Nel pieno del conflitto ucraino, il Cremlino ha alzato di nuovo il tono. “Tutti i Paesi Nato sono in guerra con noi”, ha dichiarato Vladimir Putin in un intervento trasmesso a Mosca. Parole che hanno risuonato come un avvertimento diretto non solo a Washington, ma a tutto il blocco euro-atlantico. A Copenaghen, dove i leader europei erano riuniti per un vertice informale, il messaggio è apparso come un monito a non illudersi che la guerra resti confinata al Donbass.
Putin sfida la Nato: “Siamo in guerra con tutti voi”. L’Europa cerca un equilibrio fragile
Il presidente russo ha accusato l’Occidente di condurre una “guerra ibrida totale” contro Mosca, citando l’invio di armi a Kiev, le sanzioni e – in modo più implicito – l’addestramento delle forze ucraine. Poi ha minacciato: “Se continueranno a colpire le nostre centrali, potremmo rispondere prendendo di mira le loro”. È il ritorno alla logica del terrore incrociato, che ripropone il rischio di escalation verticale.
Il vertice di Copenaghen: un’Unione europea senza bussola strategica
La dichiarazione di Putin ha investito i Ventisette nel momento in cui discutevano come sostenere l’Ucraina senza logorare ulteriormente le rispettive opinioni pubbliche. Il premier danese Mette Frederiksen, padrona di casa, ha avvertito che “l’obiettivo di Mosca è destabilizzare tutta l’Europa, non soltanto Kiev”.
La riunione, informale ma significativa, ha messo in luce il dilemma europeo: incrementare il sostegno militare a Kiev, con costi crescenti, oppure spingere per una qualche forma di negoziato, che tuttavia oggi appare irrealistico. L’Olanda di Mark Rutte ha definito la Russia “la minaccia esistenziale numero uno”. Emmanuel Macron, invece, ha cercato di riportare il discorso anche su altri fronti, come la cooperazione con l’Italia contro il narcotraffico, a testimonianza di un’agenda che resta dispersiva.
La strategia di Mosca: logorare il fronte occidentale
Il discorso di Putin non introduce novità tattiche ma conferma la linea strategica perseguita dal Cremlino: trasformare il conflitto in una guerra di usura psicologica e politica, logorando il fronte euro-atlantico dall’interno. Dichiarare la Nato parte belligerante serve a intimidire le opinioni pubbliche e a spingere i governi più esposti a interrogarsi sui costi di un confronto prolungato.
Nel contempo, il riferimento alle centrali nucleari ucraine è un avvertimento mirato a Washington e Bruxelles: la Russia conserva strumenti di pressione che possono destabilizzare l’intero continente. È il linguaggio dell’equilibrio del terrore in chiave post-bipolare, che punta a compensare l’inferiorità convenzionale russa con la minaccia dell’escalation.
Un’Europa tra due dipendenze
Copenaghen ha mostrato come l’Europa resti sospesa fra due dipendenze: quella strategica dagli Stati Uniti e quella energetica – ridotta ma non eliminata – dalla Russia. La guerra in Ucraina ha costretto i Ventisette a un inedito coordinamento militare, ma non ha prodotto una visione autonoma.
La premier italiana Giorgia Meloni ha ricevuto a Copenaghen elogi per il suo ruolo di interlocutrice affidabile con Washington. Ma al tempo stesso l’Italia, come altri partner, deve fare i conti con una società interna stanca della guerra e con l’impatto economico delle sanzioni. Il vertice si è chiuso senza una nuova strategia comune, confermando che l’Europa continua a reagire agli eventi piuttosto che anticiparli.
La faglia fra Est e Ovest interni all’Ue
I Paesi baltici e la Polonia chiedono di rafforzare la deterrenza militare, considerandosi in prima linea rispetto a un’aggressione russa che ritengono imminente. La Danimarca ha invitato a non sottovalutare l’espansione delle operazioni ibride di Mosca nel Mare del Nord e nel Baltico.
Al contrario, Francia e Germania preferiscono mantenere margini per un futuro negoziato, anche per motivi di politica interna e di economia. Questa divergenza strategica indebolisce la coesione europea e offre a Mosca spazi di manovra.
L’orizzonte di una guerra lunga
Il conflitto in Ucraina appare sempre più come guerra di logoramento. Il Cremlino punta a far crollare la resistenza di Kiev sfruttando il tempo e le divisioni occidentali; Kiev resiste grazie al flusso di armi e risorse occidentali, ma è dipendente da un sostegno che non è illimitato.
La retorica di Putin su una “Nato belligerante” segnala che Mosca prepara la propria opinione pubblica a uno scontro di lungo periodo. L’Europa, al contrario, continua a vivere come se il conflitto potesse avere una soluzione rapida o restare circoscritto. È questo scarto di percezione a definire, oggi, l’asimettria strategica tra Russia e Occidente.