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Gaza, fame e sangue: Israele stringe il cerchio sulla città assediata

- di: Bruno Coletta
 
Gaza, fame e sangue: Israele stringe il cerchio sulla città assediata
Gaza City, fame e sangue: Israele stringe il cerchio
Raid su quartieri civili, file spezzate davanti ai forni, appelli ignorati dell’Onu: la conquista di Gaza City rischia di trasformarsi in un disastro umanitario senza precedenti.

Israele prepara l’assalto finale

Il governo israeliano punta a una data simbolica per la presa di Gaza City: il 22 settembre, Rosh Hashanà, il Capodanno ebraico. Secondo quanto trapela a Gerusalemme, l’esecutivo spinge l’Idf ad accelerare l’operazione per trasformarla nello spartiacque tra la fase attuale del conflitto e una presunta “nuova sicurezza”. Gaza City è roccaforte di Hamas e resiste da quasi due anni sotto bombardamenti e incursioni. Nel frattempo si prepara uno sfollamento di massa verso sud, stimato tra 800mila e un milione di civili, ma i numeri effettivi in movimento risultano ancora contenuti.

Evacuazione impossibile

La presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa, Mirjana Spoljaric, avverte: “È impossibile che un’evacuazione di massa possa avvenire in modo sicuro e dignitoso”, ha dichiarato. Per spingere i civili verso sud, Israele ha ridotto i lanci aerei di aiuti e limitato l’ingresso dei camion diretti al nord. Dall’altra parte, Hamas ostacola gli spostamenti, sostenendo che non ci sarebbe spazio e usando di fatto la presenza di civili come barriera. Il risultato è una trappola umanitaria che si stringe, giorno dopo giorno.

Pane e sangue

Nelle ultime 48 ore, la Striscia ha contato decine di vittime sotto i raid. Testimonianze da Gaza riferiscono che alcuni civili sono stati uccisi mentre erano in fila per il pane. Nello stesso arco di tempo, il ministero della Sanità locale segnala morti per malnutrizione, tra cui bambini. I quartieri privi di acqua ed elettricità aumentano e la carenza di cure trasforma ogni ferita in una condanna. La fame non è più un rischio: è già una realtà.

Il bersaglio: Abu Obeida

Un attacco nel quartiere di Rimal ha colpito un edificio con munizionamento di precisione: l’obiettivo era Abu Obeida, portavoce delle Brigate al-Qassam, volto simbolico dell’ala militare di Hamas. La sua sorte resta incerta. Secondo fonti locali, tra le vittime vi sarebbero civili. Già a maggio era stato bersaglio di un’operazione fallita. Il giorno precedente, Abu Obeida aveva avvertito: “I piani per conquistare Gaza City mettono a rischio la vita degli ostaggi e la responsabilità del loro destino ricade sul governo israeliano e sull’Idf”, ha dichiarato.

Tel Aviv divisa, le piazze esplodono

A Tel Aviv migliaia di persone sono scese in strada per chiedere un accordo che riporti a casa i rapiti. Il Forum delle famiglie degli ostaggi accusa l’esecutivo: “È un’ulteriore prova che il governo ricorre alla guerra perpetua sacrificando gli ostaggi”, ha affermato. Intanto indiscrezioni indicano che la questione potrebbe non essere all’ordine del giorno del prossimo gabinetto di sicurezza, nonostante ambienti militari e di intelligence premano per una tregua con rilascio dei prigionieri.

Il giudizio del mondo

L’Onu convoca il Consiglio di Sicurezza mentre il segretario generale António Guterres parla di “pericolosa escalation”, ammonendo sui rischi legali e umanitari. Dal Vaticano arriva un appello contro la punizione collettiva: “Serve un cessate il fuoco immediato e l’accesso senza ostacoli agli aiuti”, ha esortato Papa Francesco. Le organizzazioni umanitarie insistono: usare la fame come leva non è una strategia, è un abisso morale.

Orrore senza vergogna

Gaza City è il punto di rottura di questa guerra: assedio totale, fame come strumento, civili stretti tra fuoco incrociato e retorica della sicurezza. La conquista militare può avvicinarsi; il prezzo umano, però, rischia di restare inciso come uno dei momenti più bui del conflitto. Fermarsi ora non è un gesto di debolezza: è l’unico modo per salvare vite e diritto. 

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