenire infezioni ricorrenti e restituire libertà di movimento».
In caso di eccesso di tessuto adiposo o fibroso, la liposuzione mirata consente di alleviare il carico sull’arto. Resta fondamentale una selezione accurata delle pazienti e un percorso integrato di assistenza pre e post-operatoria per garantire risultati duraturi.

Strategie conservative: la terapia di base resta centrale
Il workshop ha evidenziato anche l’importanza dei trattamenti non chirurgici: terapia decongestiva complessa, elasto-compressione, linfodrenaggio manuale, esercizio fisico – in particolare in acqua – restano i pilastri della gestione del linfedema.
Questi approcci vengono oggi potenziati da integratori ad azione antinfiammatoria e drenante e da terapie complementari come pressoterapia, taping, tecarterapia e agopuntura, che contribuiscono a migliorare i sintomi e la qualità di vita.

Nutrizione e prevenzione: un ruolo cruciale
Anche la dieta è parte integrante del percorso terapeutico. Gli esperti hanno ribadito che sovrappeso e obesità sono fattori di rischio significativi. Una dieta ipocalorica e antinfiammatoria, ricca di fibre, alimenti fermentati, omega-3 e polifenoli, può migliorare i sintomi.
Sono in corso studi su strategie innovative come il digiuno intermittente e la dieta chetogenica per ridurre l’infiammazione e modulare il microbiota, con l’obiettivo di favorire la prevenzione e la gestione della malattia.

La voce dei pazienti e l’approccio multidisciplinare
Al centro dell’incontro anche il contributo delle pazienti. Maria Antonietta Salmè, presidente di Resilia ETS, ha ricordato: «Non si tratta solo di gestire una complicanza, ma di riconoscerne l’impatto esistenziale, sviluppando un modello di tutela olistica che integri discipline diverse e sappia dare risposte concrete alle donne».
La professoressa Anna Fagotti, ordinaria all’Università Cattolica e direttrice della Ginecologia Oncologica del Gemelli, ha concluso ribadendo la necessità di un percorso di riferimento dedicato alla cura del linfedema nelle pazienti oncologiche, che integri assistenza clinica, ricerca e formazione.

Monitoraggio e prevenzione: indicazioni internazionali
Il workshop ha accolto l’appello della International Society of Lymphology (ISL) per garantire sorveglianza regolare ai pazienti oncologici, con valutazioni preoperatorie e monitoraggi periodici volti a individuare il linfedema nelle fasi iniziali.
«Incontri come questo – ha affermato Fagotti – dimostrano quanto sia urgente sviluppare centri dedicati e percorsi integrati, perché il linfedema non è solo un effetto collaterale ma una vera sfida di salute pubblica».


L’appuntamento del Gemelli ha mostrato come la combinazione di innovazione tecnologica, strategie conservative, ricerca nutrizionale e ascolto delle pazienti rappresenti la strada per trasformare la gestione del linfedema in un esempio di medicina integrata e personalizzata.

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