Istat, Rapporto Bes: l’indagine sull’evoluzione del benessere equo e sostenibile negli anni della pandemia

- di: Barbara Leone
 
La pandemia ha profondamente cambiato molti aspetti della vita quotidiana degli individui, delle famiglie, dell’organizzazione della società e del mondo del lavoro determinando nuovi assetti e continui cambiamenti che, di volta in volta, hanno avuto effetti sul piano della salute, dell’istruzione, del lavoro, dell’ambiente e dei servizi e, più in generale, sul benessere degli individui. E’ questo il focus della nona edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) elaborato dall’Istat e presentato in diretta streaming dall’Aula Magna di via Cesare Balbo, a Roma. Il volume fornisce un quadro complessivo dei 12 domini in cui è articolato il benessere analizzati nella loro evoluzione nel corso dei due anni di pandemia: il 2020, anno dello shock dell’emergenza sanitaria, e il 2021, anno della ripresa economica e dell’occupazione, esaminando le differenze tra i vari gruppi di popolazione e tra i territori. L’analisi dei 12 domini (salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico; relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, innovazione, ricerca e creatività, qualità dei servizi) è incentrata sull’andamento più recente, confrontando i due anni di pandemia con il 2019 ed è arricchita dall’osservazione del contesto europeo in cui si evidenzia la posizione dell’Italia nell’andamento della pandemia e della crisi occupazionale che ne è conseguita. Sono questi due aspetti – l’emergenza sanitaria da un lato e la crisi occupazionale dall’altro – ad aver profondamente condizionato gli ultimi due anni, determinando forti ripercussioni sul benessere degli individui.

“Il progetto Bes - scrive il Presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo nella Presentazione - permette di dare risposte puntuali e di insieme alla domanda, semplice e al tempo stesso difficilissima, ‘Come va la vita, in Italia?’. Soprattutto, permette di mettere in luce le aree dove si manifestano diseguaglianze e consente di individuare i gruppi più svantaggiati, indirizzando su solide evidenze la domanda di politiche mirate. Il quadro di insieme - sottolinea Blangiardo - è composito, ed è ancora adombrato dalla pandemia, sia sotto il profilo demografico, con una significativa riduzione della speranza di vita alla nascita nel 2020 a livello nazionale che ha raggiunto punte drammatiche in alcuni territori, sia economico e sia ancora ambientale. Molti divari si sono mantenuti, o addirittura allargati: dalla speranza di vita alla nascita, che recupera in buona parte al Nord nel 2021 ma diminuisce ancora nel Mezzogiorno, alla mortalità evitabile, che resta più elevata in molte regioni del Sud; dalla spesa dei Comuni per la cultura, per la quale il divario territoriale è nettamente a vantaggio del Centro-nord, all’impatto degli incendi boschivi e dell’abusivismo edilizio, più forte nelle regioni meridionali. La pandemia si è tradotta per lo più in arretramenti nel benessere della popolazione femminile: ad esempio, nei livelli di benessere mentale e di occupazione, soprattutto per le madri con figli piccoli. Ma sono stati anche i bambini, gli adolescenti e i giovanissimi a pagare un altissimo tributo alla pandemia e alle restrizioni imposte dalle misure di contrasto ai contagi. Sono loro - aggiunge - a richiedere, oggi e negli anni a venire, la massima attenzione da parte delle politiche, e in tal senso i dati e i corrispondenti indicatori non lasciano dubbi. Le condizioni di benessere psicologico dei ragazzi di 14-19 anni, nel 2021, sono peggiorate. Il punteggio di questa fascia di età (misurato su una scala in centesimi) è sceso a 66,6 per le ragazze (-4,6 punti rispetto al 2020) e 74,1 per i ragazzi (-2,4 punti rispetto al 2020)”.
Tra i dati che emergono dal Rapporto c’è innanzitutto quello che riguarda il tasso di mortalità. L’Italia è il Paese più vecchio d’Europa. Eliminando infatti le differenze fra i Paesi nella struttura per età, il tasso di mortalità scende a 933 decessi ogni 100mila abitanti, contro una media Ue27 di 1.040. Nel 2021 l’eccesso di mortalità segue un andamento analogo al 2020, con un picco tra marzo e maggio e uno da ottobre, ma si tratta di picchi meno pronunciati rispetto al 2020. In Italia la variazione dei tassi standardizzati di mortalità rispetto al 2015-2019 si attesta su valori non trascurabili (+17,9%) ma decisamente più contenuti rispetto a quanto osservato nel 2020. Il quarto picco pandemico si raggiunge a inizio dicembre 2021 (+24,1%), con eccessi di mortalità più pronunciati nei Paesi dell'Est Europa. Un altro aspetto che viene alla luce dal Rapporto Bes Istat è che in Italia la pandemia ha comportato un peggioramento dei livelli occupazionali e un ulteriore aumento della distanza con la media Ue27.

Secondo l’Istat, infatti, con la pandemia nel secondo trimestre del 2020 il tasso di occupazione 20-64 anni ha avuto un brusco calo: in media europea -1,9 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, ma in Italia si arriva a -3 punti percentuali e, ancor di più, in Spagna (-4,5 punti percentuali). Lo svantaggio tra Italia e media Ue27, già massimo rispetto a tutti i paesi prima della pandemia, si amplifica ulteriormente passando da -9 punti percentuali nel quarto trimestre 2019 a -11 punti nella prima metà del 2021. C’è poi un vero e proprio allarme per i neolaureati. “Ai giovani più istruiti e qualificati - dice il Presidente Blangiardo -, l’Italia non offre ancora opportunità adeguate”. E difatti “nonostante le limitazioni alla mobilità imposte durante il primo anno di pandemia, e l’incertezza che ha caratterizzato il 2020, le emigrazioni all’estero dei giovani laureati italiani si sono intensificate rispetto al 2019, in netta controtendenza rispetto ai trasferimenti di residenza della popolazione nel complesso. Le direttrici principali dei flussi di giovani laureati continuano a essere verso l'estero e dal Mezzogiorno al Centro-nord. Il bilancio delle migrazioni dei cittadini italiani 25-39 anni con un titolo di studio di livello universitario si chiude con un saldo dei trasferimenti di residenza da e per l’estero di -14.528 unità. In particolare, il Mezzogiorno, soltanto nel corso del 2020, ha perso 21.782 giovani laureati”.

Un’altra emergenza riguarda i minori in povertà. Il totale dei minori in povertà assoluta nel 2021 è pari a 1 milione e 384mila: l’incidenza si conferma elevata, al 14,2%, stabile rispetto al 2020, ma maggiore di quasi tre punti percentuali rispetto al 2019, quando era pari all'11,4%. Il Nord recupera parzialmente il forte incremento nella povertà assoluta osservato nel primo anno di pandemia, anche se non torna ai livelli osservati nel 2019 (6,8%, 9,3% e 8,2% rispettivamente nel 2019, 2020 e 2021). Nel 2021 nel Mezzogiorno le persone povere sono in crescita di quasi 196mila unità e si confermano incidenze di povertà più elevate e in aumento, arrivando al 12,1% per gli individui (era l’11,1% nel 2020). Infine, il Centro presenta il valore più basso (6,6% nel 2020, 7,3% nel 2021). “Fuori da ogni retorica - scrive ancora il Presidente Blangiardo -, si può dire che le politiche per il benessere dei giovani siano, oggi più che mai, politiche per il benessere del paese tutto intero. Gli interventi da mettere in atto non possono, per definizione, essere emergenziali, ma devono, al contrario, ricostruire le basi strutturali del benessere dei bambini e dei giovani. Accanto a un serio investimento nell’intero sistema scolastico e universitario è certamente indispensabile agire al fine di sostenere e potenziare le reti di servizi territoriali per la cultura, lo sport e il tempo libero da vivere nella dimensione della socialità e della condivisione delle responsabilità civili. E, last but not least, il nodo dell’occupazione, soprattutto delle giovani donne, non è più rinviabile. Le opportunità offerte dal Pnrr per affrontare in modo sistematico questa profonda domanda di cambiamento non hanno precedenti nel recente passato del Paese. Il nostro augurio - conclude il Presidente Istat - è che le politiche rispondano con intelligenza, generosità e sistematicità, rendendo possibile, già dalla prossima edizione del Bes, che gli indicatori sul benessere, soprattutto dei nostri giovani, con i quali abbiamo contratto un debito sociale e morale molto serio, misurino un miglioramento diffuso”.


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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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