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"Amomamma", la pelle come identità e riscatto. Un progetto tra carcere, diritti e memoria

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
'Amomamma', la pelle come identità e riscatto. Un progetto tra carcere, diritti e memoria

A un certo punto, qualcuno scrive. Ma non su un foglio, non su un diario. Scrive sulla pelle. Un nome, un volto, un’assenza. Scrive con un ago, con l’inchiostro improvvisato, con il tempo che si ha quando il tempo non conta più. È lì che nasce "Amomamma", libro e progetto curato da Daniela Attili, Paola Bevere e Gabriele Donnini, edito da Meltemi.

"Amomamma", la pelle come identità e riscatto. Un progetto tra carcere, diritti e memoria

È un viaggio dentro il carcere visto attraverso i tatuaggi. Ma soprattutto è un viaggio dentro i corpi che non possono più parlare, e che allora scrivono. Sulla pelle, unica superficie ancora loro. Perché la pelle è l’ultima cosa che lo Stato, l’istituzione, l’errore, non possono sequestrare.

Questo libro non è un saggio né un reportage. È un atto di ascolto. Un attraversamento umano. Una restituzione. Le sue pagine non giudicano, ma raccolgono. Non spiegano, ma mostrano. Non analizzano da lontano, ma si avvicinano, fino quasi a toccare.

Tre voci, un’unica direzione

Daniela Attili è una psicologa e psicoterapeuta consulente del Ministero della Giustizia . Vive a Ventotene, isola del confino, dove la memoria è un mestiere quotidiano. Ha lavorato con i detenuti, con chi ha perso tutto tranne il corpo. Sa che quando non puoi più raccontarti, quando non hai più una casa, un cassetto, una fotografia, allora scrivi sulla pelle. Un tatuaggio non è estetica: è esistenza. Daniela lo racconta con una scrittura pulita, precisa, piena di rispetto. Ogni segno è un gesto d’amore, un modo per restare umani anche quando tutto ti disumanizza.

Paola Bevere, avvocata, ed insegnante diritto penitenziario e dell'esecuzione penale presso l'Università LUMSA. Ma la sua non è una voce tecnica. È una voce che chiede diritti. Chiede che si smetta di negare l’evidenza: che nelle carceri italiane ci si tatua, spesso in modo clandestino, spesso in condizioni rischiose. Non per trasgressione, ma per bisogno. Paola parla di riduzione del danno, di una necessità collettiva di cambiare sguardo. Di riconoscere che la pelle è un documento, un’identità, una casa. E come tale va tutelata.

Gabriele Donnini è tatuatore dal 1986. Ha fondato il Tattooing Demon Studio a Roma e ha tatuato centinaia di corpi. Ma non si è mai limitato al gesto tecnico. Per lui ogni tatuaggio è una storia che affiora, una ferita che si racconta. Porta nel libro la sua esperienza artigiana, concreta. Racconta le tecniche, i rischi, le emozioni. Racconta il silenzio che c’è quando qualcuno entra nel suo studio con una richiesta che non è solo un disegno, ma una storia intera da dire. E da portare con sé, per sempre.

Un incontro che è rito civile


Il libro sarà presentato mercoledì 19 giugno alle 18.30 alla Casetta Rossa di Garbatella, un luogo simbolico di Roma dove le parole hanno peso. Insieme agli autori ci saranno Luigi Manconi, da sempre impegnato sui diritti delle persone detenute, Cristiano Alessandri, criminologo, e Nello Trocchia, giornalista d’inchiesta. Le letture dell’attore Edoardo Purgatori daranno voce ai corpi muti del libro. Sarà una serata che non chiede spettacolo ma attenzione. Un incontro che è, prima di tutto, una richiesta di presenza.

La pelle, ultimo spazio di libertà

“Nessuna perquisizione potrà mai cancellare l’immagine dell’amato cane che si è dovuto abbandonare al momento dell’arresto: è stampata sul corpo.” È una delle frasi che restano impresse. Che fanno male. Ma che fanno anche luce. Perché dicono che il tatuaggio, per chi sta dentro, è una traccia di amore, di appartenenza, di passato. È un modo per non sparire del tutto. Per ricordare chi si è. Per dire: “Io sono ancora qui”.

Un progetto che parla a tutti

"Amomamma" è un libro scritto per molti. Per chi è in carcere e per chi ci lavora. Per gli educatori, per i tatuatori, per i giuristi. Ma anche per chi il carcere lo ha solo sentito nominare. È un libro per chi vuole capire, per chi è disposto a guardare. Per chi sa che il corpo è un campo di battaglia, e anche un luogo di verità. Parla alle istituzioni, ma anche ai ragazzi che si tatuano senza sapere perché. E a quelli che giudicano, senza sapere cosa significa portarsi un nome sul braccio.

Ciò che resta impresso

Viviamo in un tempo in cui tutto è cancellabile: messaggi, immagini, identità. Ma la pelle no. La pelle resiste. E il tatuaggio, in carcere, è molto più di un segno. È un gesto politico, un atto d’amore, una dichiarazione di esistenza. "Amomamma" ci chiede di non girarci dall’altra parte. Di leggere quei segni. Di ascoltare quelle storie. Perché la pelle non mente. E ciò che vi è inciso, non si può ignorare.

Perché ci sono ferite che sono anche aperture. E segni che, se guardati bene, diventano ponti.

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