Ogni anno, con l’avvicinarsi della prima prova dell’esame di Maturità, torna alla ribalta un paradosso ormai consolidato: l’esclusione silenziosa, quasi sistematica, di alcuni tra i maggiori autori e autrici della letteratura italiana. Un vuoto che colpisce tanto chi insegna quanto chi studia.
Da Leopardi a Morante, i grandi esclusi della Maturità
Se nei programmi scolastici resistono i nomi di Leopardi, D’Annunzio, Deledda, Morante, Merini, Pasolini, Capuana o De Roberto, le tracce ministeriali sembrano dimenticarli, in favore di scelte più rassicuranti, forse più addomesticate. Eppure proprio questa assenza reiterata racconta qualcosa di profondo sul nostro modo di intendere la cultura e l’esame come rito di passaggio.
I nomi che non ci sono
Dall’inizio del nuovo millennio, e in particolare dalla riforma Berlinguer del 1999, l’analisi del testo ha visto un restringimento dell’universo letterario proposto. Autori fondamentali come Giacomo Leopardi o Alessandro Manzoni, fino a Giovanni Verga e Giosuè Carducci, sono stati lentamente marginalizzati, se non del tutto ignorati. E ancora più colpisce l’assenza di figure come Gabriele D’Annunzio, mai oggetto diretto di analisi, pur essendo fra i più citati e studiati nelle classi. Un’autocensura o una scelta inconsapevole, quella di non proporre un autore che ha segnato il linguaggio, lo stile, l’immaginario di un’intera epoca, seppure con tratti controversi.
Le autrici dimenticate
Ancora più netta appare la rimozione delle grandi scrittrici italiane. Grazia Deledda, premio Nobel per la Letteratura, è comparsa solo in una sessione suppletiva nel 2023. Elsa Morante, voce potente e drammatica del Novecento, non è mai stata scelta come autrice da analizzare. Lo stesso vale per Dacia Maraini, autrice tra le più tradotte e lette, capace di fondere impegno civile e forza narrativa. Alda Merini, poeta della sofferenza e della lucida follia, non ha mai avuto spazio in una traccia, nonostante sia tra le più amate e conosciute anche dai ragazzi. Una rimozione che non può non sollevare interrogativi: quanto pesa ancora il genere nella selezione della letteratura scolastica?
I pochi prescelti
Chi è stato invece più volte protagonista delle prove d’esame? Giuseppe Ungaretti domina la scena, con ben cinque apparizioni negli ultimi vent’anni. Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo seguono con tre, Dante Alighieri e Luigi Pirandello con due. Quest’ultimo è ricomparso solo nel 2024, dopo un’assenza durata vent’anni. Sono nomi solidi, su cui nessuno solleverebbe obiezioni. Ma la reiterazione di pochi autori, pur validi, finisce per ridurre l’orizzonte culturale offerto agli studenti, consolidando una visione parziale e talvolta monocorde della letteratura italiana.
La scuola e il suo specchio
Il problema non è solo scolastico. È culturale. Riflette un’idea della tradizione che privilegia l’istituzionale al problematico, il prevedibile al perturbante. Escludere Pasolini, Merini, Morante, significa escludere anche le inquietudini, i conflitti, le marginalità che questi autori incarnano. E forse è proprio per questo che non trovano spazio: perché pongono domande senza risposta, perché non si lasciano addomesticare. Ma è davvero questa l’idea di maturità che vogliamo trasmettere?
Un’occasione da non perdere
La maturità è, per definizione, il momento in cui si chiede a una generazione di ragazze e ragazzi di misurarsi con le complessità del reale, con la profondità del pensiero, con la ricchezza delle espressioni artistiche. Sarebbe allora il momento giusto per ampliare la rosa degli autori, per osare scelte nuove, per proporre letture che parlino al presente senza rinunciare alla qualità letteraria. Proporre Merini o Morante, D’Annunzio o Deledda, Pasolini o Buzzati non sarebbe un cedimento alla modernità, ma un ritorno all’autenticità della nostra storia letteraria.
In gioco non c’è solo un nome in una traccia. C’è un’idea di cultura, di scuola, di Paese. E i nomi che lasciamo fuori dicono molto di più di quelli che continuiamo a inserire.