Dopo mesi di stallo e bombardamenti quotidiani, si apre uno spiraglio di tregua nella guerra a Gaza. Hamas ha fatto sapere di essere disposta a valutare positivamente la proposta annunciata dal presidente, che prevede un cessate il fuoco di 60 giorni. Il piano, che ha ricevuto l’approvazione preliminare da parte di Israele, è stato elaborato con la mediazione congiunta di Qatar ed Egitto, e verrà discusso nei prossimi giorni al Cairo.
Gaza, spiragli di tregua: Hamas apre al piano annunciato da Trump
La delegazione del movimento palestinese, secondo fonti vicine al dossier, avrebbe già ricevuto le garanzie minime per considerare il negoziato “serio e potenzialmente fruttuoso”, a condizione che non si tratti di una tregua fine a sé stessa, ma di un primo passo verso la fine delle ostilità.
Trump: “Israele ha detto sì, ora Hamas faccia la sua parte”
Il presidente ha annunciato con enfasi l’avanzamento del piano di pace nel Medio Oriente, dichiarando che Israele ha formalmente accettato la proposta: “Ora tocca ad Hamas fare la sua parte per riportare il silenzio e costruire un futuro di stabilità”. Durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, ha sottolineato che “questo è il momento giusto per agire” e ha ringraziato gli alleati regionali per il ruolo svolto. Non è la prima volta che il presidente interviene personalmente sulla crisi mediorientale, ma l’ampiezza della sua azione diplomatica stavolta ha sorpreso anche gli osservatori più esperti, che vedono nel dossier israelo-palestinese uno snodo decisivo della sua politica estera.
Tajani moltiplica i contatti: “Massima pressione per il cessate il fuoco”
Nel quadro diplomatico, si inserisce anche il dinamismo italiano. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha avviato un giro di telefonate con i principali attori della crisi. Ha parlato con l’omologa canadese Melanie Joly, che detiene la presidenza di turno del G7, con il primo ministro del Qatar Al-Thani e con Sameh Shoukry, ministro degli Esteri egiziano. “L’Italia sostiene ogni iniziativa che possa portare al cessate il fuoco e al rilascio degli ostaggi”, ha dichiarato Tajani. “La pace in Medio Oriente è nell’interesse del mondo intero, e la diplomazia non può permettersi un altro fallimento”.
Israele: “Non sprechiamo questa occasione per gli ostaggi”
Dal lato israeliano, il tono è più cauto ma pragmatico. Il ministro degli Esteri Gideon Saar ha definito il momento “cruciale”, invitando tutte le parti a non sprecare un’occasione che potrebbe aprire a una svolta. “Ogni ostaggio liberato sarà una vittoria per l’umanità”, ha affermato, sottolineando la disponibilità del governo Netanyahu a sospendere le operazioni militari in cambio di risultati concreti. L’intelligence israeliana, però, continua a monitorare con attenzione i movimenti delle milizie di Hamas, per evitare che una tregua venga sfruttata per il riarmo o la riorganizzazione logistica. Nella Striscia, intanto, la popolazione resta in attesa, stretta tra le rovine e la speranza.
Il nodo politico interno a Hamas
Nonostante la disponibilità espressa dai vertici del movimento, la base più radicale di Hamas appare ancora divisa. Alcuni comandanti locali temono che accettare una tregua possa essere percepito come un segnale di debolezza. Tuttavia, la pressione della popolazione civile, stremata da mesi di guerra, fame e blackout, comincia a incidere anche sugli equilibri interni del gruppo. Il Cairo, che ospiterà i colloqui, si prepara a mediare su tre fronti: la sospensione delle armi, l’apertura umanitaria dei varchi e l’avvio di un negoziato politico a più ampio raggio, che includa anche la prospettiva di un nuovo assetto per Gaza.