Cambia la forma, ma non la sostanza. L’accesso ai corsi di laurea in Medicina, Odontoiatria e Veterinaria non sarà più vincolato al tradizionale test d’ingresso, quello a crocette, stress, e simulazioni infinite. Ma la selezione resta. Solo che adesso passerà per un semestre di lezioni, esami nazionali standardizzati e una graduatoria.
Medicina, così cambia l’accesso: addio al test, ma resta la selezione. Ecco come funzionerà il semestre filtro
È il cosiddetto “semestre filtro”, il nuovo sistema che entrerà in vigore a partire dall’anno accademico 2025/2026. Un tentativo di democratizzare l’accesso alle facoltà più ambite e contingentate, ma anche di tenere alta l’asticella qualitativa.
Una riforma attesa, discussa, e già al centro di polemiche. Perché l’abolizione del test non corrisponde all’abolizione del numero chiuso, e molti – studenti e famiglie – lo stanno scoprendo solo ora.
Il nuovo meccanismo: aperto a tutti, ma solo all’inizio
Chi vorrà iscriversi a Medicina potrà farlo liberamente, senza dover superare alcuna prova preliminare. Almeno nei primi sei mesi. Il semestre iniziale sarà accessibile a tutti, con l’obbligo di doppia immatricolazione gratuita: Medicina come corso primario e un altro corso affine – dell’area biomedica, sanitaria, veterinaria o farmaceutica – come opzione alternativa.
Una scelta non casuale. Perché al termine del primo semestre scatterà la selezione vera. Tre esami nazionali, uno per materia (Biologia, Chimica, Fisica), con quesiti misti – risposta multipla e completamento – identici in tutta Italia. Il punteggio minimo sarà 18 su 30 in ciascuna prova. Ma non basterà: conterà anche la posizione nella graduatoria nazionale per accedere al secondo semestre del corso di laurea in Medicina.
La selezione posticipata: nuova forma, stesso filtro
Ogni studente avrà due possibilità per sostenere ciascun esame. Chi non raggiungerà i risultati richiesti resterà fuori. Ma con un paracadute: potrà continuare il percorso nella facoltà “affine” indicata all’atto dell’iscrizione. I crediti universitari maturati nel semestre verranno riconosciuti, almeno in parte. Nessun buco nel curriculum, dunque. Ma l’obiettivo iniziale – diventare medico – dovrà essere messo in pausa o abbandonato.
Il nuovo modello promette maggiore equità, meno stress, più meritocrazia. Ma lascia aperti diversi interrogativi: le università riusciranno a gestire il possibile boom di iscritti? Saranno in grado di garantire qualità didattica e selezione rigorosa in un semestre aperto a migliaia di aspiranti medici?
L’obiettivo (e l’ambiguità) della riforma
Il governo, che ha voluto il cambiamento, parla di svolta democratica. Le prove finali, scritte e uniformi, dovrebbero ridurre il peso delle “preparazioni specialistiche” da test e restituire dignità alla didattica universitaria. Ma nel passaggio dalla selezione preventiva a quella successiva resta una verità politica non detta: il numero chiuso sopravvive, solo trasloca di qualche mese.
E così il semestre filtro, nato per includere, rischia di trasformarsi – secondo i critici – in un filtro più duro e disilluso. Uno spazio di sei mesi in cui molti capiranno che non basta la passione, ma servono metodo, risultati e resistenza. Una piccola medicina, in forma di anticipo, per chi vorrà davvero farne la propria strada.