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Dazi americani verso Asia e Brics, l’Unione Europea tratta con Trump

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Dazi americani verso Asia e Brics, l’Unione Europea tratta con Trump

Gli Stati Uniti rilanciano la loro politica commerciale aggressiva imponendo dazi del 25% su alcune importazioni da Giappone e Corea del Sud. Le nuove tariffe, tuttavia, non entreranno in vigore prima di agosto, in un apparente tentativo di lasciare margine per ulteriori negoziati. Non è un semplice braccio di ferro bilaterale: nelle lettere inviate ai governi coinvolti, Washington ha ventilato tariffe che potrebbero salire fino al 40%, suscitando preoccupazioni diffuse sui mercati globali. Alla base della decisione ci sarebbe, secondo la Casa Bianca, la necessità di riequilibrare una “competizione sleale” su settori strategici come semiconduttori e intelligenza artificiale.

Dazi americani verso Asia e Brics, l’Unione Europea tratta con Trump

Non solo Tokyo e Seoul. Il presidente Donald Trump ha annunciato che ulteriori dazi del 10% verranno applicati ai Paesi ritenuti “allineati” ai Brics, un’alleanza che Washington considera sempre più come una piattaforma alternativa all’ordine liberale occidentale. Tra i colpiti vi sono nazioni come Bosnia, Serbia, Myanmar, Laos, Sudafrica, Malesia, Kazakistan, Cambogia, Thailandia, Indonesia, Bangladesh e Tunisia. Questi Paesi, benché eterogenei per struttura economica e peso geopolitico, sono accomunati da relazioni privilegiate con il blocco Brics, e in particolare con Cina e Russia. La misura, dunque, si configura anche come una risposta geopolitica, oltre che commerciale.

Le aperture di Bruxelles
Mentre il protezionismo americano prende nuova forza, l’Unione Europea si muove con cautela. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha avuto un colloquio telefonico con Trump, descritto da fonti di Bruxelles come un “buono scambio”. Non è escluso che si apra una finestra per evitare nuove barriere doganali reciproche. L’UE mira infatti a ottenere un’esenzione o quantomeno un trattamento differenziato rispetto agli alleati asiatici, puntando sul ruolo di partner storico degli Stati Uniti. Intanto il segretario al Tesoro Luke Bessent ha anticipato che “nelle prossime 48 ore” verranno annunciati “diversi accordi”, forse a indicare che Washington è disposta a rinegoziare almeno in parte i termini per alcuni dei Paesi coinvolti.

Wall Street reagisce male
L’annuncio dei nuovi dazi ha avuto un impatto negativo sulla Borsa americana. Wall Street ha chiuso in rosso, con l’indice Nasdaq particolarmente colpito per la forte esposizione delle big tech ai mercati asiatici. Il comparto dei semiconduttori ha guidato i ribassi, mentre gli analisti temono che una guerra commerciale allargata possa spezzare le catene di fornitura globali, già messe a dura prova dalla pandemia e dai conflitti in corso. Le aziende americane, soprattutto quelle che dipendono da forniture asiatiche, chiedono chiarezza e tempi lunghi di attuazione per poter adeguare le proprie strategie produttive.

Un affondo contro Elon Musk
In un contesto già teso, Trump ha trovato anche il tempo per attaccare Elon Musk, definendolo “fuori controllo” e un “disastro”. Non è chiaro cosa abbia scatenato la nuova ostilità del presidente verso l’imprenditore, ma la frattura tra i due sembra ormai consolidata. Le tensioni con Musk, già esplose su temi come i satelliti Starlink e l’influenza nelle comunicazioni crittografate, ora potrebbero allargarsi anche al terreno commerciale. Musk, che ha interessi diretti sia in Cina sia in altri Paesi colpiti dalle misure statunitensi, potrebbe trovarsi in una posizione scomoda, diviso tra le esigenze industriali e le pressioni della politica americana.

Le prossime mosse
Il quadro rimane fluido. Da un lato, la Casa Bianca mostra i muscoli, usando la leva dei dazi per ridefinire le gerarchie dell’economia globale. Dall’altro, lascia aperta la porta a trattative e accordi bilaterali, segno che il protezionismo americano non è cieco ma selettivo. I prossimi giorni saranno decisivi per capire se questa nuova offensiva si tradurrà in scontri aperti o in un rimescolamento degli equilibri globali con nuove intese. Intanto i mercati restano sull’altalena e l’Europa tenta di ritagliarsi uno spazio di manovra che eviti di essere travolta tra le spinte contrapposte di Washington, Pechino e Mosca.

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