Wanda Ferro: "La mafia sarà sconfitta se emergeranno tutte le verità"

- di: Redazione
 
L'on.Wanda Ferro, sottosegretario all'Interno, ha sempre fatto il suo percorso politico nella Destra di cui, in Calabria, nel volgere degli anni, è diventata un insostituibile riferimento. Prima di approdare in Parlamento, ha accumulato una grande esperienza da amministratrice locale (è stata anche presidente della Provincia di Catanzaro, consigliere regionale e consigliere comunale nella sua Catanzaro). L'on.Ferro - parlamentare dal 2018 - ha accettato di commentare con Italia Informa l'arresto del boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro.

Intervista all'on.Wanda Ferro, sottosegretario all'Interno

Esattamente trent'anni dopo la cattura di Totò Riina, lo Stato ha messo a segno un nuovo durissimo colpo alla mafia, con l'arresto di Matteo Messina Denaro. Due personaggi di spicco, due diverse personalità criminali. La mafia, però, ha sempre dato dimostrazione di sapersi rigenerare, anche dopo arresti e condanne che ne hanno decimato i vertici. Al di là dell'apprezzamento per l'opera delle forze dell'ordine e della magistratura, cosa bisogna fare affinché questa organizzazione criminale non riesca a rinascere dalle proprie ceneri?

La cattura di Matteo Messina Denaro è un colpo durissimo alla mafia, anche per lo straordinario valore simbolico di questo arresto, arrivato dopo trenta anni di latitanza del pupillo di Totò Riina, ma anche dopo trenta anni di ostinata dedizione e di sacrifici di tanti servitori dello Stato che hanno lavorato per raggiungere questo obiettivo. Il ringraziamento va a loro, e il pensiero alle tante vittime innocenti, a tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita per stare dalla parte della legalità e della giustizia. Certo la mafia non può considerarsi sconfitta, Cosa Nostra non è in cenere, forse possiamo dire di aver piegato l’ultimo boss della stagione stragista, ma sappiamo bene che oggi tutto è cambiato. La mafia non è più quella con la coppola, non è più quella di Riina che fa la guerra allo Stato con attentati eclatanti. Oggi nel suo core business ci sono le operazioni finanziarie internazionali per il riciclaggio di denaro, le infiltrazioni nelle Istituzioni e nell’economia per controllare gli appalti. Basti pensare all’interesse sulle risorse del Pnrr. Una strategia che richiede una grande capacità di relazione con quella che viene generalmente chiamata zona grigia, in cui ci sono professionisti, imprenditori, pezzi infedeli delle istituzioni. E’ evidente che Matteo Messina Denaro ha saputo creare una rete di protezione insieme a quella fetta di borghesia mafiosa cui ha fatto riferimento il procuratore di Palermo De Lucia. Non so quali siano le sue intenzioni, ma spero che Messina Denaro decida di collaborare con la giustizia. Questo consentirebbe di intervenire subito su eventuali nuovi assetti, ma soprattutto contribuirebbe a ricostruire le pagine più buie e dolorose della storia della nostra Nazione.

Matteo Messina Denaro aveva raccolto il testimone dei vecchi vertici mafiosi che puntarono sulla strategia delle stragi, come purtroppo accaduto a Firenze, Roma e Milano. Lei crede che il suo arresto muterà i comportamenti della mafia, che sembra non riuscire a scalzare la 'ndrangheta, ormai consorteria egemone nel lucroso mondo della droga?


Come dicevo, Cosa Nostra ha da tempo cambiato strategia. La stagione delle stragi è una ferita ancora vivissima e dolorosa nella storia della nostra nazione, e non potrà dirsi archiviata finché non emergeranno fino in fondo tutte le verità. Ma le bombe, il sangue per le strade, hanno richiamato la reazione dello Stato, rendendo più difficili gli affari. Questo la ‘ndrangheta l’ha capito molto presto, accumulando capitali enormi con il traffico di cocaina e costruendo nel silenzio il più importante impero criminale del mondo.


L'arresto dell'ex capomafia trapanese è arrivato a poche settimane dall'insediamento del governo guidato da Giorgia Meloni, che non se ne è attribuito il merito, sottolineando invece, con saggezza, che è e resterà una vittoria dello Stato, quali che ne siano i rappresentanti. Il presidente Meloni ha fatto capire che la determinazione delle Istituzioni nella lotta al crimine organizzato non calerà di intensità, cosa che sarebbe assolutamente esiziale. Ma le forze preposte a combattere la mafia, la 'ndrangheta, la camorra e le altre organizzazioni criminali lamentano carenza di organici e anche di stanziamenti per alzare il livello anche tecnologico di questa guerra quotidiana. Come il governo può rispondere a questa esigenza tante volte rappresentata?


Il potenziamento degli organici e dei mezzi a disposizione delle Forze dell’ordine è una priorità per il governo. E’ un tema su cui abbiamo insistito negli anni in cui siamo stati all’opposizione e ora saremo conseguenti. L’indagine che ha portato all’arresto di Messina Denaro ha avuto successo grazie all’applicazione da parte dei carabinieri del Ros di quello che il generale Luzi ha definito il “metodo Dalla Chiesa”, fatto di applicazione e perseveranza, per l’analisi di tantissimi dati informativi raccolti sulla strada e nelle tante banche dati, con le intercettazioni telefoniche, con pedinamenti e appostamenti. Non solo tecnologie, ma attività di indagine tradizionale che richiedono l’impiego di tantissimi uomini. Quindi rafforzamento degli apparati investigativi e di controllo del territorio, utilizzo dello strumento delle intercettazioni per contrastare la criminalità, mantenimento del carcere duro per i boss. L’Italia ha l’impianto normativo più avanzato al mondo nella lotta alle mafie, e non è un caso che il primo provvedimento del governo Meloni sia stato diretto a salvaguardare l’ergastolo ostativo, uno strumento decisivo nel contrasto alle mafie nato dalle intuizioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Poi bisogna potenziare e rendere sempre più efficaci quegli strumenti che consentono di colpire al cuore la consorterie mafiose, aggredendo i patrimoni accumulati con le attività criminali. Pensiamo ad esempio a rafforzare l’Agenzia dei beni confiscati, per restituire ai cittadini ciò che la criminalità ha tolto loro, consentendo il riutilizzo per fini sociali e per creare nuovi presidi di legalità, e affermare anche simbolicamente sui territori la vittoria dello Stato sulle cosche.

La guerra al crimine ormai si gioca su uno scacchiere planetario e la mafia, come le altre consorterie, si muove sul terreno fisico come sulle prateria della rete. Lo Stato è attrezzato al meglio per combattere e vincere questa quotidiana battaglia?


Lo Stato è attrezzato per vincere la guerra della tecnologia, ma anche delle indagini finanziarie, che sono importantissime nel contrasto alle organizzazioni criminali. Certo bisogna continuamente investire nella formazione dei nostri investigatori, che rappresentano già una eccellenza a livello internazionale, e perché questo arsenale tecnologico sia al passo con le continue evoluzioni e le nuove sfide.

Si dice che quanto più scende il numero degli omicidi di mafia, tanto più gli equilibri al suo interno sono consolidati in una ''pax'' non belligerante, ma non per questo meno pronta a deflagrare. Condivide questa analisi o pensa che, con l'auspicio di tutti, il fatto che la mafia appaia meno sanguinaria segni la crescita di una coscienza sociale e, quindi, di una ribellione al suo potere basato sull'intimidazione?

Come dicevo, la mafia ha capito che è nel suo interesse lavorare sotto traccia, non suscitare allarme, fondersi con la realtà sociale, avere spesso la capacità di fare da welfare per le fasce di popolazione più in difficoltà, condividere percorsi affaristici con chi è in cerca di scorciatoie tra gli imprenditori, i professionisti, i politici, gli amministratori. Ma gli applausi dei cittadini palermitani ai carabinieri del Ros dimostrano che la cosiddetta zona grigia rappresenta solo una piccolissima parte della società: la gran parte dei cittadini dice no alla mafia, mostra vicinanza alle forze dell’ordine, si schiera dalla parte della legalità in ogni scelta quotidiana, dalla più banale alla più coraggiosa. E’ una rivoluzione culturale partita proprio dopo la stagione delle stragi, e che ormai, grazie soprattutto alle giovani generazioni, ha aperto una nuova era. E’ vero, c’è chi per trenta anni ha coperto e favorito la latitanza del più importante e pericoloso boss mafioso, ma la vera Italia è quella della tantissima gente che è scesa in piazza per ringraziare le forze dell’ordine, per assaporare il fresco profumo di libertà di cui parlava Paolo Borsellino e sentirsi comunità nel segno della lotta alla mafia.

On. Ferro, lei è una donna di lettere. Ci consenta di chiudere questa chiacchierata con un'ultima domanda: se Dante, a cavallo tra 1200 e 1200 era di destra, chi era, a sinistra, il suo avversario?

Io penso che la riflessione del ministro Sangiuliano sia stata volutamente fraintesa e strumentalizzata: non ha detto che Dante era di destra, ma che può essere considerato il padre del pensiero di destra, in particolare per la sua visione dell’uomo, della realtà, della storia. Con Dante, per citare Giovanni Gentile, comincia ad affermarsi idealmente l’Italia, e lo stesso presidente Mattarella ha parlato del sommo poeta come del grande profeta dell’Italia, di un patriota visionario. Ma non alcun senso applicare al pensiero di Dante la dicotomia destra-sinistra su cui ironizzava Giorgio Gaber, non stiamo parlando di politica in senso spicciolo, non voglio quindi ipotizzare un avversario di Dante in questo senso. Ritengo anche io che Dante possa essere considerato un riferimento fondamentale e del pensiero della destra perché incarna il legame con la Tradizione, esprime la visione di un uomo in cui la dimensione metafisica e spirituale rappresenta la sua stessa essenza, la sua ragione di essere. La vita è intesa come realizzazione di sé, come ricerca del divino, della luce della sapienza. La Divina Commedia descrive, esotericamente, un percorso iniziatico, così come l’Odissea di Omero, così come le Metamorfosi di Ovidio. Ma alla conoscenza corrispondono responsabilità, così la verità viene nascosta sotto ad un velo che non tutti possono sollevare. Figurarsi gli intellettuali della sinistra, convinti ancora che cultura sia la difesa della mortadella contro il culatello.
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