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Speciale Università, il futuro parte da qui

- di: Germana Loizzi
 
Speciale Università, il futuro parte da qui

uali sono le migliori Università italiane? Quanti laureati ci sono in Italia e quanti di loro, effettivamente, trovano delle opportunità da subito nel mondo del lavoro?
Come ogni anno, è stato e sarà il Censis a rispondere con precisione a tutte queste domande. Ma, al di là dei numeri, che comunque restano indicativi, cerchiamo di comprendere realmente il complesso mondo delle università italiane.
Per farlo, però, dobbiamo necessariamente partire da alcuni dati statistici: secondo i dati pubblicati dal MIUR, in Italia ci sono 1.654.680 iscritti ai corsi universitari (fra questi, le studentesse sono avanti agli studenti di circa 150.000 unità). Gli studenti universitari italiani possono scegliere fra la bellezza di 9.085 corsi di studio.
Quali sono gli Atenei “migliori”? Per stilare questa particolare classifica vengono presi in considerazioni innumerevoli indicatori: i più importanti risultano i servizi offerti agli studenti, le borse di studio, lo stato delle strutture (biblioteche o laboratori scientifici), i vari servizi offerti e il sistema di comunicazione digitale. Da considerare anche che questa speciale classifica suddivide gli Atenei statati e privati per dimensione: mega Atenei (più di 40.000 iscritti), grandi Atenei (tra i 20.000 e i 40.000 iscritti), medi Atenei (tra i 10.000 e i 20.000 iscritti) e piccoli Atenei (meno di 10.000 iscritti). Anche nel 2017, a conferma di una tradizione ormai consolidata nel tempo, sempre secondo i dati Censis e non solo, l’Ateneo “migliore” si conferma Bologna con 92 punti, seguito dalle Università di Firenze (88 punti), Padova (87) e La Sapienza di Roma (86). A seguire Pisa, Palermo, Torino, Bari, Milano e la Federico II di Napoli.
Al primo posto tra gli Atenei con maggior numero di iscritti stravince La Sapienza di Roma, con più di 112.000 iscritti nell’anno accademico 2017/2018. 
Le università italiane in generale risultano ancora tra le migliori d’Europa: a confermarlo è il Times Higher Education Magazine, che posiziona gli Atenei italiani tra le prime 100 posizioni per qualità dell’insegnamento, livello di ricerca e formazione e prospettiva internazionale.
Per quanto riguarda le Università private, i risultati migliori sono conseguiti dalle Università di Bolzano, dall’Università Bocconi di Milano e dalla LIUC Cattaneo di Milano; mentre nella classifica dei migliori Politecnici italiani brillano il Politecnico di Milano, l’Università Iuav di Venezia, il Politecnico di Torino e il Politecnico di Bari.

E gli studenti? Quanti di loro effettivamente riescono a trovare subito un impiego dopo il conseguimento del titolo accademico? I dati sulla disoccupazione a un anno e a cinque anni dalla laurea continuano ad essere incoraggianti: secondo una ricerca di AlmaLaurea, dal 2014 si registra un netto calo del tasso di disoccupazione per gli studenti laureati da un anno, indipendentemente dalla scelta del titolo. Tuttavia, i profili di neolaureati più ricercati nel mercato del lavoro riguardano il settore socio-sanitario, il settore linguistico, l’ingegneria elettronica e dell’informazione e l’ingegneria industriale.
Laurearsi, però, non sempre basta. Tra gli studenti serpeggia ancora l’insoddisfazione riguardo la forte distanza fra lo studio e il mondo del lavoro. In parole povere: tanta teoria e poca pratica. La maggior parte dei neolaureati, a prescindere dal percorso accademico intrapreso, lamenta una sostanziale difficoltà nel mettere in atto nel lavoro le competenze acquisite negli anni di studio.
Il dato che preoccupa di più e che mette d’accordo tutti gli istituti statistici è la scarsa percentuale di italiani laureati: infatti, solo il 26% degli italiani risulta laureato, peggio di noi in Europa solo la Romania. Lontanissimo attualmente è l’obiettivo dell’Unione Europea del 40%.
Da questi dati si evince di come ci siano ancora troppi diplomati che scelgono il percorso di studi con superficialità e senza un vero e proprio orientamento.
Tutto ciò dipende in parte anche da un evidente poco supporto che gli stessi studenti liceali ricevono sia dalle scuole che dalle università. L’augurio è che nuove politiche per la scuola e per l’università favoriscano un maggior coinvolgimento e una maggiore partecipazione per permettere ai nostri giovani di costruirsi un proprio percorso accademico finalizzato alla successiva entrata nel mondo del lavoro.

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