Il presidente Donald Trump ha chiesto e ottenuto dalla direzione della Coca-Cola Company una modifica radicale nella composizione della bevanda più iconica degli Stati Uniti. Durante un incontro riservato con il management dell’azienda ad Atlanta, Trump ha esplicitamente chiesto che venga eliminato lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, sostituendolo con zucchero di canna. “Vedrete che sarà migliore”, ha dichiarato alla stampa poche ore dopo, sottolineando come il gusto originario debba tornare “a essere simbolo della grandezza americana”. Il cambio di ricetta sarà introdotto gradualmente nelle principali linee produttive destinate al mercato interno, con una prima fase di test in Texas e Florida già da agosto.
Trump cambia la Coca-Cola: “Via lo sciroppo di mais, usate zucchero di canna”
La decisione ha suscitato scalpore, non solo per l’inusuale intervento presidenziale in una questione industriale, ma anche per il suo significato culturale. La Coca-Cola è da sempre uno degli emblemi globali dell’identità americana. Trump, nella sua ottica di "restaurazione dei valori originari", ha deciso di intervenire in nome della salute, della tradizione e della sovranità alimentare. “Il mais ogm è una rovina per il nostro corpo, e lo zucchero di canna è più naturale. La gente se ne accorgerà subito”, ha dichiarato in un'intervista televisiva, ribadendo che la ricetta attuale “non rispecchia più il gusto americano”. L’intervento rientra nella linea trumpiana di forte protezionismo economico e di recupero di ciò che viene definito “authentic American taste”.
La risposta dell’azienda: cautela e gradualità
Coca-Cola Company ha confermato la richiesta ricevuta dal presidente, sottolineando che si tratta di una “indicazione da valutare con responsabilità e attenzione”. In una nota ufficiale, il board ha spiegato che sarà avviata una fase di sperimentazione per verificare gli effetti del cambiamento sulla qualità, sulla catena produttiva e sui costi. L’azienda ha già esperienza in materia: in Messico e in alcuni mercati selezionati, da anni viene venduta la cosiddetta “Coca-Cola classica” con zucchero di canna, preferita da una parte dei consumatori per il sapore più morbido e “pulito”. Tuttavia, la sostituzione negli Stati Uniti implica anche un cambio nelle forniture e un aumento potenziale dei prezzi, poiché lo zucchero raffinato di canna ha un costo più elevato rispetto allo sciroppo di mais.
Reazioni tra i consumatori e nel mondo della nutrizione
La decisione ha acceso un vivace dibattito tra i consumatori. C’è chi plaude all’iniziativa, ritenendola un ritorno alla qualità e alla genuinità, e chi invece critica l’intervento diretto della Casa Bianca in ambiti che dovrebbero restare di esclusiva competenza aziendale. Le associazioni di categoria nel settore alimentare hanno preso posizione con prudenza, mentre gli esperti di nutrizione osservano che il vero nodo resta l’eccessivo consumo di zuccheri, indipendentemente dalla loro origine. “È vero che lo sciroppo di mais ha un impatto metabolico peggiore – ha spiegato la dottoressa Karen Morales della Johns Hopkins University – ma lo zucchero di canna non è una panacea. Il cambiamento sarà più simbolico che reale, a meno di un impegno sulla riduzione generale degli zuccheri”.
Implicazioni industriali ed economiche
Il cambiamento voluto da Trump potrebbe avere ripercussioni significative sulla filiera agroalimentare americana. Gli agricoltori del Midwest, in particolare quelli che producono mais per uso industriale, temono un effetto domino che possa ridurre la domanda e incidere negativamente sui loro ricavi. Il presidente ha però assicurato che “l’America agricola sarà sempre protetta”, anticipando misure di compensazione attraverso il Dipartimento dell’Agricoltura. In parallelo, alcune aziende concorrenti osservano la mossa con interesse, pronte a sfruttare il vuoto di mercato che si creerebbe se Coca-Cola decidesse di limitare l’uso dello sciroppo di mais. Intanto, la notizia ha fatto il giro del mondo, tra chi ironizza sulla “Coca-Cola presidenziale” e chi, invece, la vede come un segnale concreto di un cambiamento nel modo in cui la politica può influenzare la cultura del consumo.