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Ue, multe alle Banche: cartello sui titoli di Stato

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Ue, multe alle Banche: cartello sui titoli di Stato

Il Tribunale dell’Unione europea ha messo un punto fermo su uno dei casi più clamorosi di distorsione del mercato finanziario europeo. La sentenza di ieri conferma le multe inflitte nel 2021 dalla Commissione europea a sette grandi banche d’investimento per aver fatto cartello nelle operazioni sui titoli di Stato. Un comportamento che, secondo le autorità comunitarie, ha violato le regole fondamentali della concorrenza e messo a rischio l’equilibrio di un mercato già segnato dalla fragilità della crisi economica. Le pratiche contestate risalgono al periodo tra il 2007 e il 2011, quando l’Europa era nel pieno della tempesta finanziaria globale.

Ue, multe alle Banche: cartello sui titoli di Stato

Non si trattava di un accordo ufficiale, ma di un sistema sotterraneo di comunicazione tra trader di diversi istituti che, secondo l’accusa, si scambiavano in tempo reale informazioni sensibili su prezzi, volumi, strategie di acquisto e vendita. Attraverso chat, telefonate e rapporti informali, le banche avrebbero costruito un network invisibile con cui pilotare il mercato dei bond sovrani europei, ottenere margini più alti e ridurre l’incertezza della concorrenza. In pratica, si mettevano d’accordo per spartirsi le opportunità offerte dalle emissioni di debito pubblico, alterando il meccanismo di domanda e offerta in un settore nevralgico.

La posizione di Unicredit: meno multa, ma nessuna assoluzione
Nel verdetto odierno, il Tribunale ha ridotto da 69,4 a 65 milioni di euro la sanzione per Unicredit, accogliendo parzialmente le osservazioni difensive della banca italiana. Tuttavia, la responsabilità dell’istituto resta confermata. Non è solo un fatto contabile: per una banca sistemica come Unicredit, inserita da anni nei tavoli europei più importanti, anche una sanzione simbolica comporta un contraccolpo reputazionale. La stessa banca ha già fatto sapere di aver rafforzato negli ultimi anni i suoi sistemi di compliance interna, ma il danno d’immagine — nel contesto di un’industria bancaria sotto crescente scrutinio — resta significativo.

Gli altri protagonisti e le cifre della sanzione
Tra le banche sanzionate, UBS è quella che riceve la penalizzazione più pesante: 172,3 milioni di euro. Seguono Nomura, Natixis, Bank of America, Portigon e NatWest. I comportamenti contestati si estendevano a un arco temporale cruciale: gli anni in cui i governi europei erano impegnati a contenere l’esplosione dei deficit pubblici e il collasso dei mercati. Il fatto che alcune delle principali banche internazionali approfittassero di questa fragilità per scambiarsi informazioni riservate getta un’ombra lunga sulla trasparenza del sistema finanziario e sulla capacità delle istituzioni di controllarlo in tempo reale.

Un cartello maturato nella stagione del disordine finanziario globale
Il periodo in cui avvennero i fatti contestati non è un dettaglio secondario. Dal 2007 al 2011, l’economia europea era attraversata da ondate di crisi: prima i mutui subprime americani, poi il fallimento di Lehman Brothers, quindi l’esplosione dei debiti sovrani nei Paesi periferici dell’eurozona. In quel clima di panico, le banche centrali intervenivano con manovre straordinarie mentre i governi tagliavano la spesa pubblica. I titoli di Stato erano al centro di queste dinamiche, diventando sia rifugio che trappola per gli investitori. In un simile contesto, la manipolazione delle aste pubbliche e dei mercati secondari ha avuto un impatto moltiplicato: non solo sugli investitori istituzionali, ma anche — indirettamente — sui bilanci pubblici e, quindi, sui cittadini europei.

Una ferita per la fiducia nei mercati finanziari
Il messaggio della Commissione prima e del Tribunale oggi è chiaro: anche gli attori più potenti non possono sfuggire alle regole del gioco. Ma la domanda resta: quanto è cambiato il sistema, realmente, da allora? I meccanismi di controllo sono stati potenziati, le normative europee sono diventate più stringenti, ma il mercato finanziario resta un luogo opaco, spesso inaccessibile agli occhi dei cittadini. E quando le regole vengono piegate dai colossi bancari per interesse, la distanza tra l’élite finanziaria e l’economia reale diventa voragine. In quella distanza, spesso, si insinua la sfiducia, la rabbia, e la convinzione che le regole valgano solo per i piccoli.

Il rischio sistemico e la fragilità della fiducia
In ultima analisi, la sentenza UE non è soltanto un atto di giustizia amministrativa. È un monito politico, economico e morale. Perché quando i mercati dei titoli di Stato — che determinano il costo del debito di un Paese, la spesa per sanità, istruzione, pensioni — vengono manomessi, a pagare sono tutti. In tempi di turbolenze geopolitiche, di guerre e di instabilità monetaria, la fiducia nel sistema è un bene scarso ma vitale.

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