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Redditi reali in calo in Italia nel 2024, peggio solo l’Australia

- di: Marta Giannoni
 
Redditi reali in calo in Italia nel 2024, peggio solo l’Australia
Secondo l’Ocse -0,6% nel quarto trimestre, fanalino di coda del G7.

Un’Italia più povera, ma non per tutti

Nel 2024, il reddito reale delle famiglie italiane è sceso dello 0,6% nell’ultimo trimestre. A certificarlo è l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che, nel suo aggiornamento pubblicato a Parigi, ha collocato l’Italia tra i peggiori performer dell’area avanzata. Peggio ha fatto solo l’Australia, con un -1,8%, pur in recupero dopo il tonfo del -5,1% dell’anno precedente.
La fotografia è netta: mentre la media dei 38 Paesi Ocse ha visto un aumento del reddito reale delle famiglie dello 0,5% nel quarto trimestre – un’accelerazione rispetto allo 0,2% del trimestre precedente – l’Italia rema contro. Non solo: il nostro Paese è anche l’unico del G7, insieme alla Germania (-0,2%), a registrare un arretramento. Francia e Canada sono fermi, mentre gli Stati Uniti (+0,3%) e il Regno Unito (+1,5%) avanzano.
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Redditi fermi, costi in salita
L’Ocse non lascia spazio a equivoci: la contrazione italiana è dovuta a due fattori principali. Da un lato, una riduzione dei redditi da proprietà – affitti, dividendi e interessi – che colpisce in particolare il ceto medio e i pensionati. Dall’altro, un aumento dei contributi sociali, che grava sul lavoro dipendente e sulle imprese. Il risultato? Meno potere d’acquisto per le famiglie e più difficoltà a far quadrare i conti.
“Il rallentamento dell’inflazione ha aiutato in molti Paesi”, scrive l’Ocse, “ma in Italia i redditi reali restano fragili, a causa della debole crescita e delle distorsioni nella distribuzione del reddito”. La crescita del Pil reale pro capite nello stesso periodo – un modesto +0,1% – non basta a compensare il calo dei redditi effettivi percepiti.
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Crescita sì, ma solo in busta paga? Non in Italia
A ben guardare, il 2024 è stato un anno globalmente positivo per i redditi delle famiglie. In Portogallo, ad esempio, l’incremento è stato del +6,7%, grazie alla crescita dei salari e a una riforma fiscale che ha ridotto la pressione su lavoratori e pensionati. In Spagna, l’aumento è stato del +3,5%. Anche la media Ocse – +1,8% su base annua – testimonia una dinamica in miglioramento rispetto al +1,7% del 2023.
In Italia invece, il dato annuale si ferma a +1,1%: il valore più basso tra i grandi partner dell’Eurozona. La Germania ha fatto poco meglio con un +1,2%, mentre la Francia ha chiuso l’anno a +2,1%. Anche qui, l’Italia è fanalino di coda.
Secondo l’analista economico dell’Istituto Bruno Leoni, Carlo Stagnaro, “la debolezza dei redditi italiani è il frutto di una combinazione micidiale: bassa produttività, alta pressione fiscale e una politica dei redditi che non valorizza il lavoro. L’inflazione è scesa, ma non abbastanza da compensare questi fattori strutturali”.
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Il problema è strutturale, non congiunturale
L’Italia non paga solo colpi di breve periodo. Come evidenziato dall’Ocse nel suo “Economic Survey Italy 2024” il nostro Paese sconta ritardi profondi: scarsa partecipazione femminile al lavoro, divari territoriali, salari stagnanti, evasione fiscale e un debito pubblico che limita la capacità di ridurre la pressione fiscale. Il risultato è un’economia che cresce poco, e distribuisce ancora meno.
Nel documento si legge: “Per rilanciare i redditi delle famiglie italiane serve un nuovo patto sociale, che includa riforma fiscale, investimenti in capitale umano e maggiore efficienza nella spesa pubblica”. Il governo Meloni, che nel 2024 ha approvato una parziale riduzione del cuneo fiscale, è accusato di non aver fatto abbastanza: gli sgravi sono stati temporanei e concentrati su alcune fasce di lavoratori, senza impatto strutturale.
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La politica tace, il disagio cresce
I dati Ocse sono stati commentati solo marginalmente dalle forze politiche. Il Partito Democratico ha parlato di “ennesimo schiaffo alla narrazione governativa”, mentre il Movimento 5 Stelle ha rilanciato la proposta di un nuovo Reddito di cittadinanza “tarato sul potere d’acquisto reale”. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, in missione a Bruxelles, ha dichiarato che “la priorità è sostenere i salari senza alimentare nuova inflazione”. Ma l’opposizione incalza: “Non basta l’ottimismo dei dati sul Pil – afferma Elly Schlein – se le famiglie vedono svuotarsi il portafoglio ogni mese”.
Intanto, le associazioni dei consumatori – da Codacons a Federconsumatori – segnalano che nel primo trimestre 2025 si è già registrato un aumento del numero di famiglie in difficoltà nel pagare bollette, affitti e spese alimentari. “Il calo dei redditi reali è un’emergenza nazionale”, ha dichiarato il presidente del Codacons Carlo Rienzi, “e il governo non può continuare a ignorarla”.
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Cosa serve adesso
Gli economisti sono concordi: serve un intervento deciso per invertire la rotta. In cima alla lista delle priorità ci sono:
una riforma fiscale strutturale che alleggerisca il carico su lavoro e famiglie;
un rafforzamento del salario minimo e della contrattazione collettiva;
politiche per la casa e i trasporti che riducano le spese obbligate delle famiglie;
investimenti mirati in istruzione, digitalizzazione e produttività del lavoro.
In sintesi: serve restituire alle famiglie italiane non solo reddito, ma fiducia. Perché una nazione che non sa redistribuire la crescita è destinata a fermarsi. Anche quando il Pil sale.

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