CGIL: "Milioni di persone in difficoltà lavorativa, disoccupazione al 16%"

- di: Barbara Bizzarri
 
Oltre 9 milioni di persone sono in difficoltà lavorativa: è la realtà drammatica che emerge da un rapporto diffuso dalla Fondazione Di Vittorio della CGIL, intitolato “Il disagio occupazionale e la disoccupazione sostanziale nel 2021 in Italia”. La stima, considerata prudenziale, ma molto realistica, ammonta a circa 4,3 milioni di persone nell’area della disoccupazione sostanziale. L’indice di disoccupazione sale così al 16,0% a fronte del dato ufficiale del 9,5%.

Diffuso un rapporto della Fondazione Di Vittorio della CGIL

L’indice di disoccupazione sostanziale è sensibilmente più alto tra le donne, che costituiscono il 18,6% e tra i giovani fino a 24 anni di età per il 34,2% e supera il 20% nella fascia 25-34 anni. Se si aggiunge l'area del disagio occupazionale, che comprende chi ha un lavoro temporaneo o part-time involontario e raccoglie quasi 4,9 milioni di persone, si arriva a più di 9,1 milioni in difficoltà.

"L'immagine di un'Italia in crescita economica che ha superato la crisi pandemica è in realtà contraddetta da un mercato del lavoro segnato dall'occupazione a termine e caratterizzato da aree di disagio e disoccupazione molto estese, che interessano insieme più di 9,1 milioni di persone", afferma il rapporto. Spiega il Presidente della Fondazione, Fulvio Fammoni: "Anche fra chi lavora è in forte crescita un’area di disagio occupazionale che alimenta progressivamente il bacino del lavoro povero, legata all’aumento del tempo determinato involontario ed ai conseguenti vuoti di attività; al part-time involontario, agli occupati sospesi, vale a dire gli assenti dal lavoro per un periodo pari o inferiore a tre mesi. In sostanza, sono oltre 9 milioni di cittadini ad avere problemi rilevanti con il lavoro, perché disoccupati, impediti da fattori oggettivi nella ricerca di lavoro o non soddisfatti della propria condizione lavorativa, che subiscono in modo involontario e che troppo spesso colloca queste persone nel bacino del lavoro povero”.

Un disagio molto diffuso tra i giovani fra i quindici e i ventiquattro anni che entrano nel mercato del lavoro (61,7%) e che interessa un terzo dei giovani occupati tra 25 e 34 anni: ampiamente attestato sotto il 20% nelle ripartizioni settentrionali, si colloca tra il 27% ed il 30% nel sud e nelle isole, mentre decresce con il titolo di studio, dal 32,2% degli occupati con la licenza elementare al 18,1% di quelli con titolo universitario. Inoltre, la precarietà nel lavoro è aumentata in modo significativo. Nel 2008 gli occupati erano stimati in circa 23 milioni, ma i tempi determinati erano 2,4 milioni: oggi, con un numero simile di occupati, i precari sono 3,2 milioni, quindi 800 mila in più.

“La ricerca" - afferma la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti (nella foto) - "è la fotografia di un Paese in declino che ha urgenza di investimenti orientati e finalizzati alla crescita dell’occupazione, ma anche di interventi di regolazione del mercato del lavoro per migliorarne la qualità”. Ma come uscire dalla palude Stigia in cui sono costretti sia i lavoratori che i disoccupati? Secondo Scacchetti "occorrono nuove politiche industriali che sappiano guidare una giusta transizione e scommettere sull’innovazione digitale; un nuovo ruolo dello Stato che, a partire dal sistema pubblico e dalla garanzia dei diritti di cittadinanza, si ponga l’obiettivo della piena e buona occupazione; interventi che abbiano come obiettivo la crescita dei salari e la rimodulazione e riduzione degli orari lavorativi; un intervento deciso per contrastare la precarietà e favorire la buona regolazione del mercato del lavoro. La condizione di eterna precarietà e di forte disagio nel mondo del lavoro non solo frena i progetti di vita dei singoli, ma racconta di un modello di sviluppo sbagliato che gioca la sua competitività su lavoro povero e compressione di diritti. Un modello di sviluppo che deve essere cambiato”.
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