In una mossa che ha suscitato tanto interesse quanto preoccupazione, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha emesso un ordine esecutivo che ordina al Dipartimento del Tesoro di creare una riserva nazionale per i Bitcoin e altre criptovalute sequestrate durante indagini federali. L’ordine mira a creare un equivalente digitale di Fort Knox, il famoso deposito di oro americano. Ma i critici sostengono che il piano potrebbe aprire la porta a manipolazioni politiche e a una gestione finanziaria opaca.
Un Fort Knox digitale?
L’ordine esecutivo impone al Tesoro di prendere in custodia le criptovalute confiscate in indagini civili e penali. Secondo David Sacks, consulente della Casa Bianca per le criptovalute, le agenzie federali detengono attualmente circa 200.000 Bitcoin, il cui valore si aggira intorno ai 16,7 miliardi di dollari ai prezzi attuali. Sacks, intervenuto a un vertice sulle criptovalute venerdì 8 marzo, ha sottolineato che in passato il governo ha venduto Bitcoin sequestrati a una frazione del loro valore odierno. “Nell’ultimo decennio, il governo degli Stati Uniti ha venduto circa 195.000 Bitcoin per 366 milioni di dollari, che oggi varrebbero quasi 17 miliardi di dollari”, ha dichiarato. “Ma non c’è mai stato un audit completo di queste riserve”.
L’ordine di Trump prevede proprio questo: un audit approfondito e la gestione delle riserve di criptovalute da parte del Tesoro, analogamente a quanto avviene per l’oro e le valute estere. Il piano assegna inoltre al Tesoro il compito di sviluppare strategie per acquisire più Bitcoin in modo “fiscalmente neutro”, il che significa che non verrà emesso debito aggiuntivo per finanziare gli acquisti. Tuttavia, l’ordine lascia spazio a interpretazioni, sollevando dubbi su come il governo acquisirà e gestirà questi asset digitali.
I rischi delle criptovalute in mano al governo
Mentre Trump ha definito il Bitcoin “oro digitale”, il paragone non è privo di criticità. A differenza dell’oro, che è stato una riserva di valore per secoli, il Bitcoin esiste da soli 16 anni e il suo prezzo è altamente volatile.
Inoltre, la creazione di una riserva nazionale di criptovalute potrebbe favorire abusi politici. Le leggi sul sequestro civile, che consentono alle forze dell’ordine di confiscare beni sospettati di essere legati ad attività criminali, sono già state criticate per il loro potenziale di abuso. L’Institute for Justice ha documentato numerosi casi in cui le agenzie locali hanno abusato di queste leggi per sequestrare beni senza prove di illeciti. I critici temono che un modello simile possa emergere con le criptovalute, con il Dipartimento di Giustizia che sequestra asset digitali per aumentare le riserve del Tesoro.
Uno strumento per manipolazioni politiche?
Il piano di Trump di conservare le criptovalute confiscate come investimenti, anziché liquidarle, solleva ulteriori preoccupazioni. Normalmente, i beni sequestrati in casi civili e penali vengono restituiti alle vittime o venduti, con i proventi destinati a ridurre il deficit federale. Trattenendo questi asset, il governo potrebbe creare un fondo opaco a cui le future amministrazioni potrebbero attingere, aggirando il controllo del Congresso sulla spesa pubblica.
“Questo stabilisce un pericoloso precedente”, ha affermato Sarah Chilton, avvocato senior dell’Institute for Justice. “I futuri presidenti potrebbero utilizzare queste riserve per finanziare progetti personali o ricompensare donatori politici senza alcuna trasparenza”. Chilton ha anche avvertito che il Tesoro potrebbe acquistare criptovalute da entità politicamente connesse, inflazionandone artificialmente il valore.
I legami della famiglia Trump con le criptovalute
Aggiunge ulteriore controversia la notizia che la famiglia Trump stia valutando un investimento in Binance.US, la filiale americana del più grande exchange di criptovalute al mondo. Sebbene i dettagli dell’ipotetico accordo rimangano poco chiari, la mossa ha sollevato interrogativi, soprattutto alla luce del tempismo dell’ordine esecutivo di Trump. I critici sostengono che gli interessi finanziari della famiglia Trump nel mercato delle criptovalute potrebbero creare un conflitto di interessi, minando ulteriormente la fiducia pubblica nella gestione governativa degli asset digitali.
Una soluzione in cerca di un problema
In definitiva, la creazione di una riserva nazionale di criptovalute sembra essere una soluzione in cerca di un problema. A differenza del dollaro statunitense, che fornisce liquidità e facilita gli scambi globali, Bitcoin e altre criptovalute non svolgono una funzione analoga. Mentre gli investitori privati sono liberi di speculare sul loro valore, non vi è alcuna giustificazione convincente per la partecipazione del governo a questo mercato. Farlo non solo rischia di distorcere i prezzi, ma apre anche la porta a manipolazioni politiche e a una gestione finanziaria opaca.
Mentre il dibattito sul piano di Trump continua, una cosa è chiara: l’intersezione tra politica e criptovalute è carica di rischi. Che questa mossa audace rafforzerà l’economia americana o diventerà un monito per il futuro, lo scopriremo solo col tempo