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Gruppo Cap: "Finanza ESG e settore idrico: necessario crescere con gli investimenti"

- di: Daniele Minuti
 
Gruppo Cap: 'Finanza ESG e settore idrico: necessario crescere con gli investimenti'
È stata presentata "Relazione tra investitori e settore idrico: un buco nell’acqua?", ricerca promossa da Gruppo CAP in collaborazione con ETicaNews (testata giornalistica sviluppata all’interno di ET.Group, ESG Knowledge Company, e la collaborazione di Assolombarda) da cui sono emerse riflessioni importanti sul rapporto fra settore e investitori.

Gruppo Cap presenta lo studio "Relazione tra investitori e settore idrico: un buco nell’acqua?"

La riflessione più importante è quella relativa all'importanza di investimenti dal mondo della finanza ESG, che lo trova ancora poco "attrattivo" per via di troppa frammentazione del mercato ed eccessiva burocrazia o complessità territoriale. Come spiegato dalla nota ufficiale, la ricerca "ha coinvolto circa 40 soggetti selezionati, all’interno di un panel eterogeneo composto da asset manager, asset owner, banche e think tank. La seconda parte “qualitativa” riunisce interviste di approfondimento a 9 tra i maggiori soggetti finanziari operanti sul territorio (banche, asset management e fondi pensione). Ciò che emerge è inequivocabile: nello scenario delineato dal PNRR, con l’impulso ai fondi destinati alle opere ESG (Environmental, Social e Governance), gli investitori chiedono progetti di carattere infrastrutturale che soddisfino specifici requisiti, criteri di sostenibilità di carattere finanziario e reddituale e un ammodernamento sia in termini regolatori sia in termini industriali. Si tratta, spiega il documento, di produrre progetti in grado di attrarre investimenti per far fronte alle sfide del cambiamento climatico e della transizione energetica, sfruttando al meglio le grandi potenzialità delle risorse allocate dal PNRR e coinvolgere gli operatori del settore finanziario in un grande piano di ammodernamento ed efficientamento".

Dallo studio si nota un gap ancora ampio fra finanza e settore idrico per via dei motivi sopracitati ma l'interesse e la volontà di effettuare investimenti è viva, grazie anche al PNRR e alle risorse che vengono riservate al campo idrico (4,38 miliardi di euro) con i campi più interessanti individuati nella ridduzione delle perdite idriche e il potenziamento dei sistemi di depurazione delle acque reflue.

Lo studio chiarisce: "Due sono le esigenze necessarie: progetti di carattere infrastrutturale che soddisfino specifici requisiti ESG e criteri di sostenibilità di carattere finanziario e reddituale, a cominciare dalla capacità di comunicare efficacemente dati contabili e presentare business plan chiari e attraenti. Altri elementi di interesse sono lo sviluppo di progetti che siano attivi su trend di lungo periodo (carenza idrica, inquinamento, cambiamenti climatici, urbanizzazione, invecchiamento delle infrastrutture e incremento di consumo idrico). La ricerca ha individuato anche gli elementi che possono andare a colmare la distanza che attualmente separa il mondo della finanza e quello delle aziende del sistema idrico. Il primo e più importante elemento è senza dubbio la spinta che arriverà dal PNRR, che rappresenterà un importante volano per favorire la crescita d’investimenti pubblico-privati. Il secondo elemento essenziale deve essere il rafforzamento dell’engagement, ovvero favorire la conoscenza sia sul fronte identitario che progettuale tra soggetti finanziari e operatori del settore. A questi due temi principali si aggiungono ovviamente la vicinanza dei progetti destinatari degli investimenti ai temi ambientali e la costituzione di team ad hoc all’interno dei finanziari per monitorare il settore idrico. Sul fronte degli strumenti finanziari, per attrarre gli investitori privati è essenziale da parte degli operatori e delle utility la differenziazione delle fonti di finanziamento rispetto alla predominanza del solo canale bancario".

Alessandro Russopresidente e amministratore delegato di Gruppo CAP, ha commentato: "Di infrastrutture idriche e del loro rilievo strategico si è parlato a lungo durante la COP 26 di Glasgow e durante il G20 di Roma, ma nella realtà manca un vero dialogo tra finanza e mondo dell’idrico per sviluppare piani ambiziosi e quanto mai urgenti. Senza dubbio il settore idrico si presenta frammentato in modo ancora eccessivo, e a volte la governance dei soggetti che vi operano presenta instabilità o dipendenza da logiche non prettamente industriali. In un contesto in cui il PNRR promette di dare una spinta al rilancio del Paese, le infrastrutture e le aziende più evolute del settore rappresentano a livello internazionale uno dei poli di attrazione più forti. In questo senso, il mondo della finanza dovrebbe guardare con maggiore interesse alle opportunità che questo settore offre, soprattutto ora. Oggi, infatti, siamo arrivati al punto in cui ha senso dire ”ora o mai più!” perché se è vero che fino a qualche anno fa era pensabile trovare soluzioni di governance e gestionali per un operatore del servizio idrico integrato inefficiente e aiutarlo a ritrovare la strada, oggi non è più così. La complessità del mercato, il know how e il tasso di tecnologie e capitali necessari a una gestione industriale del servizio, fa sì che oggi il recuperare le posizioni perse sia pressoché impossibile. Oggi assenza di approccio industriale, carenza di investimenti e frammentazione, aprono le porte a un drammatico “water divide” difficile da colmare. È per questo che sono convinto che il PNRR possa rappresentare un’occasione irripetibile, ma solo a patto che si superino quelle distanze tra finanza e mercato idrico che la ricerca mette bene in luce".

"Servono infrastrutture e servono investimenti subito" - prosegue Russo - "una parte del nostro Paese ha una situazione inaccettabile in cui non si riesce a garantire la continuità del servizio di acqua potabile. Ed è inutile dire che per fare gli investimenti occorrono capitali; e se dal lato dell’equity il percorso mi pare ancora davvero in salita, dal lato del debito invece ci sono tante cose che si possono mettere in campo e su questo le utility dovrebbero approcciare in modo più maturo e, per dir così, laico il mercato. Certo, serve anche un impegno chiaro del legislatore e del regolatore: se è vero che la regolazione quando viene applicata porta a buoni risultati, il problema è che se non si applica nessuno sanziona. La legge Galli ha più di 20 anni, la regolazione come la conosciamo oggi quasi dieci, ma sono in larga parte inapplicate e, nei fatti, non ci sono sanzioni che spingano i recalcitranti ad adeguarsi. Infine, un compito a casa, per dire così, lo ha anche il mondo della finanza che ancora oggi appare faticare a comprendere il mercato idrico e le sue potenzialità. Un deficit di conoscenza che, se colmato, farebbe comprendere agli investitori le enormi potenzialità del servizio idrico integrato in chiave ESG. Garantire che dalla gestione del ciclo idrico si ricavi e si produca energia, fertilizzanti e altri prodotti da reimmettere nel sistema economico è una delle sfide che la maggior parte degli operatori del Servizio Idrico Integrato sta affrontando negli ultimi anni. In questo quadro le utility tutte, e quelle dell’idrico in particolare, possono diventare abilitatori all’economia circolare e pivot su cui costruire partnership fruttuose con l’intera filiera industriale del nostro Paese".
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