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Addio a Nadia Cassini, l’icona che sfidò il perbenismo

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Addio a Nadia Cassini, l’icona che sfidò il perbenismo

C’era un tempo in cui Nadia Cassini incarnava il sogno proibito di un'Italia che si affacciava con timidezza alla modernità, sospesa tra il moralismo del passato e l’irruzione della leggerezza televisiva. Un’epoca di confine, in bilico tra l’austerità post-sessantottina e il disimpegno edonistico degli anni Ottanta. E Nadia, con il suo corpo scolpito, il sorriso beffardo e l’aria internazionale, fu una delle protagoniste di quel passaggio.

Addio a Nadia Cassini, l’icona che sfidò il perbenismo

Nata a Woodstock, figlia di un ingegnere aerospaziale tedesco e di una cantante italo-americana, la Cassini non era solo la bellezza statuaria che il pubblico italiano imparò a conoscere attraverso la commedia sexy all’italiana. Era il volto di un’Italia che stava mutando pelle, che abbandonava le sottane lunghe per affacciarsi al prime time con la leggerezza di Drive In e delle prime trasmissioni di una televisione commerciale ancora artigianale, ma già capace di riscrivere i codici dell’intrattenimento.

Non era una bellezza ingenua né una starlette inconsapevole del proprio fascino. Nadia Cassini era una donna colta, poliglotta, cosmopolita. Parlava più lingue, si muoveva con disinvoltura tra l’Europa e l’America, tra il cinema e la televisione, tra l’essere un’icona e il desiderio di non farsi incasellare nel ruolo di semplice oggetto del desiderio. Ma in quell’Italia ancora intrisa di machismo e doppi standard, la bellezza di una donna poteva diventare una gabbia.

Dagli esordi nel cinema italiano con pellicole come L'insegnante balla... con tutta la classe e La dottoressa ci sta col colonnello, sino alle apparizioni sulle reti Fininvest, Nadia Cassini fu un simbolo di un’Italia che cercava di raccontarsi attraverso le sue icone. La commedia sexy all’italiana, genere disprezzato dai critici e amato dal pubblico, era il palcoscenico in cui lei brillava, circondata da nomi come Lino Banfi, Renzo Montagnani, Alvaro Vitali, Gloria Guida, Edwige Fenech. Film che oggi vengono visti con nostalgia o con imbarazzo, ma che, nel bene e nel male, fotografavano un’Italia che rideva di se stessa.

E poi venne la televisione. Le reti di Silvio Berlusconi, ancora lontane dall’essere il colosso mediatico che sarebbero diventate, avevano bisogno di volti, corpi, figure che conquistassero il pubblico. E Nadia Cassini, con la sua bellezza spregiudicata e quel tocco esotico, divenne una delle prime star di quel mondo nascente. Ballava, cantava, sorrideva con quella leggerezza che sembrava sfidare il bigottismo ancora imperante. Eppure, dietro il luccichio dello showbiz, c’era anche un’altra storia, più complessa, più dolorosa.

La sua carriera non fu tutta rose e fiori. A metà degli anni Ottanta, un intervento di chirurgia plastica al volto, mal riuscito, le causò sofferenze fisiche e psicologiche. Il suo ritiro graduale dalle scene non fu solo una scelta, ma una necessità. Troppo facile bruciare una diva che aveva fatto della propria immagine il suo biglietto da visita. Troppo semplice dimenticare chi, per anni, aveva regalato un sogno di evasione a un intero Paese.

Negli ultimi anni, lontana dai riflettori, Nadia Cassini aveva scelto una vita più appartata. Non ha mai cercato il ritorno forzato sulle scene, non ha mai rincorso la nostalgia degli anni d’oro. E forse, proprio per questo, la sua figura è rimasta sospesa nel tempo, senza mai diventare caricatura di se stessa.

La malattia, poi, ha fatto il resto, portandola via in silenzio, a Reggio Calabria, lontano dalle luci della ribalta. Ma i miti non si spengono mai davvero. Restano nei fotogrammi sgranati di una televisione che non esiste più, nei film che oggi vengono riscoperti come piccoli cult, nelle memorie di un’Italia che, nel bene e nel male, ha fatto della leggerezza una parte della sua identità.

E Nadia, con il suo sguardo impertinente, con la sua femminilità esuberante e con la sua storia mai banale, ne è stata una delle interpreti più luminose.

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