Food Industry Monitor 2012: l’alimentare cresce a tassi da record nel 2022 segnando un +12%

- di: Barbara Leone
 
Crescita record del 12% nel 2022 per il settore alimentare italiano, dopo un 2021 comunque positivo, dato che risente principalmente dei fatturati eccellenti realizzati dalle aziende nel periodo post-Covid. Molto positive anche le esportazioni (+16% a valore), superiori alle performance ottenute nel 2021 (+11,7%). E la crescita del settore proseguirà anche nel biennio 2023-2024 con tassi superiori al PIL: per il 2023 si prevede un + 8,4% e per il 2024 un + 5,7%, mentre le esportazioni si attesteranno su una crescita intorno al 10%. Sono questi i principali risultati del Food Industry Monitor (FIM) 2023, realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e da Ceresio Investors e presentato oggi nelle aule dell’Università. “Il settore del food cresce seguendo l’onda lunga dell’economia italiana. Il tema inflazione resta centrale per capire come evolveranno i consumi delle famiglie nella seconda metà del 2023 e nel 2024, in quanto un’erosione significativa del potere d’acquisto comporterebbe un ridimensionamento della crescita”, ha commentato Carmine Garzia, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, docente di Management presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Del resto, come ha sottolineato Alessandro Santini, Head of Corporate & Investment Banking per Ceresio Investors, “l’aumento del costo delle materie prime ha determinato un peggioramento degli indici di redditività: le aziende italiane del comparto si caratterizzano per un certo dinamismo e rapidità di esecuzione, ma sono ancora troppo piccole per fare leva sui volumi di acquisito e per realizzare economie di scala che permetterebbero di ridurre i costi operativi. Il tema della crescita dimensionale rimane pertanto ancora un tema incompleto e da risolvere: incentivare le aggregazioni e spingere la crescita attraverso fusioni e acquisizioni  e quindi andare verso un maggior consolidamento di settore porterebbe ad avere aziende più solide e competitive anche sui mercati internazionali  – mercati in cui dimensione,  maggiore gamma prodotti e solidità finanziaria  sono fondamentali –  e le renderebbe sempre  più attrattive anche per eventuali investitori che potrebbero fare da acceleratore alla crescita”.

Food Industry Monitor 2012: l’alimentare cresce a tassi da record nel 2022 segnando un +12%

Le turbolenze internazionali, l’inflazione e le tensioni sui prezzi delle materie prime hanno avuto un effetto principalmente sulla redditività commerciale (ROS) che fa registrare una lieve riduzione nel 2022, con un valore pari al 4%.  Scende anche la redditività del capitale investito (ROIC) al 6,5% per effetto dell’aumento del capitale investito in scorte di materie prime e semilavorati. Ma per il 2023 si prevede una ripresa del ROIC con valori vicino alla media del periodo, mentre continuerà la pressione sui margini commerciali e quindi sul ROS. Il Food Industry Monitor analizza le performance di un campione di 850 aziende, con un fatturato aggregato di circa 70 miliardi di euro, attive in 15 comparti del settore food. L’osservatorio analizza le performance storiche delle aziende del food dal 2009 al 2022, focalizzandosi sulle seguenti dimensioni: crescita, export, redditività, produttività e struttura finanziaria. Per ogni comparto sono state elaborate le previsioni di crescita del fatturato e dell’export e sull’andamento della redditività relative al biennio 2023-2024. Il trend positivo di breve periodo del settore food beneficerà dell’andamento dell’economia italiana che nel 2023 crescerà ben oltre le attese. Il dato del 2024 potrebbe invece essere influenzato negativamente dall’erosione del potere di acquisto delle famiglie per la corsa dell’inflazione che non sembra rallentare. I comparti farine, surgelati, latte, distillati, salumi e vino saranno interessati, nel 2023, da una crescita dei ricavi a due cifre e performance altrettanto positive al di sopra della media del settore sono previste per pasta e birra. I comparti conserve, del caffè, dell’acqua, dell’olio e dei dolci otterranno buone performance di crescita, seppure di entità minore e al di sotto della media del settore.

Per l’edizione 2023 del Food Industry Monitor è stato condotta uno studio unico nel panorama italiano che ha permesso di identificare le start-up operanti nel settore food e analizzarne le caratteristiche distintive dei modelli di business e le performance. L’analisi si è focalizzata su un campione di 3.367 imprese create negli ultimi i 10 anni (dal 2012 al 2021) nei diversi comparti del food e suddivise in tre gruppi, in base alla tipologia di struttura proprietaria: start-up indipendenti, ovvero aziende di nuova costituzione fondate da imprenditori/ imprenditrici (83% del campione); start-up supportate da partner industriale, ovvero aziende di nuova costituzione, controllate o partecipate da investitori industriali, ovvero società già operanti nel settore food o in settori affini (15% del campione); start-up supportate da investitore, quindi aziende di nuova costituzione, supportate da fondi di private equity o altri investitori istituzionali (2% del campione). L’età media degli imprenditori e delle imprenditrici che hanno fondato le aziende è piuttosto elevata (48 anni circa), in particolare il 43,4% delle aziende è stato fondato dalla generazione dei baby boomer (nati tra il 1965 e il 1979). L’incidenza di imprenditrici sul totale dei/delle fondatori/fondatrici varia a seconda del tipo di start-up: le donne rappresentano il 31,5% nelle start-up indipendenti, il 16,9% nel caso delle start-up industriali e solo l’11,9% nelle start-up supportate da investitore finanziario. In termini di presenza nei CdA, il gender gap resta significativo con solo il 22,8% del totale degli amministratori e amministratrici di sesso femminile, si tratta di un dato leggermente migliore rispetto alla presenza delle donne nei CdA delle aziende del food (intero campione del Food Industry Monitor) che si attesta al 21,7%. Dal punto di vista delle dimensioni (in termini di ricavi) si rileva che  il 79% delle aziende del campione ha ricavi inferiori al milione di euro, il 17% tra 1 milione e i 5 milioni e solo il 4% ha ricavi superiori a 5 milioni di euro. Le aziende indipendenti sono prevalentemente di piccole dimensioni, con un fatturato medio di 1 milione di euro, contro gli oltre 4 milioni delle aziende con investitore industriale e i 2 milioni di quelle supportate da investitore finanziario.

Dal confronto tra le performance del campione start-up e dell’intero settore food (le aziende mappate dal FIM) emergono per le prime migliori performance di crescita (CAGR 2015-2022) pari al 24%. La situazione si inverte se si considera la redditività commerciale media (2015-2021), parametro sul quale le aziende del food si posizionano nettamente meglio rispetto alle start-up. Relativamente alla ricerca e sviluppo, nei 10 anni analizzati le aziende del campione hanno depositato 316 brevetti. Le start-up più attive su questo fronte sono quelle industriali che rappresentano il 59% d tutti i brevetti. Infine, le performance di crescita pluriennali (CAGR 2015 – 2021) sono leggermente più positivo per le aziende con alle spalle investitori istituzionali, seguite dalle aziende indipendenti e dalle aziende supportate da partner industriali.  “Dobbiamo guardare alle nuove imprese con grade interesse perché da loro verrà la linfa vitale che andrà ad alimentare lo sviluppo del settore nel prossimo futuro. Le nuove imprese non sono solo un motore della crescita, ma anche un agente di cambiamento e di rinnovamento sei modelli di business. La nostra ricerca evidenzia come le grandi aziende siano sempre più aperte ad alleanze strategiche con le start-up nelle quali investono rilevanti risorse economiche”, ha evidenziato in conclusione Gabriele Corte, direttore generale di Banca del Ceresio.

Alla ottava edizione del Food Industry Monitor hanno partecipato: Chiara Bardini, General Manager, Agrimontana; Graziano Stasi, Strategy and Business Development Manager, Casillo Next Generation Food; Alessandra Costa, Founder, Sfusobuono; Massimo Centonze, Ceo Itp; Giacomo Fanin, Business Development Manager Cereal Docks; Antoine Leccia, Presidente, Advini; Maria Petruzzi, Founder, Nannò Food; Alessandro Santini, Head of Corporate and Investment Banking, Ceresio Investors; Carla Sora, General Manager, Agroittica Lombarda-Calvisius e Matteo Vanotti, Ceo XFarm. Le conclusioni del convegno sono state affidate, come di consueto, a Carlo Petrini, fondatore Slow Food International e presidente dell’Università di Scienze Gastronomiche.

Ceresio Investors rappresenta il gruppo bancario svizzero che fa capo a Banca del Ceresio, specializzato nella gestione di patrimoni, nella custodia titoli, nel Corporate & Investment Banking e nel consolidamento fiscale e patrimoniale, e fondato nel 1919 a Milano da Antonio Foglia. La terza generazione della famiglia Foglia è attiva oggi a Lugano attraverso la capogruppo Banca del Ceresio, a Milano tramite Ceresio SIM, Global Selection SGR e Eurofinleading Fiduciaria; a Londra con Belgrave Capital Management. La solidità patrimoniale (Leverage ratio semplificato 19.7%), la reputazione nella gestione (oltre CHF 8.5 miliardi di attivi in gestione) e la logica del co-investimento tra proprietà e clientela rappresentano da sempre i suoi principali elementi distintivi. Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, fondata nel 2004 su iniziativa di Slow Food, l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo è un ateneo non statale e legalmente riconosciuto dallo Stato italiano, nato per dare dignità accademica alla gastronomia e promuovere un modello interdisciplinare di studio del cibo. Istituzione dinamica e di impronta fortemente internazionale, l’Unisg ha visto nella sua ultradecennale attività la presenza di oltre 3.200 studenti da oltre 97 Paesi. L’ateneo forma gastronomi con competenze professionali, capaci di indirizzare la produzione, la distribuzione e il consumo di cibo in modo sostenibile.

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