Il 17 maggio scorso, in un piccolo centro della provincia di Siena, Daniele Pieroni ha scelto con piena lucidità di porre fine alla propria esistenza attraverso il suicidio medicalmente assistito. La notizia, resa nota oggi dall’Associazione Luca Coscioni (nella foto, la Segretaria Nazionale, Filomena Gallo), giunge a quasi un mese di distanza dall’evento ed è destinata a segnare una tappa cruciale nella lunga e controversa vicenda giuridico-politica del fine vita in Italia.
Il primo suicidio assistito in Toscana: la scelta di Daniele Pieroni e la sfida tra legge regionale e governo
Pieroni, scrittore sessantenne, era affetto dal morbo di Parkinson dal 2008 e da tempo viveva in condizioni estremamente limitanti a causa di una grave disfagia, che lo costringeva all’uso continuo della nutrizione artificiale attraverso PEG per ventuno ore al giorno. La sua scelta è maturata nel quadro normativo delineato dalla storica sentenza n. 242 del 2019 della Corte Costituzionale e, più recentemente, dalla nuova legge regionale toscana approvata nel febbraio di quest’anno.
La legge regionale e il suo impatto sul diritto alla scelta
La normativa toscana rappresenta un’evoluzione importante: si tratta della prima legge regionale in Italia che stabilisce tempistiche e modalità procedurali per dare applicazione alla pronuncia della Consulta, che aveva riconosciuto la possibilità di accedere al suicidio assistito in presenza di precise condizioni cliniche e morali, a determinate garanzie procedurali e sotto controllo medico. Il testo regionale si ispira direttamente alla proposta di legge “Liberi Subito” dell’Associazione Coscioni, pensata per colmare il vuoto normativo nazionale lasciato da un Parlamento finora incapace di approvare una disciplina unitaria in materia. Tuttavia, la legge è stata impugnata dal governo centrale, che ne contesta il profilo costituzionale e la competenza normativa, ritenendo che la materia del fine vita spetti esclusivamente allo Stato e non alle Regioni. Il caso Pieroni, quindi, oltre ad avere una dimensione profondamente umana ed esistenziale, si colloca al centro di una disputa istituzionale che potrebbe avere ricadute di vasta portata.
Una scelta nel solco della legalità costituzionale
Pieroni ha agito nel pieno rispetto dei criteri fissati dalla Consulta: era affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche non altrimenti lenibili; era capace di intendere e di volere; era tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. Inoltre, la sua richiesta è stata sottoposta a una valutazione clinico-etica, con il coinvolgimento dell’Azienda Sanitaria Locale e il parere favorevole del Comitato etico competente. Secondo quanto riferito dall’Associazione Coscioni, Daniele ha mantenuto fino all’ultimo una straordinaria lucidità e serenità, testimoniando anche attraverso scritti e video il percorso che lo ha condotto a questa scelta, motivata da una visione dignitosa della vita e della morte. Il suo gesto non è stato frutto di impulso né di solitudine, ma la conclusione consapevole di un cammino affrontato con coraggio e accompagnato da operatori, familiari e attivisti.
La reazione dell'opinione pubblica e le sfide aperte
La rivelazione del caso Pieroni ha riacceso il dibattito pubblico. Le associazioni per i diritti civili lo celebrano come una tappa di civiltà e di affermazione del diritto all'autodeterminazione. Al contrario, le voci contrarie al suicidio assistito sollevano dubbi etici e timori di derive eugenetiche o di abbandono terapeutico. Anche nel mondo politico le reazioni sono divise: mentre alcuni esponenti del centrosinistra parlano di “pietra miliare” e invitano a una riforma nazionale urgente, dal centrodestra arrivano critiche dure alla legge regionale e richieste di un intervento della Corte Costituzionale per annullarla. La scelta di Daniele, in ogni caso, obbliga tutti a fare i conti con la realtà di centinaia di malati gravi che ogni anno chiedono, e spesso si vedono negato, un accompagnamento legale alla morte. Il gesto del sessantenne toscano, dunque, diventa simbolo di una battaglia più ampia per il riconoscimento giuridico e morale del diritto a decidere sul proprio fine vita.