Dopo settimane di stallo, un primo segnale positivo potrebbe arrivare da Gaza. Secondo quanto riportato dal canale Al-Aqsa, organo vicino ad Hamas, l’organizzazione islamista avrebbe inviato al Qatar una risposta favorevole alla nuova proposta di tregua mediata con il sostegno internazionale. Al momento non vi è stata alcuna conferma ufficiale né da parte di Hamas né da parte delle autorità qatarine o egiziane. Nessun dettaglio è trapelato sulle eventuali condizioni poste, né su eventuali concessioni fatte da Israele o richieste specifiche per la liberazione degli ostaggi ancora in mano al gruppo. Tuttavia, il fatto stesso che una comunicazione sia stata inviata e definita “positiva” viene considerato un segnale significativo dagli osservatori regionali.
Hamas invia risposta positiva alla tregua: Netanyahu riunisce il gabinetto, Trump promette un accordo
Non si è fatta attendere la risposta del governo israeliano. Il premier Benjamin Netanyahu ha convocato d’urgenza il gabinetto ristretto per la sicurezza, un organismo ristretto ma cruciale che riunisce i ministri più vicini al dossier militare. Sul tavolo non solo la possibile risposta di Israele alla proposta di tregua, ma anche i margini di trattativa da concedere in caso di apertura reale. Negli ambienti governativi si respira prudenza. Le precedenti esperienze con negoziati simili hanno spesso mostrato che una “risposta positiva” non sempre si traduce in un accordo operativo. Ciononostante, fonti interne riferiscono che si tratti della prima volta, da mesi, in cui si intravede una via di uscita dal conflitto con una forma concreta.
Trump rilancia dall’America: “Concluderemo l’accordo”
A Washington, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha voluto intervenire personalmente sulla vicenda. Durante un incontro alla Casa Bianca con Idan Alexander, uno degli ostaggi israeliani recentemente liberati, ha affermato con tono determinato: “Concluderemo l’accordo”. L’uso della prima persona plurale da parte di Trump è significativo, e rivela come l’Amministrazione americana intenda giocare un ruolo di primo piano nella fase decisiva del negoziato. Gli Stati Uniti hanno appoggiato con forza la nuova bozza, convinti che le pressioni esercitate in contemporanea su Hamas, Israele, Egitto e Qatar possano produrre risultati prima dell’estate.
La questione degli ostaggi resta centrale
In tutto il negoziato, il nodo principale rimane quello degli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza. Hamas continua a utilizzarli come leva negoziale, chiedendo in cambio la liberazione di prigionieri palestinesi detenuti in Israele, la cessazione delle operazioni militari aeree e un allentamento del blocco economico. L’opinione pubblica israeliana è divisa: da una parte c’è il desiderio profondo di riportare a casa i propri concittadini, dall’altra la paura che un accordo troppo sbilanciato possa rafforzare Hamas o indebolire la posizione israeliana nella regione. Netanyahu, stretto tra le pressioni della sua base e quelle della comunità internazionale, cerca un equilibrio difficile da mantenere.
La comunità internazionale osserva e spera in una svolta
Le Nazioni Unite, l’Unione Europea e numerosi Paesi arabi guardano con attenzione agli sviluppi. Un’eventuale tregua, anche solo temporanea, permetterebbe l’accesso umanitario a Gaza, il rifornimento di medicinali e generi alimentari e il ripristino di alcune infrastrutture fondamentali. L’Egitto ha già fatto sapere di essere pronto ad aprire i suoi valichi per agevolare i soccorsi, mentre il Qatar continua a muoversi come mediatore chiave, seppure dietro le quinte. La posta in gioco non è solo umanitaria, ma anche politica: un successo nella mediazione rafforzerebbe la posizione del Qatar e rilancerebbe il ruolo degli Stati Uniti nel Mediterraneo allargato.
Verso una tregua duratura o solo un’altra pausa fragile?
Resta da capire se la “risposta positiva” rappresenti davvero un punto di svolta o solo un altro passaggio intermedio in una trattativa già più volte arenata. Molto dipenderà dalla capacità delle parti di reggere al peso delle reciproche concessioni e dalla volontà politica dei loro leader. Il fatto che Trump, Netanyahu e i vertici di Hamas siano tutti coinvolti direttamente alza il livello dello scontro ma, potenzialmente, anche le possibilità di una risoluzione vera. L’attesa ora è per le prossime ore: da Gaza, Gerusalemme e Washington potrebbe arrivare la prima tregua concreta dopo mesi di sangue.