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Studenti contro l’orale: No ai voti, sì al silenzio.

- di: Bruno Coletta
 
Studenti contro l’orale: No ai voti, sì al silenzio.
Studenti contro l’orale: No ai voti, sì al silenzio
Alcuni maturandi scelgono la scena muta per protesta. Valditara promette il pugno duro, ma alcuni presidi difendono la scelta: “È una denuncia lucida, non una fuga”

(Il ministro all'Istruzione, Giuseppe Valditara).

Una maturità ribelle, silenziosa e consapevole

Un gesto piccolo, ma deflagrante: non rispondere. Tre studenti, in tre città diverse, hanno deciso di presentarsi all’orale dell’Esame di Stato e restare in silenzio. Non per paura. Per protesta. Rifiutano di partecipare a un sistema che sentono distante, competitivo, inadeguato. “Non dirò nulla. Contesto il sistema”.

Lo ha detto uno studente del liceo paritario delle Scuole Pie Fiorentine. Il suo gesto è stato formalmente stigmatizzato dalla commissione esaminatrice, che gli ha scritto: “Parli di sistema economico-sociale, ma tu stesso hai avuto il privilegio di frequentare scuole private”.

A Belluno, al liceo scientifico Galilei, Maddalena Bianchi, 19 anni, ha scelto il silenzio per motivi radicalmente diversi. “I docenti non hanno mai mostrato interesse per le mie difficoltà umane. Pensano solo ai voti”, ha spiegato. “Per la prima volta li ho sentiti davvero ascoltarmi”.

A Padova, Gianmaria Favaretto, anche lui 19enne, ha fatto scena muta dopo aver superato la soglia del 60 grazie agli scritti e ai crediti del triennio. Un gesto che la sua preside ha derubricato a “protesta opportunista”. Ma il segnale è lanciato. E risuona forte, da Nord a Sud.

Valditara annuncia la stretta: “Bocciateli”

“Dal prossimo anno non sarà più possibile fare scena muta. Chi si rifiuta di partecipare all’orale per protesta dovrà ripetere l’anno”. Così ha dichiarato il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. “Non tollereremo derive ideologiche. L’esame di Stato è un passaggio istituzionale, non un palco per teatrini politici”.

La Rete degli studenti medi replica: “Sempre più maturandi protestano contro un esame che non riflette i percorsi di crescita individuale”.

Anche Paola Bortoletto, presidente dell’Andis, difende i ragazzi: “Scelte così radicali non si improvvisano. Sono frutto di riflessione, disillusione, disagio. Ignorarle è miope”.

Il sistema dei voti sotto accusa

Nel cuore della protesta c’è la critica a un sistema ossessionato dalla misurazione delle performance. I voti, sostengono i ragazzi, non dicono nulla della persona. “Entravo in classe disorientata, ma i professori non si sono mai accorti di nulla”, ha raccontato Maddalena Bianchi. “È una scuola che misura tutto, tranne l’umano”.

Durante la pandemia emersero critiche feroci contro l’uso intensivo delle valutazioni a distanza, giudicate ansiogene e inique. Quel malessere non si è mai spento. Ha solo cambiato linguaggio. Ora si esprime nel gesto estremo del tacere.

Una generazione che non ha più paura del brutto voto

Il nuovo impianto della Maturità potrebbe aver reso possibile la protesta. Con la riforma varata nel 2023, l’orale vale al massimo 20 punti su 100, e il minimo garantito è un punto. Chi ha già superato i 60 può permettersi di tacere e ottenere comunque il diploma.

Il colloquio orale si è trasformato nel punto debole del sistema: pensato per valutare competenze trasversali, oggi è il bersaglio ideale per contestare l’autorità scolastica. “È una scappatoia per i ricchi e per i furbi”, ha accusato la commissione fiorentina. Ma la generalizzazione rischia di oscurare il punto: non è una moda, è una frattura culturale.

Il problema della scuola non è la protesta, ma il disincanto

Chi sono questi studenti che tacciono? In parte, figli di famiglie benestanti. In parte, adolescenti fragili. In parte, ragazzi politicizzati. Ma ciò che li unisce è l’esperienza di una scuola che non insegna più a pensare, ma a “performare”.

“Perché dovrei parlare, se non volete ascoltare davvero?” è la domanda implicita. Ecco perché, secondo il pedagogista Raffaele Mantegazza, “è sbagliato criminalizzare questi giovani. Sono lo specchio di un sistema che non si interroga su sé stesso. La scuola dovrebbe formare cittadini, non solo valutare studenti”.

E se fosse il momento di cambiare davvero?

Dal 2001 a oggi sono state varate sette riforme della Maturità. Nessuna ha retto alla prova del tempo. “Serve una rivoluzione culturale. Meno voti, più valutazione formativa. Più dialogo, meno burocrazia”, ha dichiarato l’ex ministro Luigi Berlinguer. “Se non ascoltiamo questa generazione, perderemo l’occasione di renderla protagonista”.

La Maturità 2025 sarà forse ricordata come l’edizione del silenzio. Ma quel silenzio è tutto fuorché vuoto. È una richiesta forte, limpida, ineludibile: che la scuola torni a parlare con i suoi studenti. E che impari anche ad ascoltarli.

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