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Draghi: “L’inazione dell’Ue mina la sua sovranità. Gli obiettivi sulle auto elettriche non sono più realistici”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Draghi: “L’inazione dell’Ue mina la sua sovranità. Gli obiettivi sulle auto elettriche non sono più realistici”

A dodici mesi dalla pubblicazione del suo rapporto sul futuro della competitività europea, Mario Draghi torna ad avvertire che l’Unione si trova in una condizione più fragile rispetto al passato. Intervenendo alla conferenza di alto livello dedicata al bilancio del suo lavoro, l’ex presidente della Banca centrale europea ha lanciato un monito duro: “Il nostro modello di crescita sta svanendo, le vulnerabilità stanno aumentando e non esiste un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno. Ci è stato dolorosamente ricordato che l’inazione minaccia non solo la competitività, ma anche la nostra stessa sovranità”.

Draghi: “L’inazione dell’Ue mina la sua sovranità”

Draghi ha poi puntato l’attenzione sul nodo industriale e ambientale. Gli obiettivi fissati da Bruxelles sulla transizione all’auto elettrica, a suo avviso, non sono più sostenibili. “I presupposti per i target Ue sulle e-car non valgono più: il circolo virtuoso immaginato non si è verificato”, ha dichiarato. La spinta iniziale, basata sulla prospettiva di economie di scala, incentivi fiscali e sostegno tecnologico, si è infranta contro l’aumento dei costi, la concorrenza cinese e l’assenza di catene di fornitura europee integrate.

Von der Leyen: l’Europa deve farsi carico della sua sicurezza
Sul palco è intervenuta anche la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha legato il tema economico a quello strategico. “Occorre che l’Unione si faccia carico della propria sicurezza. Serviranno anni per raggiungere un’autentica indipendenza”, ha detto, richiamando la necessità di rafforzare il pilastro industriale e militare europeo. L’asse sicurezza–economia diventa così centrale: senza una base produttiva competitiva, l’Ue rischia di restare dipendente da partner esterni tanto nell’energia quanto nelle tecnologie critiche.

L’assenza di un piano comune sugli investimenti
Al cuore del discorso di Draghi resta la questione della capacità di investimento. Per finanziare la doppia transizione verde e digitale servono, secondo le stime, almeno 500 miliardi di euro all’anno. Ma le regole fiscali frammentate e la mancanza di strumenti di debito comune impediscono una risposta coordinata. Mentre gli Stati Uniti hanno varato l’Inflation Reduction Act e la Cina continua a sostenere massicciamente le sue imprese di Stato, l’Europa appare intrappolata in negoziati infiniti tra governi. L’ex presidente Bce ricorda che senza un salto di scala “il rischio è di uscire progressivamente dai settori chiave, dalle batterie all’intelligenza artificiale”.

Sovranità industriale e autonomia strategica

Il concetto di “sovranità” torna al centro della riflessione. Per Draghi, non si tratta di una parola astratta, ma della capacità di decidere del proprio futuro economico. “Se non saremo in grado di finanziare e realizzare gli investimenti necessari – ha detto – saremo costretti a importare tecnologie e beni strategici, rinunciando alla nostra autonomia”. Il riferimento è chiaro: dall’energia alla difesa, dall’industria automobilistica alle telecomunicazioni, l’Ue dipende da catene di fornitura esterne che, in caso di crisi geopolitiche, possono trasformarsi in vulnerabilità esistenziali.

Un bivio politico ed economico
Il confronto di Roma ha evidenziato il divario tra visione e realtà. I governi nazionali, alle prese con bilanci pubblici sotto pressione e con opinioni pubbliche stanche di sacrifici, esitano a cedere nuove competenze a Bruxelles. Ma l’analisi di Draghi e von der Leyen convergono: senza una regia comune, la frammentazione minerà non solo la crescita, ma la capacità stessa dell’Europa di contare nello scenario internazionale.

L’ex presidente Bce chiude con una frase che suona come un avvertimento: “La sovranità europea non è un lusso, ma una necessità vitale. Ogni giorno di inazione rende più difficile recuperare il terreno perduto”.

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