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Iran, la guida suprema attacca gli Usa. Ripresi i negoziati sul nucleare ma l’intesa resta lontana

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Iran, la guida suprema attacca gli Usa. Ripresi i negoziati sul nucleare ma l’intesa resta lontana

Ali Khamenei, guida suprema dell’Iran, ha tenuto un duro discorso alla nazione in cui ha rivendicato le recenti azioni militari contro Israele e accusato gli Stati Uniti di manipolare la scena internazionale per mascherare la propria debolezza.

Iran, la guida suprema attacca gli Usa. Ripresi i negoziati sul nucleare ma l’intesa resta lontana

Le sue parole, trasmesse in diretta dalla tv di Stato, suonano come un chiaro messaggio alla comunità internazionale: “Israele è quasi crollato sotto i nostri colpi, e se saremo attaccati ancora, colpiremo direttamente le basi Usa in Medio Oriente”. Il riferimento, mai esplicitato ma largamente interpretato come un avvertimento agli alleati americani presenti in Iraq e Siria, segna un’escalation verbale che complica il già fragile equilibrio regionale.

L’Iran non si ferma, ma teme l’Aiea

Nel medesimo discorso, Khamenei ha minimizzato i danni causati ai siti nucleari iraniani, pur ammettendo indirettamente l’effetto delle recenti operazioni di sabotaggio, attribuite ai servizi israeliani. “Abbiamo subito danni gravi ma siamo pronti a reagire”, ha detto. Tuttavia, il ministro degli Esteri iraniano ha specificato che Teheran “non intende accogliere ispettori dell’Aiea in questa fase”, un’affermazione che desta preoccupazione tra gli osservatori occidentali. Se confermata, si tratterebbe di una violazione delle garanzie internazionali sottoscritte dal Paese. Nonostante questo, Teheran afferma di voler continuare i colloqui con gli Stati Uniti, sebbene senza la mediazione delle agenzie dell’Onu.

La Casa Bianca accusa Teheran di propaganda

La risposta americana non si è fatta attendere. Un portavoce della Casa Bianca ha dichiarato che “il regime iraniano tenta di salvare la faccia, ma la comunità internazionale non si lascerà intimidire”. A Washington prevale un atteggiamento di prudenza, ma anche di fermezza, di fronte a un regime che, pur sotto pressione economica, mostra segnali di instabilità interna e aggressività esterna. In ambienti vicini al Dipartimento di Stato si sottolinea che ogni ulteriore azione militare da parte dell’Iran verrà interpretata come un attacco non solo a Israele, ma all’intero blocco occidentale. Si lavora nel frattempo alla costruzione di un nuovo quadro negoziale, che possa superare le rigidità del vecchio accordo sul nucleare del 2015.

Negoziati tecnici, ma nessuna intesa

Secondo fonti diplomatiche, sono ripresi a Ginevra i colloqui indiretti tra emissari iraniani e americani, con la partecipazione di intermediari europei. Tuttavia, le posizioni restano molto distanti. Teheran chiede la rimozione immediata di tutte le sanzioni imposte dopo il ritiro unilaterale degli Stati Uniti dall’accordo JCPOA nel 2018. Washington, invece, pretende garanzie stringenti sul controllo delle centrifughe e sui limiti al grado di arricchimento dell’uranio. Nessun documento è stato firmato e non sono previste nuove date ufficiali, ma le delegazioni restano “in contatto”, secondo una nota del governo svizzero che ospita i colloqui.

Netanyahu rivendica una vittoria

Sul fronte opposto, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito gli ultimi sviluppi come “una grande vittoria contro Teheran”. Intervenuto al Parlamento, ha sostenuto che la pressione diplomatica e le recenti operazioni militari abbiano costretto l’Iran a tornare al tavolo delle trattative. “Questo è il momento per espandere gli Accordi di Abramo”, ha aggiunto, riferendosi ai trattati di normalizzazione dei rapporti tra Israele e vari Paesi arabi. La strategia di Netanyahu mira a consolidare un’alleanza regionale anti-iraniana, basata su cooperazione economica, sicurezza condivisa e allineamento geopolitico con Washington.

Una partita aperta e ad alto rischio

Nonostante i toni duri e la complessità del contesto, gli analisti sottolineano che nessuna delle parti in causa sembra voler innescare un conflitto su larga scala. Gli Stati Uniti hanno interesse a evitare un’escalation in Medio Oriente mentre sono impegnati in un riassetto dei rapporti con l’Europa e la Cina. L’Iran, dal canto suo, si trova in difficoltà economica e teme un ulteriore isolamento internazionale, ma non intende arretrare sul proprio programma nucleare. La situazione resta quindi estremamente fluida e ogni passo, anche verbale, rischia di innescare reazioni a catena in una delle aree più instabili del pianeta.

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