Il Censis disegna un'Italia più povera, più anziana, più attenta ai suoi soldi

- di: Redazione
 
È un'Italia intrisa di preoccupazioni (cresce in modo generalizzato la paura di una guerra che veda il Paese direttamente convolto) e pessimismo per il futuro quella che emerge dal rapporto annuale di Censis che, come fa sempre, affida molte delle sue conclusioni ai numeri che, mai come in questo travagliato periodo, sembrano evidenziare una condizione generale di disagio, conseguenza della contingenza economica e anche della crisi sociale che il Paese attraversa.

Pubblicato il rapporto annuale del Censis

La percentuale di italiani che si dicono convinti che l'inflazione che corre non si fermerà presto è del 92,7%, mentre il 64,4 degli intervistati confessa che deve fare ricorso ai risparmi per potere mantenere quasi inalterato il precedente tenore di vita. Un'Italia ''maliconica'' quella tratteggiata dal rapporto Censis, che, pur se rassegnata all'ineludibilità di alcuni fenomeni, non si rassegna all'enorme divario tra le retribuzioni dei manager rispetto ai dipendenti; alle liquidazioni ''monstre'' che vengono riconosciute ai dirigenti. Ma la ''qualità'' delle recriminazioni è rivolta anche verso cose che, sino a pochi anni fa, erano quasi sconosciute: le tasse troppo basse che pagano i giganti del web e gli influencer, accusati di guadagnare molto e con troppa facilità.

Un insieme di fattori che poi si coagulano nel distacco dalla partecipazione attiva alla vita del Paese, con il proprio voto. Da qui la percentuale altissima (39%) di quelli che hanno manifestato il loro disagio non partecipando alle ultime elezioni politiche. Una percentuale elevatissima, che tradotta in numeri significa che non hanno espresso il loro voto 18 milioni di persone, poco più del doppio rispetto alle elezioni di 20 anni fa. Anche se non sembra esserci una correlazione diretta, la radiografia di Censis degli italiani rimanda ad una acquisita nuova consapevolezza che non si deve inseguire l'immagine a rispetto della realtà. Per questo la maggior parte degli italiani (più dell'80%) dice di non volere spendere più del normale per vestirsi per seguire la moda. Stesso andazzo (seppure con percentuali inferiori) per quanto riguarda la cura maniacale della persona, per sembrare ''più giovani e belli'' a dispetto dell'età.
Ma a preoccupare sono altri dati che riguardano le difficoltà economiche degli italiani, con quasi due milioni di famiglie in stato di povertà assoluta, cioè il 7,5% del totale e quindi il 9,4% della popolazione. Traducendo le percentuali in numeri, gli italiani in povertà assoluta sono 5,6 milioni, un milione in più rispetto al 2019.

Una società che non nasconde le sue paure e che, in termini demografici, rappresenta una comunità nazionale ''vecchia''. Tra vent'anni un italiano su tre avrà più di sessantacinque anni. Prendendo come parametri due ''categorie'', i bambini tra 0 e 14 anni e gli uomini sopra i 65, se oggi i giovanissimi rappresentano il 12,7% della popolazione, nel 2024 questa percentuale scenderà all'11,5% nel 2042. Ma a preoccupare è la crescita numerica degli ultrasessantacinquenni che, oggi al 23,8 %, nel 2042 saranno il 10% in più, 33,7%. Meno bambini e giovani significa che ne risentiranno le scuole e le università. Nel 2017 gli alunni erano 8,6 milioni, oggi sono 8,2 milioni. La proiezione a dieci anni è inequivocabile: con il numero della fascia di età tra i 3 e i 18 anni che passerà dagli attuali 8,5 milioni a 7,1 milioni. Un trend che interesserà anche le università, con la rarefazione, ad esempio, del numero di medici e infermieri, per i quali c'è poi un'ulteriore preoccupazione legata all'età media che oggi è alta (rispettivamente 51,3 e 47,3 anni).

Un capitolo molto interessante del rapporto del Censis riguarda la sicurezza: è stata stilata una classifica delle prime dieci province per intensità di criminalità, rapportando il numero dei reati alla popolazione residente.
Al primo posto della classifica, elaborata con un rapporto 1 reato ogni mille residenti, troviamo Milano (59,9). Quindi: Rimini (55), Torino (50,6), Bologna (49,8), Roma (48,6), Imperia (47,5), Firenze (47,3), Prato (44,1), Livorno (42,7). Ultima, delle prime dieci province, Napoli, con un rapporto di 42,2 ogni 1000 abitanti.
Comunque la criminalità nel nostro Paese negli ultimi 10 anni è calo quasi generalizzato: omicidi -42,4%; rapine -48,2%; furti -46,6%. Ma le violenze sessuali sono cresciute, +12,5% (5274 denunciate), così come i reati informatici, aumentati del 200%.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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