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L’Opinione / IBL: riforma sanitaria, servono più medici non più burocrazia

- di: Bruno Coletta
 
L’Opinione / IBL: riforma sanitaria, servono più medici non più burocrazia
Il dibattito sulla riforma dei medici di famiglia sta prendendo piede, ma secondo l’Istituto Bruno Leoni (IBL) – Idee per il Libero Mercato le soluzioni proposte dal governo rischiano di non risolvere i problemi strutturali del sistema sanitario e, anzi, di crearne di nuovi. L’idea di trasformare i medici di medicina generale da liberi professionisti a dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) viene giudicata come un'illusione burocratica che non affronta le vere criticità.

Una crisi di numeri, non di contratti
L’IBL sottolinea che il problema principale non è la natura del rapporto contrattuale tra medici e SSN, ma la carenza di professionisti nel settore. L’Italia soffre di una drammatica mancanza di medici di base, ospedalieri e infermieri, frutto di decenni di errata programmazione nell’offerta formativa. “Il numero di laureati in medicina è insufficiente e, una volta formati, molti scelgono di lavorare all’estero, attratti da stipendi più alti e condizioni migliori” spiega l’IBL.
La soluzione, secondo l’istituto, dovrebbe passare attraverso un aumento dei percorsi formativi e un miglioramento delle condizioni lavorative, piuttosto che una semplice modifica della forma contrattuale. “Non è rendendo i medici dipendenti del SSN che si risolve il problema della carenza di professionisti”, evidenzia l’Istituto.

Meno burocrazia, più efficienza
Un altro nodo critico riguarda l’eccesso di burocrazia che ostacola il lavoro dei medici di base. L’IBL afferma che i professionisti dovrebbero avere obiettivi chiari e misurabili, incentivati da un sistema premiante piuttosto che da vincoli rigidi di subordinazione. La preoccupazione è che, trasformando i medici di famiglia in dipendenti pubblici, il loro ruolo diventi ancora più imbrigliato in procedure amministrative, riducendo la loro capacità di rispondere in modo flessibile ai bisogni dei pazienti.
Secondo l’Istituto, la riforma proposta rischia di aggravare le difficoltà nelle cosiddette “aree interne”, i piccoli centri in via di spopolamento dove già oggi è difficile garantire l’accesso ai servizi sanitari. In questi contesti, sostiene l’IBL, sarebbe più utile incentivare nuove forme organizzative e un approccio imprenditoriale alla professione medica, piuttosto che imporre un modello rigido di lavoro subordinato.

Le case di comunità: una soluzione senza problema?
Un altro punto critico evidenziato dall’IBL riguarda le case di comunità, strutture finanziate con i fondi del PNRR per rafforzare la medicina territoriale. Secondo l’Istituto, però, si tratta di una misura nata senza una chiara analisi delle esigenze reali del territorio. “Invece di partire dai bisogni della popolazione, si è scelto di investire in un’infrastruttura che ora si cerca di giustificare a posteriori” afferma l’IBL.
Il rischio è che queste strutture si rivelino costose e poco funzionali, senza riuscire a risolvere il problema dell’accesso alle cure. L’Istituto sottolinea che una vera riforma della medicina di base dovrebbe concentrarsi sulla flessibilità e sull’efficacia dei servizi, piuttosto che su un modello centralizzato e burocratico.

Meglio nessuna riforma che una cattiva riforma
In conclusione, l’Istituto Bruno Leoni avverte che la trasformazione dei medici di famiglia in dipendenti del SSN rischia di aggravare le criticità del sistema sanitario italiano. La carenza di medici, l’eccesso di burocrazia e la mancanza di una visione chiara sulla medicina territoriale sono problemi che non possono essere risolti con una semplice riforma amministrativa. “Piuttosto che una cattiva riforma, sarebbe meglio nessuna riforma” conclude l’IBL, sottolineando la necessità di affrontare le vere cause delle inefficienze sanitarie italiane con interventi strutturali e mirati.

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