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Scoperti 16 nuovi geni associati al rischio di Alzheimer: verso diagnosi precoci e terapie personalizzate

- di: Sveva Faedda
 
Scoperti 16 nuovi geni associati al rischio di Alzheimer: verso diagnosi precoci e terapie personalizzate
Un recente studio condotto dal Massachusetts General Hospital di Boston ha portato all'identificazione di 16 nuovi geni che aumentano il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, la forma più comune di demenza. La ricerca, pubblicata sulla rivista Alzheimer's & Dementia, ha analizzato il DNA di oltre 49.000 individui di diverse etnie, di cui circa 12.000 con diagnosi di Alzheimer e 37.000 a rischio per storia familiare.

Scoperti 16 nuovi geni associati al rischio di Alzheimer: verso diagnosi precoci e terapie personalizzate

Uno degli aspetti innovativi dello studio risiede nell'inclusione di popolazioni non europee, tradizionalmente sottorappresentate nelle ricerche genetiche sull'Alzheimer. Circa la metà dei partecipanti apparteneva a etnie diverse da quella europea, permettendo una comprensione più ampia delle varianti genetiche associate alla malattia. Questo approccio favorisce lo sviluppo di strumenti diagnostici più accurati e terapie personalizzate per diverse popolazioni.

Collaborazioni europee nella ricerca genetica sull'Alzheimer

Anche in Europa, la ricerca genetica sull'Alzheimer ha compiuto significativi progressi. Uno studio internazionale, a cui hanno partecipato 20 centri italiani tra cui la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, ha identificato 75 regioni del DNA associate al rischio di malattia, di cui 42 nuove. Questo risultato è stato ottenuto grazie all'analisi del DNA di circa 110.000 pazienti affetti e 670.000 controlli sani, rappresentando il più grande studio genetico sull'Alzheimer fino ad oggi.

Scoperte italiane: il gene GRIN2C e il suo ruolo nell'Alzheimer

In Italia, un team di ricerca coordinato dall'Ospedale Molinette della Città della Salute di Torino ha scoperto una mutazione nel gene GRIN2C, che codifica per una subunità del recettore NMDA del glutammato, associata all'Alzheimer ad esordio senile. Lo studio, pubblicato su Alzheimer's Research & Therapy, ha analizzato una famiglia italiana con una storia di Alzheimer, rivelando che la mutazione provoca un'aumentata eccitabilità neuronale e alterazioni nelle interazioni proteiche. Questa scoperta sottolinea l'importanza dei meccanismi di eccitotossicità correlati al glutammato nello sviluppo della malattia.

Implicazioni cliniche e future prospettive

Queste scoperte rappresentano un passo significativo nella lotta contro l'Alzheimer, aprendo la strada a diagnosi più precoci e a interventi terapeutici più efficaci, adattati alle specificità genetiche delle diverse popolazioni. La comprensione dei meccanismi molecolari alla base della malattia potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci in grado di modulare l'eccitotossicità cerebrale da glutammato, rallentando la progressione della malattia.

Inoltre, l'inclusione di diverse etnie negli studi genetici garantisce che i risultati siano applicabili a una popolazione più ampia, migliorando l'efficacia delle terapie e riducendo le disparità nella cura dell'Alzheimer.

La collaborazione internazionale e l'uso di tecnologie avanzate continueranno a essere fondamentali per svelare i complessi fattori genetici e ambientali che contribuiscono all'Alzheimer, con l'obiettivo di sviluppare strategie preventive e terapeutiche sempre più mirate.
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