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Bnl “cede” 600 dipendenti. Uno su tre è disabile o caregiver

- di: Barbara Leone
 
Bnl “cede” 600 dipendenti. Uno su tre è disabile o caregiver
La banca per un mondo che cambia. E’ questo il claim pubblicitario con cui Bnl attira i suoi clienti. Lo storico Gruppo, del resto, ci ha sempre tenuto tantissimo a mostrare il suo “volto umano”. Basti pensare che da oltre trent’anni è al fianco di Telethon per sostenere la ricerca volta a combattere malattie rare e importanti. Un impegno, quello di Bnl, che si traduce attraverso una raccolta di fondi attuata ogni anno presso le sue filiali e i suoi sportelli. Nella stessa direzione va anche la partnership che Bnl Gruppo Bnp Paribas ha stretto con Save the Children nell’ambito del programma “Riscriviamo il futuro” nato per sostenere la formazione dei bambini e ragazzi appartenenti a famiglie colpite dalla crisi socio-economica seguita all’emergenza sanitaria. Insomma, Bnl è una banca che si è sempre contraddistinta per empatia e sensibilità. Senza contare che con un utile di circa 376 milioni di euro, nel 2021 in crescita del 3,7% rispetto all’anno precedente, è un’impresa che potrebbe veramente fare la differenza. Perché ha tutti i numeri per dimostrarsi solidale, attenta alle esigenze di tutti e sostenibile a 360 gradi. Non v’è dubbio alcuno: Bnl avrebbe la possibilità di distinguersi e di far vedere al mondo intero quanto una grande azienda possa fare per le fasce più deboli. A cominciare, ovviamente, dai propri dipendenti. Ecco perché stupisce non poco ciò che denunciano i suoi lavoratori fragili e caregiver. Sono circa 200, su un totale di 600 dipendenti considerati dall’Istituto “a operatività ridotta”. Tradotto: lavoratori “da cedere”. Un'operazione che Bnl ha avviato già da alcuni anni, e che ora trova compimento con la cessione di un ramo d’azienda. 

A ricostruire la vicenda, è il neonato “Comitato lavoratori fragili e caregiver Bnl”, recentemente costituitosi proprio per denunciare la vicenda e chiedere aiuto a tutti. Anche a Papa Francesco! Si tratta, si legge nell’appello pubblicato da Redattore Sociale, di persone fragili, disabili, ipovedenti, malati oncologici e caregiver che  chiedono un sostegno al governo, alle associazioni che tutelano la disabilità e a tutti i cittadini contro l’insensibilità e l’indifferenza dell’Istituto di credito italo/francese. I disabili di Bnl protestano contro un’operazione di cessione di ramo d’azienda messo in atto da Banca Nazionale del Lavoro, un Istituto prima italiano e adesso francese per il quale la fragilità dei suoi dipendenti è diventata un peso da scaricare. E che replica e assicura: “Nessun lavoratore perderà il posto di lavoro, né alcuno dei requisiti attuali. E nessun criterio discriminatorio è stato applicato nella scelta dei lavoratori che, va chiarito, saranno ceduti a una grande azienda, nella piena garanzia e tutela dei loro diritti”. E però, in tutta onestà, si fa fatica a crederlo. Perché se un lavoratore passa da un’azienda ad un’altra, magari non del medesimo settore, non ha certamente garanzia di ricevere lo stesso trattamento. E comunque sicuramente il contraccolpo si sentirà tutto, non fosse che in termini psicologici e di tempo. Per non parlare del fatto che già il solo linguaggio adoperato dall’azienda fa accapponare la pelle: lavoratori “da cedere”, che fa più pensare ad una cessione di quote societarie, o al massimo di un’automobile.

Sicuramente non fa pensare a un essere umano, per di più già provato dalla vita. Perché poi dietro queste “unità”, dietro queste “risorse” si celano volti, vite e storie. Come quella di Gianluca, 58 anni, che usufruisce della 104 per assistere la moglie affetta da sclerosi multipla primaria progressiva. Il passaggio ad un’azienda di settore diverso rispetto a quello di provenienza, nel suo caso Ast, significherà per lui che per andare a lavoro tra andata e ritorno impiegherà quasi quattro ore. Tempo rubato alla moglie malata, e ai giovani figli. O ancora storie come quella di Maria, 53 anni, sposata con due figli ed affetta da leucemia mieloide cronica con stato ansioso-depressivo. E’ dal 2005 che Maria tutti i giorni si sottopone a chemioterapia, e la notizia dell’esternalizzazione messa in atto dalla Banca Nazionale del Lavoro ha notevolmente accentuato le sue crisi di ansia. Poi c’è Elena, anche lei verrà “ceduta” da Bnl nonostante abbia avuto quattro tumori e due placche alle vertebre per poter stare in piedi. Mentre Pietro, 57 anni, sarà trasferito a oltre 30 chilometri da dove lavora adesso con una figlia disabile al 100% per un ritardo mentale ed una moglie cardiopatica cui è stato asportato l’utero a seguito di un tumore. Tra i tanti, infine, c’è Antonello, 44 anni, un’ipovisione gravissima dovuta a retinoschisi e distacco della retina e con moglie ipovedente grave. Anche lui “ceduto”, con l’esternalizzazione sarà costretto ad affrontare tutti i giorni i pericoli della strada. Quello che ci chiediamo è semplice, a prova di bambino: possibile che non ci sia un’alternativa? Possibile che questi lavoratori fragili, già piegati e tanto dal destino, non possano continuare in santa pace il proprio percorso lavorativo? Che poi vuol dire umano, visto che fino a prova contraria non siamo macchine. Non può essere sempre tutto ricondotto, e ridotto, a sterili e freddi numeri. Ci rifiutiamo di abbracciare codeste filosofie aziendali. Perché dietro ad un lavoratore c’è sempre una storia che merita d’essere ascoltata, rispettata e tutelata. Specialmente quando parliamo di categorie protette: che lo siano per davvero, e che Bnl ritrovi il suo “volto umano” che per tanto tempo abbiamo tutti amato.
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