Conad, l'ad Francesco Pugliese: "Ripensare gli esercizi di prossimità"

 
Presidente Pugliese, cosa hanno cambiato e cosa cambieranno nel breve e nel medio periodo gli effetti dell’emergenza sanitaria da Covid-19 per il mondo della Distribuzione moderna, anche alla luce di quanto emerso dall’ottimo Rapporto 2020 di The European House – Ambrosetti sul Food&Beverage, presentato in un importante evento di Ambrosetti Club al quale lei ha partecipato come relatore? C’è, in questa ferita inferta dal Covid-19, anche una feritoia - o più feritoie - per un balzo della Distribuzione moderna italiana in chiave di maggiore innovazione, maggiore sostenibilità, maggiori performance?
"Io non parlerei di “balzo”; ciò che è accaduto è che certi fenomeni che erano già presenti nel mercato hanno subito delle accelerazioni, degli strappi, soprattutto in termini di tendenze nell’utilizzo dei canali di vendita e del peso degli stessi all’interno del mercato distributivo. Ad esempio, il supermercato di prossimità come format di vendita, stava già vivendo una rinascita in seguito ad una maggiore attenzione riconosciutogli dalle persone; e la distribuzione rispondeva a questo fenomeno in termini di ammodernamento, di trasformazione. La situazione contingente e la costrizione conseguente che si è determinata per i cittadini ha poi innescato una modifica nel peso dei canali di vendita, sia tra online e offline, sia nel fatturato generato tra piccoli negozi, medie strutture e grandi superfici. Uno degli effetti più interessanti derivanti dal lockdown è rappresentato dalla contrazione in termini di vendite dei punti di vendita più alto-performanti, ovvero connotati da una produttività al metro quadro più elevata rispetto al mercato. È, se ci si riflette bene, un fenomeno scontato in quanto essendo realtà che disponevano di maggiore affluenza, con le costrizioni anti-affollamento hanno subito una riduzione del traffico all’interno del punto di vendita, pur in presenza di una crescita del valore dello scontrino medio. Questo fenomeno però è momentaneo e ragionevolmente si ri-assesterà già nel breve-medio periodo: già oggi, con un rallentamento delle restrizioni per le persone, il traffico nei punti di vendita si sta riequilibrando ed il fenomeno delle code risulta meno presente in ragione di una maggiore presenza dei clienti che effettuano la spesa ad orari differenti. Molti sostengono che domani la vita cambierà radicalmente, anche se io non lo credo. Al contrario, ritengo che ciò che già stavamo vivendo e ciò che si poteva prevedere ha ricevuto solo una rilevante accelerazione. Consideriamo, ad esempio, il contesto dell’online, e la quota detenuta da quest’ultimo nel largo consumo. In questo periodo, l’online ha raggiunto il 5%, con una domanda potenziale che nessuno riusciva a soddisfare".

Come è andata per Conad nella fase acuta dell’emergenza sanitaria, in particolare nel lockdow, durante il quale la spesa per consumi dei beni alimentari è aumentata ma si sono dovute affrontare numerose difficoltà in termini di adeguamento dell’offerta a tipologia di domanda nuove, di smagliature in non poche supply chains, di riorganizzazione complessiva del lavoro? Come, in altre parole, ha reagito il mondo Conad?
"La necessità iniziale di contenere gli affollamenti aveva completamente stravolto la ripartizione dei giorni della settimana e degliorari all’interno di ogni giornata. Il sabato e la domenica non funzionavano più in passato, mentre le fasce orarie con la maggiore concentrazione di clienti erano quelle tra le 12.00 e le 15.00. Tutto il sistema della logistica e dei trasporti non ha mai smesso di funzionare. Mi lasci quindi ringraziare gli oltre 57 mila addetti dei nostri 3.207 punti vendita di ogni regione e provincia, i nostri 2.290 soci e ogni persona che ha lavorato nei nostri 52 centri logistici. Grazie a loro 9 milioni di famiglie hanno sempre avuto accesso ai prodotti indispensabili a superare questa grave emergenza sanitaria".

A livello di consumi, l’impatto del Covid-19 si è inserito in un contesto nazionale in cui la spesa per consumi finali di alimentari e bevande si presentava nel 2019 in lieve crescita rispetto all’anno precedente (+0,6%), ma caratterizzata da un trend di variazione piatto nel lungo periodo, con una leggera ripresa dalla fase depressiva che ha caratterizzato l’Italia dal 2012 in poi, senza essere mai riuscita a riassestarsi ai valori precedenti. Dal Rapporto Ambrosetti arriva forte la richiesta di promuovere strumenti di incentivo ai consumi e di supporto al reddito delle famiglie italiane, perché secondo le stime la situazione di crisi attuale ridurrà i ricavi del settore della Distribuzione (alimentare e non alimentare) dal 20,5% al 28,2% nei diversi scenari ipotizzati. Cosa si potrebbe fare concretamente?
"Siamo preoccupati per il rischio di una impennata del tasso di disoccupazione. Senza lavoro non c’è reddito e non ci posso essere consumi. Ecco perché noi crediamo che, oltre agli ormai indifferibili interventi di riduzione della burocrazia e del carico fiscale, sia importante spendere soldi per dare energia alle filiere produttive. Io penso alle grandi opere seguendo lo spunto del nuovo ponte di Genova, all’edilizia scolastica, agli interventi per ripristinare la sicurezza dei territori a grave rischio idrogeologico. Poi penso anche alle filiere dell’automotive: in Italia siamo leader nella produzione di componenti per la produzione di auto e quindi penso che sia il momento di finanziare un progetto di rottamazione. In Italia abbiamo un parco auto molto vecchio: incentiviamo l’acquisto di auto Euro 5 e 6 e contribuiamo così alla ripresa del settore e alla riduzione della CO2".

Se già in precedenza l’attenzione alla propria salute era centrale nell’orientare le scelte di acquisto dei consumatori, l’avvento del Covid-19 ha aumentato ancora di più la preoccupazione delle persone nei confronti della propria salute e sicurezza. Quale a suo parere le conseguenze sulla domanda per la Distribuzione moderna nel prossimo futuro e quale deve essere la risposta? Come affronta Conad questa maggiore sensibilità su salute e sicurezza? Quali altri segnali vi stanno giungendo dai consumatori?
"Cresce la richiesta di prodotti freschi e freschissimi, di verdure e frutta; crescer anche la domanda di alimenti di nicchia come quelli biologici. Per soddisfare questa domanda stiamo ripensando il layout dei nostri punti vendita, per rendere più agevole l’acquisto di questi prodotti".

Sempre dal Rapporto 2020 di Ambrosetti sul Food&Beverage emerge che, tra le leve strategiche per la ripartenza, le imprese di questo ampio e variegato settore individuano nella digitalizzazione la principale priorità di breve periodo, ma che il reale punto di attenzione a lungo termine sarà la sostenibilità, attraverso strategie come l’attuazione dimodelli di economia circolare, la tutela della biodiversità e la promozione del benessere animale. Questo complessivamente per il settore ‘Food&Beverage’. Vale anche per il comparto della Distribuzione moderna?
"Noi siamo per una sostenibilità concreta, che investa la sfera ambientale, economica e sociale del nostro agire. Per questo abbiamo già avviato 19 progetti di sosteniblità, ognuno dei quali ha un
obiettivo concreto da raggiungere nell’ambito della comunità in cui si svolge. Abbiamo anche progetti di respiro nazionale. L’economia circolare è un punto di arrivo al quale lavoriamo insieme alle istituzioni: prima di fare proclami, però, noi preferiamo costruire le condizioni in cui si possa realizzare l’economia circolare".

Durante il lockdown c’è stata ovviamente un’impennata dell’e-commerce a ogni livello della filiera distributiva. Molti operatori hanno dovuto riorganizzarsi per gestire al meglio le richieste, senza essere comunque in grado di rispondere al 100% alla domanda di mercato. Si parla della necessità di elaborazione un modello dinamico e integrato, in cui touchpoint fisici e digitali si alternino per ottimizzare il customer journey del consumatore. Qual è il suo punto di vista?
"Se mi aveste chiesto un parere a dicembre 2019, avrei affermato che l’on line avrebbe raggiunto il 5% di fatturato solo tra 5 o 10 anni, mentre ora ritengo che, dopo l’emergenza, questa quota si stabilizzerà già entro i prossimi 3 anni. Tenga conto che nelle settimane di marzo, contro una media precedente di 9.000 spese al giorno, abbiamo risposto con consegne giornaliere pari a 90.000; era impensabile fare di più e quanto è stato realizzato è incredibile pur in presenza di costi molto elevati. Occorre però rilevare che non far pagare il servizio dell’e-commerce all’acquirente ha inciso in maniera devastante sui conti economici delle imprese. E’, infatti, inconcepibile premiare il 5% dei clienti a discapito del 95% che frequenta il negozio, e questo vale per ogni tipo di spesa fuori dal negozio, che sia click-and-collect o consegna a domicilio. Un conto è rispondere temporaneamente ad un’esigenza di carattere sociale, un altro è pensare strutturalmente in questi termini allo sviluppo del canale online nel lungo periodo. Almeno per quanto ci riguarda, noi abbiamo aperto un cantiere di lavoro su cui ci concentreremo nel prossimo periodo: individuare le migliori modalità per operare nell’e-commerce con l’obiettivo di contenere i costi – che devono essere i più bassi possibile– attraverso un riconoscimento del servizio differenziato per il cliente".

I dati dicono che, a livello di format distributivi, nell’emergenza sanitaria da Covid-19 si è accentuata la crisi delle grandi superfici e i consumatori sono tornati a prediligere i piccoli esercizi di prossimità. Lei in un tweet ha scritto: “La prossimità deve essere ripensata e ridisegnata, vanno ripensati i negozi. Anche le grandi superfici dovranno diminuire, si dovrà lavorare più sull’alimentare che sull’extra-alimentare, che è già nelle gallerie commerciali”. Può entrare più nel dettaglio?
"Essere diventati, alla fine dell’anno scorso i leader di mercato, superando la storica posizione di Coop è rilevante, ma non sufficiente. Conad sta affrontando un percorso di cambiamento che si basa su due fattori: 1. il ridisegno di tutte le grandi strutture, che non scompariranno, ma che devono essere aggiornate. Ricordiamo che già negli anni ’90, l’arrivo dei discount non ha determinato la scomparsa degli altri format: tutto dipende da come i canali si difenderanno. La decisione che abbiamo preso è rivedere tutta l’offerta all’interno del punto vendita nella prospettiva di offrire oltre ai prodotti fisici un punto di riferimento e sostegno per tutti i bisogni delle famiglie. 2. l’utilizzo dell’online per la creazione di piattaforme che forniscano tutti i servizi necessari alle famiglie – viaggi, assicurazioni, servizi finanziari, servizi postali, etc. – con un’offerta economicamente competitiva e ritagliata sui loro specifici bisogni. Disponiamo di tante informazioni su queste famiglie: ciò che ci permette di comprendere i loro bisogni e creare negozi in linea con le loro attese e servizi profilati. La creazione di un marketplace con più operatori specializzati all’interno può essere poi ulteriormente arricchita dalla presenza di punti di ascolto fisici all’interno delle grandi strutture, utilizzando un’ibridazione tra le dimensioni fisica e quella virtuale con l’obiettivo di offrire al cliente sempre maggiore valore".

Conad, nella classifica dei principali retailer mondiali redatta ogni anno dallo studio “Global Powers of Retailing”, è il primo dei tre operatori italiani tra i top-150 a livello mondiale. Però, appunto, i retailer italiani in questa classifica sono solo tre. C’è, quindi, nella Distribuzione moderna italiana, un problema dimensionale, con un’eccessiva frammentazione rispetto ai principali competitor di mercato che penalizza la competitività dei retailer italiani propria nei mercati globali. Qual è il suo punto di vista?
"L’internazionalizzazione per Conad, impresa fortemente radicata nel territorio, è complicata. Per dare una risposta alla domanda bisogna parlare ancora una volta di politica.Negli anni Ottanta, Mitterrand ha interpretato il rilancio dell’economia francese nell’agroalimentare spingendo la GDO francese a diventare il veicolo di esportazione per i prodotti nazionali, con una serie di interventi e di facilitazioni che hanno condotto Auchan, Carrefour e altre insegne ad operare fuori dalla Francia. Anche l’Italia in quegli stessi anni aveva la stessa opportunità, che, tuttavia, non è stata colta. Conad e Coop erano allora di piccole dimensioni, Esselunga disponeva di pochi negozi presenti solo in alcune province. Allora i leader erano Standa – che apparteneva alla famiglia Berlusconi -, GS – che prima era dello Stato, poi della famiglia Benetton e, infine, di Carrefour, e Gruppo Sma-Rinascente IFIL. Sono stati questi attori a decidere di utilizzare il cash flow, che
allora era consistente per alimentare investimenti diversificati in ambito finanziario, mentre in Francia questa stessa capacità venne dirottata dentro il business della distribuzione ai fini della sua evoluzione e favorendo così l’internazionalizzazione. Questo gap non lo si può colmare ora, senza prima cambiare le regole italiane. Noi, ad esempio, siamo fortemente limitati nella crescita dalle regole dell’Antitrust nazionale: abbiamo dovuto vendere molti negozi ex Auchan ad altri operatori su richiesta dell’autorità per la concorrenza".

Pur essendo l’export aumentato in modo importante negli anni scorsi, anche nel 2019 la bilancia commerciale italiana nel comparto agroalimentare ha registrato nel complesso un deficit di -879 milioni di euro. In un altro tweet lei ha scritto: “Noi di Conad siamo partiti tanti anni fa a usare prodotti e ingredienti italiani nelle Mdd (Marca del distributore, ndr). È una scelta legata al nostro essere, siamo convinti che ci sta vicino ha dei dipendenti che fanno la spesa. Se io tengo in vita quelle imprese, stiamo bene tutti”. Come avviare politiche di tutela e supporto delle filiere italiane?
"Secondo gli ultimi dati, la nostra marca commerciale ha raggiunto una quota del 33% sulle vendite totali, con un’ulteriore crescita di 2 punti percentuali durante il periodo del Covid. Ad inizio maggio, Nielsen ha prodotto un report secondo cui Conad è il brand che manifesta la maggiore crescita a livello italiano, non solo in percentuale, ma in fatturato assoluto, distaccando tutte le altre
marche. Già da tempo risultiamo leader di mercato nell’offerta di prodotti freschissimi – ortofrutta, carne, salumi e latticini. Questi fattori contribuiscono in maniera sostanziale all’identità e alla reputazione dell’insegna, oltre che a porre una difesa alla crescita del canale online: il fresco appare, infatti, difficile da trattare in quanto il cliente richiede di vederlo e/o a toccarlo, a differenza dei prodotti confezionati. Per avere prodotti freschi e freschissimi di alta qualità e al giusto prezzo è fondamentale il rapporto con le filiere di produzione. Noi abbiamo 6.000 fornitori dai territori di piccole e piccolissime dimensioni, a cui compriamo i prodotti ma non sopra un terzo della loro produzione, per non renderli dipendenti. Li trattiamo con rispetto e se possibile contribuiamo alla loro crescita e loro ci garantiscono prodotti di alta qualità. Così difendiamo il lavoro e i territori italiani. Per noi la sostenibilità è ambientale, economica e sociale".

Nel 2019 Conad ha raggiunto la leadership di mercato, marcando una quota del 13,8%. Siete il retailer che è cresciuto maggiormente. Quali sono i fondamentali di questa crescita,avvenuta peraltro in un contesto economico nazionale non facile?
"Il nostro modello è particolare: il centro della nostra attività è, da una parte il cliente finale, e, dall’altra, il socio-imprenditore che opera nel punto di vendita. Le nostre strutture sono al loro servizio, così come ogni azione dev’essere tradotta nel beneficio sia del cliente finale e del suo ambiente di riferimento che del singolo punto di vendita di proprietà del socio sotto il profilo economico. Potrei affermare che oggi il quadro appare molto positivo: si è registrato un aumento del 5% in termini di fatturato a parità di rete. Con il nostro modello stiamo effettuando interventi in pieno spirito mutualistico, per riequilibrare i fattori: ad esempio, stiamo rivedendo la politica di prezzi di cessione verso i soci, in accordo con tutti. Un altro elemento che ci caratterizza è l’aver deciso che il fattore vincente è costituito dal rispondere in maniera distintiva a bisogni più allargati, costruendo su questo obiettivo la nostra reputazione. Abbiamo sposato da tempo il claim “persone oltre le cose”, che ci ha spinto ad intervenire in modo specifico nell’ambito delle comunità nelle quali siamo presenti".
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