Nel Regno Unito parte lo studio su 700.000 donne. Intelligenza artificiale e screening mammografico: tra grandi promesse, sfide tecniche e adesione ancora troppo bassa.
L’intelligenza artificiale entra in corsia: ma è pronta?
L’intelligenza artificiale sta conquistando terreno anche nella prevenzione oncologica, promettendo diagnosi più rapide, precise ed efficienti. Ma siamo davvero pronti a sostituire – o anche solo affiancare – l’occhio esperto del radiologo con un algoritmo?
È la domanda chiave dello studio EDITH (Early Detection using Information Technology in Health), avviato a febbraio 2025 nel Regno Unito. Coinvolgerà 700.000 donne in 30 centri ospedalieri, con un obiettivo chiaro: valutare se e come l’AI possa diventare parte integrante dei programmi di screening mammografico, migliorando qualità e sostenibilità del sistema.
Come funziona oggi lo screening, e dove si incastra l’AI
Oggi lo screening mammografico organizzato si basa su due radiologi che valutano le immagini in modo indipendente. Se non sono d’accordo, interviene un terzo specialista. Il metodo è preciso, ma costoso e lento, soprattutto nei Paesi con carenza di personale.
Qui entra in gioco l’AI: non per *“prevedere il tumore”* – come titolano con troppa disinvoltura alcuni – ma per supportare la lettura, segnalando anomalie sospette o agendo da secondo lettore.
Cosa ci dicono gli studi già pubblicati
Le pubblicazioni recenti sono promettenti ma non ancora conclusive. La lettura singola supportata dall’AI ha mostrato risultati paragonabili alla doppia lettura umana, ma con ampia variabilità tra software.
Lo studio EDITH fa un passo avanti: confronta più sistemi in condizioni reali, con macchinari diversi. L’obiettivo non è solo misurare l’accuratezza, ma anche la capacità di integrazione nei diversi contesti sanitari.
Svezia avanti: il modello SMART per uno screening personalizzato
La Svezia va oltre. Lo studio SMART, lanciato nel 2024, coinvolge 70.000 donne e utilizza un modello predittivo per personalizzare lo screening.
I dati mammografici vengono combinati con variabili cliniche per stimare il rischio individuale. Le donne più a rischio vengono controllate più spesso; le altre seguono il protocollo standard. È un cambiamento radicale: dallo screening uguale per tutte a uno su misura.
I limiti dell’intelligenza artificiale (e della mammografia)
Attenzione però agli entusiasmi. La mammografia non è infallibile: tra falsi positivi e falsi negativi, resta uno strumento imperfetto. E l’AI non fa miracoli.
Non è ancora chiaro quale ruolo sia più efficace per gli algoritmi: *“secondo lettore? Primo selezionatore? Strumento di triage?”*. *“L’AI non sostituisce il medico, ma può essere uno strumento potente per ottimizzare i percorsi clinici”*, ha dichiarato il responsabile dello studio EDITH.
In Italia il problema resta l’adesione
Nel nostro Paese, il vero ostacolo non è l’algoritmo, ma il coinvolgimento delle donne. Solo il 49-56% aderisce ai programmi di screening. Al Nord si tocca il 70%, ma nel Sud e nelle Isole la partecipazione crolla.
*“Non serve innovare se poi le donne non si presentano agli esami”*, ha ricordato con fermezza una voce autorevole della prevenzione italiana. *“Serve una campagna massiccia di informazione, non solo algoritmi”*.
Tra algoritmi e umanità: la vera sfida dello screening
Il futuro dello screening non è solo scritto nel codice di un software. L’AI può alleggerire il carico dei radiologi, aumentare la precisione e personalizzare l’offerta. Ma non può sostituire la fiducia nel sistema sanitario, la formazione e la comunicazione umana.
Far arrivare la prevenzione dove oggi non arriva: è questa la sfida vera. Con o senza AI.