L’assegno unico universale rappresenta una delle principali misure di sostegno al reddito per le famiglie italiane con figli a carico. Introdotto nel 2022, spetta a tutte le famiglie residenti in Italia che abbiano figli minori e, in alcuni casi, figli maggiorenni fino a 21 anni, purché studenti, disoccupati in cerca di occupazione o impegnati nel servizio civile. L’accesso all’assegno non è condizionato dallo status lavorativo dei genitori: ne hanno diritto sia i lavoratori dipendenti e autonomi, sia i disoccupati.
Assegno unico, a chi spetta e quando arrivano i pagamenti a luglio: le date
L’importo dell’assegno dipende dalla situazione reddituale e patrimoniale del nucleo familiare, misurata attraverso l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE). Le fasce ISEE più basse ricevono un contributo più elevato, fino a un massimo di 189,20 euro al mese per figlio nel 2024, mentre il minimo garantito è pari a 54,10 euro mensili per figlio. Sono previste maggiorazioni per figli disabili, madri giovani (under 21), famiglie numerose (con tre o più figli), e nel caso in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro.
Date dei pagamenti a luglio e tempistiche differenziate
Per il mese di luglio, i pagamenti relativi all’assegno unico seguiranno due tempistiche distinte. Per i nuclei familiari già beneficiari dell’assegno, l’INPS ha comunicato che i versamenti saranno effettuati nei giorni 17, 18 e 19 luglio. Le date sono unificate a livello nazionale per coloro che non abbiano subito variazioni rispetto ai mesi precedenti.
Diversamente, per chi ha presentato una nuova domanda oppure ha aggiornato l’ISEE, modificato la composizione del nucleo o registrato un cambio IBAN, i pagamenti seguiranno una tempistica personalizzata e potranno slittare verso la fine del mese. L’importo viene versato tramite bonifico bancario o postale sul conto corrente indicato, oppure accreditato sulla carta RdC nei casi ancora residui di famiglie percettrici del Reddito di cittadinanza, in attesa di passaggio a strumenti alternativi.
Calo dell’importo medio e ragioni della riduzione
I dati più recenti diffusi dall’INPS mostrano un calo dell’importo medio mensile dell’assegno unico, oggi attestato a 168 euro per figlio, rispetto ai circa 190 euro dello scorso anno. Le cause principali sono legate a due dinamiche: da un lato, l’ampliamento della platea beneficiaria con l’ingresso di famiglie con ISEE medio-alto che accedono alla quota minima; dall’altro, la mancata o tardiva presentazione dell’ISEE aggiornato da parte di numerose famiglie, che comporta l’automatica attribuzione dell’importo minimo.
Inoltre, alcune maggiorazioni che avevano contribuito a innalzare l’importo nei primi due anni – come quelle per figli sotto l’anno di età o per famiglie con figli a carico superiori a due – si riducono col passare del tempo o decadono automaticamente. Il risultato è una progressiva erosione dell’efficacia redistributiva della misura, che in molte famiglie si traduce in un sostegno sempre meno adeguato rispetto al costo della vita.
Il confronto con gli altri Paesi europei
Il sistema italiano dell’assegno unico rappresenta un tentativo di allineamento con gli standard europei in tema di sostegno alla genitorialità, ma il confronto con i principali Paesi dell’Unione mostra ancora margini di miglioramento. In Francia, ad esempio, esiste un complesso sistema di assegni familiari cumulabili e progressivi, a cui si aggiungono sconti fiscali per i figli e bonus per le famiglie numerose. Il risultato è una spesa per il sostegno alle famiglie pari a circa il 2,5% del PIL, contro l’1,2% dell’Italia.
In Germania, il Kindergeld – l’assegno per figli – è corrisposto in misura fissa (250 euro al mese per figlio dal 2023) a tutte le famiglie, indipendentemente dal reddito, a cui si sommano altri incentivi come il Baukindergeld per le giovani coppie che acquistano casa. In Belgio e in Austria, il sostegno è legato anche all’età del figlio: cresce progressivamente fino alla maggiore età e resta attivo per chi frequenta corsi universitari.
Nel contesto europeo, l’Italia ha fatto passi avanti nell’unificazione delle misure, superando la frammentazione delle vecchie detrazioni e bonus, ma la generosità complessiva resta inferiore rispetto a molti Paesi dell’Europa centrale e settentrionale. Le famiglie italiane ricevono mediamente meno risorse in rapporto al numero dei figli e alla durata dell’intervento.
Il dibattito politico e le prospettive di riforma
Il dibattito attuale sul futuro dell’assegno unico ruota attorno a due temi principali: la necessità di adeguare gli importi all’inflazione e quella di rafforzare la funzione redistributiva della misura. Le associazioni familiari chiedono che l’assegno venga indicizzato automaticamente al costo della vita e che siano previste maggiorazioni permanenti per il secondo e terzo figlio. Alcuni partiti, soprattutto all’opposizione, propongono anche una revisione della scala ISEE e l’introduzione di meccanismi di salvaguardia per evitare decurtazioni in caso di oscillazioni minime nel reddito.
Il governo, dal canto suo, ha ribadito l’intenzione di mantenere l’impianto dell’assegno come misura strutturale, ma non ha ancora messo in cantiere modifiche sostanziali. Le prossime leggi di bilancio potrebbero offrire l’occasione per un aggiornamento della misura, soprattutto se i dati sulla natalità e sulla povertà minorile continueranno a peggiorare.
In assenza di interventi correttivi, l’assegno unico rischia di perdere progressivamente la sua efficacia come strumento di equità sociale e incentivo alla natalità, proprio mentre l’Italia affronta una delle più gravi crisi demografiche della sua storia recente.